Amministrazione 2.0: per il Comune di Venezia filosofia “open” (mind & source).
È un nuovo umanesimo, paradossalmente “tecnologico”: oggi la tecnologia, messa in rete, è diventata fruibile al punto tale che ha scatenato nell’uso gente che di tecnologia non conosce assolutamente niente. È il web 2.0, una nuova concezione di cittadinanza digitale: sta segnando il passaggio dell’utente da spettatore a partecipatore attivo, distingue in modo netto il semplice “stare in rete” dall’ “abitare in rete”. Se questo è vero nella nostra vita privata, perché non può esserlo nei contesti di lavoro?
25 Marzo 2008
Maria Di Paolo
È un nuovo umanesimo, paradossalmente “tecnologico”: oggi la tecnologia, messa in rete, è diventata fruibile al punto tale che ha scatenato nell’uso gente che di tecnologia non conosce assolutamente niente. È il web 2.0, una nuova concezione di cittadinanza digitale: sta segnando il passaggio dell’utente da spettatore a partecipatore attivo, distingue in modo netto il semplice “stare in rete” dall’ “abitare in rete”. Se questo è vero nella nostra vita privata, perché non può esserlo nei contesti di lavoro?
La “professionalità da dilettanti” come parte nuova della professionalità di ciascuno
Esiste, nel comportamento medio dell’impiegato pubblico, una strana schizofrenia, una scissione tra il modo di operare nella sfera pubblica e in quella privata. Dati e statistiche – ma basta anche il semplice spirito di osservazione – ci dicono che nelle applicazioni web, quelle 2.0 hanno ampiamente superato quelle web 1.0 (wikipedia ha 8 milioni di contatti in Italia in un anno); nei comportamenti privati abituali, soprattutto tra i giovani, si passa più tempo in rete che guardando la televisione; quello che fino a ieri chiamavamo telefono, oggi è uno strumento per comunicare, serve soprattutto per essere connessi, per stare in rete. È facile pensare che i pubblici dipendenti seguano, nella sfera privata, questa stessa tendenza: la domanda è, perché, allora sul lavoro continuano ad utilizzare solo ed esclusivamente metodi tradizionali e non le competenze informatiche e tecniche di cui quotidianamente si avvalgono nel privato?
Da questa considerazione è partito il Comune di Venezia: questa “professionalità da dilettanti” – così la definisce Michele Vianello, Vice Sindaco del Comune di Venezia e promotore di questa iniziativa – perché non si può usare nel lavoro di tutti i giorni, metterla a disposizione della collettività e giustamente retribuirla? Perché un pubblico dipendente, che probabilmente collabora attivamente con wikipedia, pubblica regolarmente filmati estemporanei su you tube e, magari, è proprietario di un terreno su second life in ufficio lavora e comunica solo ed esclusivamente in modo unidirezionale?
Un’amministrazione web 2.0
Il tentativo che il Comune di Venezia sta facendo – e Venezia è sicuramente il miglior terreno di sperimentazione dal momento che sta costruendo la rete pubblica per connettere tutti, ogni famiglia, in ogni angolo della città, gratuitamente, in banda larga su wifi – è di applicare la filosofia del web 2.0 al lavoro dell’amministrazione: spingere i propri dipendenti all’idea di partecipare, condividere, collaborare senza aspettare – come nella migliore tradizione amministrativa – una legge che obblighi a partecipare, condividere, collaborare. Un’amministrazione web 2.0 nasce da un’idea diversa di produttività che non si basa sul numero di persone che lavorano, ma sulle connessioni che organicamente il web fa crescere, sulla capacità libera e naturale di creare insieme.
Per promuovere questo nuovo approccio al lavoro, il Comune è partito proprio dalla scardinare i pilastri che contraddistinguono, nel male, il pubblico impiego: si lavora per se stessi (ma il web 2.0 è condivisione); si lavora per procedure (ma usare strumenti web 2.0 vuol dire abbandonare le procedure); c’è il vincolo del timbro del cartellino (ma se la tecnologia consente di “timbrare” ovunque, che bisogno c’è di essere fisicamente presenti in ufficio?).
Trasparenza, partecipazione, integrazione: tutto si declina in web 2.0
Piattaforma ideale di questa “rivoluzione” è l’open source che consente l’utilizzo in rete di software e la condivisione del dato in un formato libero da schemi proprietari. Il Comune ha bloccato l’acquisto di tutti i tradizionali computer. 120 giga di disco fisso, 2 giga di ram, masterizzatore iper tecnologico, ciascuno con un programma proprietario e la propria licenza: tutto questo non serve più, quando si è in rete la memoria è collettiva.
Alcune applicazioni sono già pronte e testate: una normalissima segnalazione del cittadino è una cosa che riguarda direttamente il rapporto tra amministrazione ed utenza e non deve, sempre e necessariamente, essere intermediata dalla politica. Si segnala, si risolve, o perlomeno si risponde.
“Fixami” è una piattaforma aperta per segnalare on-line la necessità di interventi manutentivi, sulle strade come nei palazzi di proprietà del Comune: si bypassa il numero verde, si segnala sulla mappa il luogo in cui c’è un tombino intasato, una buca aperta, una crepa pericolosa, due righe per spiegare il problema e parte la segnalazione. Scatta la giuria degli utenti, c’è l’obbligo della risposta: da parte dell’ufficio preposto, della direzione generale, dell’impresa che ha l’appalto e la responsabilità di gestione.
Altro problema, la sicurezza, altra applicazione: videocamere che monitorano costantemente aree urbane critiche e proiettano le immagini su megaschermi, per disincentivare attività illecite. Preziosa, in questo senso, l’esperienza della città di Londra dove le telecamere riprendono costantemente e rimandano su una TV privata le attività, lecite e illecite, di uno dei quartieri più malfamati. Risultato: il tasso di criminalità sensibilmente calato nel giro di pochi mesi, perché il tema dell’insicurezza è legato al sentirsi soli in un luogo e si compiono più atti illeciti in luoghi non frequentati. Le suggestioni che il Comune di Venezia vuole cogliere sono tante: condividere tutto quanto è oggi già costantemente monitorato e filmato, per esempio sul Canal Grande, con tutti i cittadini. Il controllo da parte di pochi – gli addetti comunali alla sicurezza – reprime il crimine dopo che è stato commesso, un monitoraggio costante, allargato e condiviso può essere utile a prevenire il crimine.
Le applicazioni sono pronte, le idee tantissime, quello che serve è, evidentemente, un approccio culturale diverso da parte dei dipendenti pubblici. Se si opera per obbiettivi, persino la “timbratura del cartellino” diventa una procedura inutile e la tecnologia oggi permette di utilizzare una smart card da inserire nel PC usato per lavorare da casa, o comunque fuori ufficio.
Tutti i grandi processi organizzativi saranno, neanche in un futuro troppo remoto, completamente “open”: l’opinione del Vicesindaco di Venezia è di intercettare subito, in modo spontaneo e con convinzione, questo processo inevitabile prima di esserne travolti.