Daniel Sarasa:”Così ho trasformato Saragozza in una smart city”
In cinque anni Saragozza – Capoluogo della regione spagnola dell’Aragona – è riuscita a cambiare il proprio profilo sociale ed economico e a raggiungere traguardi importanti in termini di “governo aperto”, che vanno al di là del mero utilizzo di tecnologia innovativa e che comprendono connettività, mobilità, partecipazione, energia verde, formazione e apprendimento. E, in ultima analisi, l’occupazione. Artefice di questo processo, che ha dovuto affrontare anche la crisi economica prima e manifatturiera poi, è Daniel Sarasa – Urban project manager della città – che ha sempre cercato di immaginare tutti i progetti e le azioni messe in campo come “tools” di una unica piattaforma finalizzata a creare valore economico per la città e aumentare la partecipazione dei cittadini.
23 Settembre 2013
Francesca Battistoni
In cinque anni Saragozza – Capoluogo della regione spagnola dell’Aragona – è riuscita a cambiare il proprio profilo sociale ed economico e a raggiungere traguardi importanti in termini di “governo aperto”, che vanno al di là del mero utilizzo di tecnologia innovativa e che comprendono connettività, mobilità, partecipazione, energia verde, formazione e apprendimento. E, in ultima analisi, l’occupazione. Artefice di questo processo, che ha dovuto affrontare anche la crisi economica prima e manifatturiera poi, è Daniel Sarasa – Urban project manager della città – che ha sempre cercato di immaginare tutti i progetti e le azioni messe in campo come “tools” di una unica piattaforma finalizzata a creare valore economico per la città e aumentare la partecipazione dei cittadini.
Daniel Sarasa racconterà la sua esperienza a Smart City Exhibition 2013 (Bologna, 16-18 ottobre) all’interno della conferenza “MEET THE CITY – Soluzioni per vincere la competizione fra le città e attrarre visitatori, talenti e investimenti: tecnologie, servizi, branding” che si terrà il 18 ottobre mattina.
Quali sono gli elementi fondamentali della strategia urbana di Saragozza a partire dal recente documento sull’open government come tool per il governo urbano?
La parola chiave di tutta la strategia è opportunità: per le persone (posti di lavoro), per le imprese (l’accesso al talento e l’innovazione) e per le istituzioni (nuovi modi di partecipazione democratica per superare la crisi e per stabilire nuove relazioni con i cittadini). Sviluppiamo quindi questa strategia lungo 4 assi principali:
Industrie digitali: vogliamo rispondere alla crisi del manifatturiero puntando su tecnologia e cultura, come dimostra il centro di Arte e Tecnologia che è diventato il cuore della città e che può essere considerato la risposta della città di Saragozza alle sfide del ventesimo secolo.
Smart City: che nella nostra declinazione equivale a cercare una via più efficiente di pensare i trasporti, l’abitare, l’energia, la sostenibilità della città. In particolare, abbiamo rivisto il modo di usare lo spazio, abbiamo georeferenziato i trasporti e le barriere architettoniche, abbiamo creato una Digital city Card RFD con la quale si può prendere l’autobus, andare in piscina, in biblioteca, al museo, pagare il taxi.
Open public services: ossia miglioramento dei servizi per la città e le imprese (snellimento della burocrazia).
Digital Link: un nuovo modo di concepire le relazioni tra istituzioni e cittadini, che non sostituisce il vecchio modo, ma ne aggiunge uno nuovo. È qui che troviamo le iniziative di Open Government.
Cosa rappresenta per la città di Saragozza il Centro di Arte e Tecnologia?
Etopia, il Centro di Arte e Tecnologia di Saragozza, è il centro pulsante del nuovo quartiere Milla Digital ed è stato progettato per ospitare e promuovere i progetti creativi e imprenditoriali più innovativi nel campo del multimedia e 3D, arte, videogiochi, design, ecc. Uno spazio di oltre 13.000 mq, che è al tempo stesso centro della cultura contemporanea, vetrina d’avanguardia dell’espressione artistica, laboratorio tecnologico, spazio di formazione specialistica sulle nuove professionalità derivanti dall’intersezione di arte e tecnologia: un think tank per la città digitale e un incubatore di nuove imprese. Non è destinato ad essere un contenitore artistico chiuso in se stesso, ma uno spazio aperto a tutti i cittadini, le imprese, e gli artisti interessati a sviluppare, esplorare e condividere nuove idee.
Come nasce Milla Digital?
Milla Digital è un progetto chiave del Comune di Saragozza per aiutare le imprese, le istituzioni e i cittadini ad essere parte del contesto economico e sociale del XXI secolo. È un nuovo quartiere, disegnato dagli studenti di Architettura del MIT per introdurre un nuovo modello economico basato sull’innovazione, tenendo conto però della storia e delle caratteristiche della città di Saragozza. MillaDigital è considerato il distretto dell’innovazione e ospita un sistema di imprese che fornisce lavoro, nuovi spazi dell’abitare e soprattutto Etopia che, come dicevo, è diventato il cuore pulsante della città.
Come è cambiata la città di Saragozza da quando, anni fa, hai cominciato a lavorare al progetto MillaDigital?
È stato davvero un lungo percorso, irto di ostacoli. Il principale ostacolo è stato il rallentamento e la crisi dell’economia negli ultimi anni, che ha paralizzato i fondi privati e imposto severe restrizioni ai fondi pubblici. Tuttavia ritengo che, come urbanisti, siamo stati in grado di comprendere velocemente il nuovo set di regole che ci dovevamo dare. Abbiamo imparato molto rapidamente che, per avere la possibilità di sopravvivere e svilupparsi, la città doveva essere pronta allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, abbiamo dovuto applicare un pensiero nuovo alla progettazione di infrastrutture sostenibili. Abbiamo dovuto cogliere le scarse finestre di opportunità che sono apparse. Cinque anni dopo, sento che ci siamo parzialmente riusciti. La città di Saragozza ha una delle più ampie reti di WiFi pubblico in Europa, una serie di incubatori per start-up finanziati dal settore pubblico, un unico strumento di coinvolgimento dei cittadini come la carta RFID e un ruolo di primo piano nelle politiche di open government (open source, open data, promozione del movimento “maker”, ecc). Abbiamo posto le basi di una strategia che va ben aldilà delle policy su ICT, e comprende la mobilità, la partecipazione, l’energia verde, l’apprendimento e, in ultima analisi, l’occupazione.
A Smart City Exhibition 2013 parteciperai al convegno “Meet the cities”, sul branding della città. Puoi raccontarmi qualcosa sul posizionamento della città di Saragozza come città “aperta”?
L’Openness è molto importante per noi, lo consideriamo il nostro brand. Abbiamo liberato più di 100 data set rendendoli disponibili al pubblico e riutilizzabili, vogliamo essere la città dell’open. Pensiamo che non sia importante solo la quantità, ma anche la qualità del dato, che deve essere unico, chiaro e georeferenziato. Abbiamo sviluppato il portale della città come una mappa aggiornata in tempo reale, con diversi strati di informazione. In termini di applicazioni, preferiamo favorire la costruzione da parte di terzi: i cittadini, gli sviluppatori, le aziende, e per questo ci concentriamo sia sulla qualità del dato, essenziale, ma anche sulla diffusione della cultura, con eventi, formazione, produzione documentale. Ad esempio, a partire dai dati sui trasporti che abbiamo reso pubblici, un gruppo di cittadini ha creato “Donde Saragozza” che è l’applicazione che avuto più successo nella città.
Quali sono gli elementi principali per produrre un ecosistema locale fatto di imprenditori, sviluppatori e designer, per amalgamare profili differenti e diverse prospettive, dall’arte all’imprenditorialità, dalle politiche urbane ai servizi digitali?
La leadership politica è un must. Un team altamente motivato è essenziale. Ma non si va molto lontano se la squadra non adotta un ruolo di facilitatore. È importante capire che non siamo noi i personaggi principali del gioco. Non è l’amministrazione a fare la differenza, ma i cittadini che vogliono impegnarsi nella realizzazione della città. Il nostro ruolo è quello di facilitare loro questo compito, in modo che possano sentirsi a proprio agio e possano soddisfare le loro crescenti esigenze personali o professionali. Non possiamo costruire la nuova città digitale da soli, abbiamo bisogno di aiuto. Un soft approach, può aiutare: provvedere agli spazi, dare un po’ supporto economico e poi accompagnare i cittadini in un processo di costruzione comune.
Intervista pubblicata originariamente su Che futuro