Foto di Bruno Cordioli rilasciata in cc https://flic.kr/p/d2dUY3Nonostante il contesto normativo incerto e complesso, le città di piccole dimensioni e le comunità territoriali sperimentano politiche diffuse e condivise per aumentare la competitività del territorio e creare un contesto economico e sociale attraente, in cui cittadini, imprese e amministrazioni possano vivere, lavorare e interagire in condizioni sempre migliori.
Tutto ciò accade in uno scenario molto complesso che obbliga a ragionamenti ampi che abbracciano diversi aspetti: dal ruolo della tecnologia nello sviluppo dei territori, al mutato rapporto tra “centro e periferie”, fino all’affermarsi di nuove forme di governo del territorio che si spingono oltre quanto istituzionalmente definito a livello normativo.
Il frame internazionale arricchisce il ragionamento: le città crescono sempre di più e cresce il numero delle persone che vivono nelle aree urbane. Proprio questo porta a pensare e attivare azioni e misure di intervento in grado di rendere le città più inclusive, resilienti e sostenibili. È proprio quello a cui punta il Goal n.11 degli SDGs dell’ONU “Città e comunità sostenibili” che, se da una parte mantiene alta l’attenzione sulle sfide che interessano i centri urbani, con il sotto-obiettivo
“Supporto ai legami economici, sociali e ambientali tra le zone urbane, periurbane e rurali rafforzando la pianificazione dello sviluppo nazionale e regionale”, dichiara una
sensibilità verso la necessità di politiche e di azioni di pianificazione che guardano a nuovi assetti territoriali.
Tale sensibilità svela tutto il suo valore nel nostro Paese, in cui il dibattito sugli assetti territoriali è in corso tra tormentate spinte normative. Basti pensare al tema fondamentale dell’
associazionismo comunale, con le numerose riforme che lo interessano, dalle Unioni alle Fusioni passando per le gestioni associate, imposti da legge dello Stato (decreto legge 78/2010 e legge Delrio 56/2014), le relative leggi regionali di riforma del governo regionale e locale, la legge sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche all’interno della Riforma Madia (legge 124/2015), la Legge 160/2016 (che converte il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio) e la recente legge a sostegno dei piccoli Comuni (legge 158/2017).
L’associazionismo comunale per la gestione associata delle funzioni principali, che doveva trovare compimento entro il 31 dicembre 2017 in proroga con l’ex decreto Legge 244/2016, subisce un ulteriore slittamento al 31 dicembre 2018. La nuova proroga è contenuta in un emendamento alla Legge di bilancio depositato dal Governo in commissione Bilancio del Senato il 24 novembre scorso che, tra le 17 scadenze rinviate al 2018, inserisce proprio l’obbligo di “gestione” associata per i piccoli Comuni.
Secondo gli ultimi dati resi disponibili da Anci (2017) le Unioni di Comuni sono 533, coinvolgendo 3098 Comuni degli aventi obbligo e interessando una popolazione di 12 milioni di abitanti. L’adempimento normativo manifesta problemi e ritardi dovuti in primo luogo ad una difficoltà culturale, laddove non si considera che al centro c’è il tema della
nuova governance per il sistema locale e che le soluzioni individuate a livello normativo funzionano nella misura in cui sono effettivamente espressione del territorio. È necessario, allora, puntare alla generazione volontaria di nuovi assetti territoriali e, per fare questo, bisogna sottolineare i vantaggi che la prospettiva dei “territori collaborativi” fornisce a PA locali, cittadini e territori.
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