Dataset di elevato valore: ecco cosa dice la proposta di modifica della direttiva PSI
Secondo un recente studio della Commissione Europea sull’impatto del riuso degli open data, il valore complessivo derivante dal riutilizzo delle informazioni del settore pubblico potrebbe crescere dai 58 miliardi del 2018 a 194 miliardi nel 2030. Numeri che hanno spinto l’UE ad avviare un percorso di revisione della normativa comunitaria di riferimento per poter sfruttare appieno il potenziale d’informazione del settore pubblico per l’economia e la società europee, eliminando le barriere esistenti nei diversi contesti nazionali
23 Gennaio 2019
Il mercato degli open data rappresenta uno dei cardini della complessiva strategia dell’Unione Europea sulla data economy. Un mercato rispetto al quale il settore pubblico gioca un ruolo cruciale. L’enorme mole di informazioni prodotta dagli enti pubblici europei rappresenta infatti una preziosa risorsa per l’economia digitale, abilitando la creazione di applicazioni e servizi innovativi, assicurando una maggiore efficienza nell’erogazione dei servizi pubblici (ma anche privati) e consentendo ai policy maker di adottare decisioni più consapevoli.
Secondo un recente studio della Commissione Europea sull’impatto del riuso degli open data[1], i rapidi cambiamenti fatti registrare dal mercato dei dati e l’emergere di nuovi trend (es. intelligenza artificiale) potrebbero accrescere il valore complessivo derivante dal riutilizzo delle informazioni del settore pubblico dai 58 miliardi del 2018 a 194 miliardi nel 2030.
Numeri che hanno spinto l’UE ad avviare un percorso di revisione della normativa comunitaria di riferimento per poter sfruttare appieno il potenziale d’informazione del settore pubblico per l’economia e la società europee, eliminando le barriere esistenti nei diversi contesti nazionali.
La normativa europea: la direttiva PSI e la sua revisione
La direttiva 2003/98/CE sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (c.d. direttiva PSI, Public Sector Information) è stata adottata nel novembre del 2003 con l’obiettivo di agevolare il riutilizzo dei dati pubblici in tutta l’Unione, attraverso l’armonizzazione delle condizioni di base del riuso (non discriminazione, tariffazione, accordi di esclusiva, trasparenza, licenze, ecc.) e la rimozione dei principali ostacoli a tale pratica nel mercato interno. La direttiva è stata recepita in Italia con il Decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36. La direttiva PSI è stata modificata nel luglio 2013, con una nuova direttiva (2013/37/UE) che ha, tra le altre cose: introdotto l’obbligo di consentire il riutilizzo dei dati pubblici generalmente accessibili; ampliato l’ambito di applicazione della normativa; stabilito una regola standard di tariffazione limitata ai costi marginali per la riproduzione, la messa a disposizione e la divulgazione delle informazioni. Fine ultimo della modifica era di incoraggiare gli Stati membri a mettere a disposizione, a fini di riutilizzo, quanto più materiale possibile tra quello in possesso degli enti pubblici. Le modifiche sono state recepite nel diritto nazionale da tutti i 28 Stati membri dell’UE. L’Italia ha dato attuazione alla direttiva con il Decreto legislativo 18 maggio 2015, n. 102, con cui si è proceduto ad adeguare non solo la precedente normativa di recepimento, ma anche alcune disposizioni contenute nel Codice dell’Amministrazione Digitale (art. 52, commi 2 e 6; art. 68 comma 3). Tra giugno 2017 e fine gennaio 2018, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sulla revisione della direttiva[2], nell’ambito del processo di riesame periodico sulla sua applicazione previsto dalla direttiva stessa. La relazione finale della Commissione[3] ha evidenziato la necessità di affrontare alcune questioni di particolare rilevanza. Si pensi, a titolo esemplificativo, al tema dei dati prodotti dalle utility e dagli attori del settore dei trasporti, caratterizzati da enorme potenzialità di riuso, ma attualmente non compresi nell’ambito di applicazione della direttiva PSI. Oppure al tema dei dati dinamici, una delle tipologie con maggior valore commerciale, e della necessità di garantire l’accesso in tempo reale a tali dati tramite mezzi tecnici adeguati, come ad esempio le API (Application Protocol Interface). Temi che si aggiungono a quelli dell’emergere di nuove forme di accordi di esclusiva, della limitazione del ricorso a deroghe al principio della tariffazione dei costi marginali e della relazione tra la direttiva PSI e il mutato quadro giuridico comunitario (vedi GDPR).
Il 25 aprile del 2018, la Commissione ha adottato una proposta di revisione[4] per affrontare tali questioni e adeguare la direttiva ai recenti sviluppi in campo normativo e tecnologico, contribuendo così al rafforzamento dell’economia dei dati dell’UE. Il percorso di approvazione della proposta ha visto nella giornata di ieri (22 gennaio 2019) un momento chiave, con il Trilogo[5] finale tra Commissione, Parlamento e Consiglio per la ratifica della proposta di aggiornamento.
Le principali novità: i dataset di elevato valore
Tra le principali novità contenute nella proposta di modifica vi è l’aggiunta di un nuovo Capo (il quinto), che definisce una specifica categoria di dataset, detti di “elevato valore” (high value data), al cui riutilizzo vengono associati importanti benefici socioeconomici. Tali serie di dati devono essere individuate sulla base delle loro potenzialità in termini di: numero di utilizzatori; proventi che possono contribuire a generare; possibilità di combinazione con altre serie di dati; capacità di abilitare servizi innovativi.
Secondo la proposta di aggiornamento, questi dataset dovrebbero essere disponibili gratuitamente[6], leggibili meccanicamente e accessibili mediante API. Inoltre, le loro condizioni di riutilizzo devono essere compatibili con le licenze aperte standard.
L’allegato II-A alla proposta di modifica della direttiva PSI contiene una prima lista di dataset di elevato valore:
- geografici e spaziali: codici postali, mappe nazionali e locali (catasto, topografiche, marine, confini amministrativi);
- ambientali: condizioni del tempo, qualità dell’acqua, sismicità, consumo di energia, performance energetiche degli edifici e livello delle emissioni;
- meteorologici: previsioni meteorologiche, precipitazioni, vento, pressione atmosferica;
- statistici: statistiche nazionali, regionali e locali relative ai maggiori indicatori demografici ed economici (PIL pro capite, età, disoccupazione, …, istruzione)
- imprese: lista delle imprese registrate e identificativi delle registrazioni, informazioni su proprietà e management;
- trasporti: orari dei trasporti pubblici locali, informazioni su cantieri pubblici, informazioni sullo stato dei trasporti, anche in riferimento al traffico.
Un dibattito pubblico sui dati di elevato valore: la proposta della Open Knowledge International
La revisione della direttiva PSI definirà le basi per le future politiche sugli open data nell’Unione Europea. Gli indicatori individuati dalla proposta della Commissione rappresentano un notevole passo avanti verso una maggiore valorizzazione del patrimonio informativo degli enti pubblici europei. Eppure, sono ancora molte le sfide aperte.
In un recente post sul tema, la Open Knowledge International (OKI) ha evidenziato come negli ultimi anni sono stati mnumerosi i tentativi, a livello nazionale, di sviluppare una definizione dataset “di elevato valore”, con risultati molto differenti tra loro (vengono citati, a titolo esemplificativo, i casi di Danimarca, Francia ed Estonia). Da qui l’esigenza di pervenire a una definizione comune e condivisa a livello comunitario su cosa si debba intendere per dataset di elevato valore. Il che richiede una qualche forma di accordo tra i diversi Paesi sull’approccio metodologico da adottare nel declinare i principi individuati nella proposta della Commissione europea nel contesto nazionale. OKI evidenzia infatti come gli indicatori di valore individuati lascino ancora molte questioni aperte. Su tutte, il rischio di favorire dataset cui sono connessi benefici di carattere economico a svantaggio di quelli da cui potrebbero derivare vantaggi di carattere sociale, essendo questi ultimi più difficilmente quantificabili rispetto ai primi.
Per affrontare questa e altre questioni sintetizzate nel post, OKI ha lanciato una consultazione pubblica, finalizzata a raccogliere proposte e suggerimenti su criteri di individuazione, informazioni che i dataset di elevato valore dovrebbero includere e condizioni di accesso e riuso.
La consultazione sarà condotta principalmente attraverso l’Open Knowledge forum, come principale canale di dibattito, e il PSI Directive Data Census per misurare il livello di apertura dei dataset individuati nei diversi contesti nazionali.
FPA promuoverà la consultazione presso la sua community di esperti attraverso i suoi canali. L’obiettivo della consultazione risponde infatti all’approccio adottato da FPA nei suoi progetti in tema di open data (un esempio qui): valorizzare sempre più la qualità, oltre che la quantità, dei dataset liberati dalle pubbliche amministrazioni.
[1] https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/impact-assessment-support-study-revision-public-sector-information-directive
[2] https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/synopsis-report-public-consultation-revision-directive-reuse-public-sector-information
[5] Il Trilogo è un tipo di incontro adoperato nella procedura legislativa dell’Unione europea che vede coinvolti rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione per facilitare il raggiungimento in tempi rapidi di un accordo tra le tre istituzioni nell’ambito della procedura legislativa ordinaria. Vedi http://www.europarl.europa.eu/ordinary-legislative-procedure/en/home/home.html
[6] Fanno eccezione le serie di dati di elevato valore delle imprese pubbliche, qualora la valutazione d’impatto della Commissione dimostri che la messa a disposizione gratuita possa determinare una distorsione significativa della concorrenza nei rispettivi mercati.