Datacenter unico e cloud, il Regno Unito risparmierà 105 mld di sterline: il caso
Tutto quello che c’è da sapere, e da imparare per l’Italia, sul programma di migrazione al cloud pubblico e a datacenter consolidati per la pubblica amministrazione nel Regno Unito
15 Dicembre 2016
Alessandro Valenti, Fondazione Ugo Bordoni
Nel 2013, il Regno Unito ha varato la cosiddetta “Cloud First Policy” per le Pubbliche Amministrazioni al fine di stimolare l’adozione del Cloud nel settore pubblico. Di fatto le PP.AA. hanno l’obbligo di valutare soluzioni di tipo cloud nella realizzazione di nuovi servizi; nel caso di adozione di approcci alternativi hanno l’onere di dimostrare la possibilità di ottenere vantaggi economici tangibili rispetto all’adozione del cloud.
In tale contesto si inquadra il G-Cloud (Government Cloud) che comprende diversi accordi con i fornitori di servizi e uno store on-line, il Digital Marketplace.
Il G-Cloud si basa un Framework Agreement tramite il quale i soggetti pubblici possono acquistare servizi cloud da una vasta gamma di fornitori. Tale accordo quadro viene regolarmente aggiornato per garantire alle PP.AA. la possibilità di servizi sempre aggiornati. Ogni aggiornamento viene tracciato e numerato e attualmente sono in vigore due versioni: il G-Cloud 7 (2015) e il G-Cloud 8 (2016).
Nella prima versione del 2012, erano presenti poco meno di 800 fornitori di servizi mentre oggi, per il G-Cloud 7 e il G-Cloud 8, si contano più di 2700 fornitori di cui il 90% è costituito da piccole e medie imprese. Lo scorso ottobre 2016 il volume di affari complessivo (dal 2012 a oggi) aveva superato il miliardo e mezzo di sterline, di cui il 64% prodotto delle piccole e medie imprese. A luglio 2016, il totale delle vendite ammontava a circa 62 milioni di sterline con il 76% degli acquisti è effettuato dal Governo Centrale.
Tramite il Digital Marketplace, le PP.AA. possono scegliere tra più di 25000 servizi, suddivisi per categorie: Infrastructure as a Service, Platform as a Service, Software as a Service, Specialist Cloud Services. In particolare quest’ultimo prevede una serie di servizi di consulenza e supporto per tutto ciò che riguarda il cloud, dalla implementazione al testing, passando per advisory di tipo commerciale. I servizi Specialist Cloud sono di gran lunga quelli più richiesti: sempre allo scorso luglio, su 62 milioni di sterline di spesa complessiva, quasi 48 milioni hanno interessato questa specifica categoria di servizi.
Un punto importante è la durata dei contratti che ogni amministrazione sigla con i fornitori per un dato servizio, fissata a un massimo di due anni. Allo scadere dei due anni, il servizio può essere cessato ovvero aggiornato alla versione più recente o rinnovato se non vi sono nuove versioni disponibili.
Per quanto riguarda la sicurezza, uno dei punti cruciali del cloud, sono previsti 3 livelli: Official, Secret e Top Secret. Ai fornitori dei servizi è richiesto di fornire una autocertificazione e delle evidenze che attestino il rispetto dei 14 principi di sicurezza del G-Cloud (Cloud Security Principles of G-Cloud).
Accanto al G-Cloud, nel 2015 il Regno Unito ha lanciato il programma Crown Hosting, con lo scopo di ridurre il numero di Data Center pubblici. Nel 2010, erano stimati circa 220 Data Center in capo al governo centrale e diverse migliaia per le altre PP.AA. Nel 2013, il governo centrale ha stimato in 1,6 miliardi di sterline la spesa delle Amministrazioni in contratti di hosting.
Se il fine è quello di ridurre il numero dei Data Center pubblici, lo strumento è quello di creare un Data Center in grado di ospitare tutti i sistemi IT delle PA, sia centrali che non, che non possono essere migrate verso soluzioni cloud. È stato quindi siglato un accordo di durata settennale, il Crown Hosting Data Centres Framework, tra il governo e un fornitore, il Crown Hosting Data Centres Limited, frutto di una joint venture tra il governo stesso (con una quota del 25%) e una piccola media impresa, la Ark Data Centres Limited.
Se da un lato tale iniziativa è conservativa, offrendo un’alternativa alla migrazione verso il cloud, dall’altro consente di fare un primo passo verso il consolidamento fisico dei Data Center. Infatti, un accordo di tutta la PA con un unico soggetto, consente di ottenere dei costi sicuramente inferiori per quanto riguarda l’affitto di spazi di hosting che è comunque uno dei maggiori ostacoli al consolidamento, soprattutto per le PP.AA. più piccole.
Il Crown Hosting Data Centre è disponibile come servizio sul Digital Marketplace tramite il quale un’amministrazione può comprare il suo spazio nel Data Center.
A livello infrastrutturale, il disaster recovery e la business continuity sono assicurate attraverso due Data Center distinti situati nel Wiltshire e nell’Hampshire, di proprietà della Ark Data Centres Limited.
Ogni Data Center è costituito da più moduli indipendenti, classificabili come TIER III+, secondo le definizioni dell’Uptime Institute, e utilizza le tecniche di free-cooling per il raffreddamento.
Dopo un anno dal lancio del Crown Hosting, 14 dipartimenti hanno già aderito tra cui il dipartimento del lavoro (DWP), l’Home Office e il Cabinet Office, oltre ad altre amministrazioni regionali.
In termini di risparmio, il governo ha dichiarato che questa iniziativa consentirà di risparmiare fino a 105 milioni di sterline durante i sette anni, anche se qualcuno parla di cifre addirittura superiori. Molto in effetti dipenderà da quante amministrazioni decideranno di migrare verso il Data Center unico.