Innovazione e ricerca: ci possiamo ancora permettere tanta “moderazione”?
Quanto stanno crescendo i paesi membri dell’Unione europea nel campo della ricerca e dell’innovazione ce lo dice, come ogni anno l’Innovation Union Scoreboard, il quadro di valutazione generale dei risultati ottenuti elaborato in seno alla Commissione Europea. Abbiamo dato un’occhiata agli indicatori e ai risultati registrati dal nostro paese, che innova sì, ma con moderazione.
6 Marzo 2014
Eleonora Bove
Quanto stanno crescendo i paesi membri dell’Unione europea nel campo della ricerca e dell’innovazione ce lo dice, come ogni anno l’Innovation Union Scoreboard, il quadro di valutazione generale dei risultati ottenuti elaborato in seno alla Commissione Europea. Abbiamo dato un’occhiata agli indicatori e ai risultati registrati dal nostro paese, che innova sì, ma con moderazione.
La Commissione Europea pubblica il quadro di valutazione annuale Innovation Union Scoreboard che mette a confronto i risultati ottenuti nel campo della ricerca e dell’innovazione dagli Stati membri dell’UE, mettendo in luce i relativi punti di forza e di debolezza dei loro sistemi di ricerca e innovazione. In questa edizione è interessante notare come tra gli indicatori ci sia stata una new entry che segna un po’ il cambio di prospettiva: “Occupazione nelle imprese in rapida crescita in settori innovativi”.
Tra gli obiettivi dello studio anche quello di porsi agli Stati membri come strumento per valutare in quali ambiti concentrare gli sforzi per un vero sviluppo innovativo.
Italia, innovare con cautela
Quanto questo studio sia reale e riesca a dare una fotografia del sistema in materia di innovazione e ricerca, lo dimostra la performance dell’Italia che, in quanto paese “Innovatore Moderato”( così viene definito il gruppo di paesi al di poco sotto della media europea) registra un lieve calo di crescita nel 2013. Se infatti il nostro rendimento innovativo è cresciuto costantemente fino al 2012, in questo ultimo anno subiamo un arresto che ci regala risultati inferiori alla media europea per la maggior parte degli indicatori, nonostante alcuni buoni risultati in indicatori come: Entrate dall’estero derivanti da licenze e brevetti, Co-pubblicazioni scientifiche internazionali e Marchi dell’UE. Cosa ci penalizza? Pochi investimenti come venture capital, basse spese per l’innovazione diverse da quelle per attività di R&S e bassa occupazione in attività a elevata intensità di conoscenze. Oltre a dei nostri storici punti deboli, che rimangono: Dottorandi extraeuropei e PMI innovative che collaborano con altre.
Tuttavia guardando i dati, ci accorgiamo che il rendimento generale di tutti gli Stati membri, a livello di convergenza sul piano della resa innovativa, ha subìto un rallentamento ritornando al livello del 2009. Ci può essere di consolazione? Possiamo sicuramente dire di non essere i soli ad andare a rilento. Una consolazione però piuttosto magra se si pensa che un paese come la Polonia, che prima era classificato come “paese in ritardo” oggi viene promosso tra gli “Innovatori moderati”, gruppo di cui l’Italia è a capo.
Se ciò che conta non è tanto la classifica, ma le politiche di sviluppo messe in atto e che permettono di registrare dei progressi, magari lenti ma costanti ogni anno, il nostro paese non può competere con il Portogallo, contrariamente a quello che scrivevamo un anno fa su queste pagine, l’Estonia e la Lettonia, che hanno registrato il più alto tasso di miglioramento della resa innovativa.
Inoltre fanno riflettere le grandi differenze che persistono tra i paesi sul piano della competitività internazionale della base scientifica e della cooperazione dell’innovazione aziendale, misurata nella dimensione “Collaborazioni e attività imprenditoriali”. La Danimarca ad esempio presenta risultati rispettivamente nove o sette volte migliori rispetto ai paesi con un rendimento minore. La forbice continua ad allargarsi. D’altronde i paesi maggiormente innovativi sono quelli che dal vertice della classifica presentano i risultati migliori in tutte le dimensioni, anche molto al di sopra della media europea: dalla ricerca e innovazione passando alle attività innovative delle imprese fino agli output dell’innovazione e agli effetti economici.
Per quel che riguarda, invece, i settori nei quali l’Unione europea ha registrato i maggiori progressi, analizzando i dati si vede chiaramente che:
- Abbiamo avuto ottimi risultati nell’apertura e nell’eccellenza del nostro ambiente scientifico. L’Europa è un luogo molto attraente per la collaborazione fra scienziati e la creazione di sapere.
- Siamo diventati più creativi. I marchi registrati stanno crescendo: ogni anno le nostre imprese ne depositano quasi 100 000. Per le imprese questi marchi sono una risorsa importante, vanno ad irrobustire l’attività.
- Le PMI – che sono la colonna portante della nostra economia – contribuiscono in modo costante a migliorare la nostra capacità di innovazione.
Al contrario, come ben sappiamo, l’accesso ai finanziamenti rimane una nota dolente. Il Quadro di valutazione evidenzia un calo degli investimenti di capitale di rischio e degli investimenti di grado inferiore in settori, anch’essi (oltre alla ricerca) essenziali per l’innovazione, come macchinari e impianti.
Quadro innovazione regionale
Ogni due anni al Quadro di valutazione "L’Unione dell’innovazione" si accompagna una valutazione dell’innovazione regionale, che compara il rendimento sul piano dell’innovazione di 190 regioni dell’Unione, con in più Croazia, Norvegia e Svizzera. Secondo la comune classificazione sono 34 le Regioni leader dell’innovazione, 57 quelle che “tengono il passo”, 68 le Regioni innovatrici moderate mentre 31 quelle “in ritardo”.
Si registra qualche variazione, ma il rendimento regionale corrisponde in generale ai gruppi di rendimento in cui sono classificati i paesi nel quadro di valutazione europeo. Questo significa che la maggior parte delle regioni leader dell’innovazione e delle regioni che tengono il passo appartengono ai paesi classificati quali appunto leader dell’innovazione. Per quando riguarda l’Italia è interessante rilevare tre eccezioni: le nostre regioni si confermano “innovatori moderati” tranne Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna che invece risultano "Innovatori che tengono il passo". Sono quindi queste tre regioni italiane quelle che, secondo gli indicatori adottati, le più innovative del nostro Paese.