SigmaTer: una soluzione pronta al Riuso
Nel panorama della PA digitale “dimenticata” qualche segnale di concreta speranza sembra pur esserci. Tra i progetti approvati e finanziati con il primo Bando di e-Government, ad esempio, SigmaTer (Servizi Integrati catastali e Geografici per il Monitoraggio Amministrativo del Territorio), merita qualche riflessione. Prendendo spunto dal convegno del primo Ottobre scorso a Torino che presentava l’iniziativa di riuso di SigmaTer avviata dalla Regione Piemonte, abbiamo provato a sondare lo stato dell’arte del progetto, all’epoca considerato come uno dei tre, insieme a Docarea e People, che avrebbero veramente potuto cambiare il modo di lavorare nella PA italiana.
8 Ottobre 2008
L.P.
Nel panorama della PA digitale “dimenticata” qualche segnale di concreta speranza sembra pur esserci. Tra i progetti approvati e finanziati con il primo Bando di e-Government, ad esempio, SigmaTer (Servizi Integrati catastali e Geografici per il Monitoraggio Amministrativo del Territorio), merita qualche riflessione. Prendendo spunto dal convegno del primo Ottobre scorso a Torino che presentava l’iniziativa di riuso di SigmaTer avviata dalla Regione Piemonte, abbiamo provato a sondare lo stato dell’arte del progetto, all’epoca considerato come uno dei tre, insieme a Docarea e People, che avrebbero veramente potuto cambiare il modo di lavorare nella PA italiana.
SigmaTer mirava alla creazione di un’infrastruttura tecnologica per l’interscambio informatico dei dati catastali tra l’agenzia del Territorio e gli enti locali, uno tra i principali fattori abilitanti per il processo di decentramento del Catasto. Conclusa, alla fine del 2006, la fase di sperimentazione e sviluppo, che ha visto un gruppo di lavoro coordinato dalla Regione Emilia Romagna e composto da Regioni, Province, Comunità montane e Comuni, confrontarsi e discutere le soluzioni operative e metodologiche, si è ora passati alla fase di gestione del sistema e di riuso delle soluzioni tecnologiche e dei servizi messi a punto.
Le cinque Regioni (Emilia Romagna, Abruzzo, Liguria, Toscana, Valle d’Aosta) originariamente coinvolte possiedono le medesime infrastrutture sviluppate nell’ambito del progetto, salvo alcune necessarie personalizzazioni.
I Comuni e le Province che hanno aderito al Progetto SigmaTer hanno sviluppato software per l’accesso, lo scarico e l’integrazione dei dati catastali con quelli di derivazione locale, che consentono il miglioramento dei servizi per cittadini, imprese ed altre PA. Sportello ICI e TARSU (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), gestione pratiche edilizie, gestione vincoli idrogeologici e aree percorse da fuoco sono tra i principali servizi che il sistema permette di erogare (la lista completa la si può trovare qui).
Dallo sviluppo al partenariato
“In questa seconda fase del sistema SigmaTer – ci fa sapere Rossella Bonora Responsabile del Servizio sviluppo amministrazione digitale e sistemi informativi geografici della regione Emilia Romagna – si parla di un partenariato che comprende, oltre alle cinque Regioni iniziali, tre regioni neoaderenti: Piemonte, Sicilia e Calabria. È stato firmato un Accordo interregionale per la gestione del sistema SigmaTer ed è stata avviata la gestione del cosiddetto “Nucleo Condiviso”, cioè di tutte le componenti del sistema che vengono mantenute ed evolute unitariamente”.
Tra le regioni che hanno adottato SigmaTer in fase di riuso, è il Piemonte a dimostrare un più alto livello di avanzamento dei progetti . “Dal nostro punto di vista – afferma Roberto Moriondo dirigente della Regione e responsabile del Progetto Sistema Informativo Regionale – il progetto ha tutte le caratteristiche per essere una buona pratica non solo da un punto di vista tecnologico, ma anche economico. Lavorando in sinergia e in un’ottica di riuso, infatti, gli investimenti vengono suddivisi.
La collaborazione con altre Regioni ci ha permesso anche di contenere i costi che comunque noi consideriamo investimenti. Avere poi a che fare con colleghi professionalmente di altissimo livello, estremamente competenti nella loro materia, ha sicuramente facilitato le cose”.
Sicuramente un quadro rincuorante, dunque, rispetto alla generale situazione di dimenticanza e di abbandono, in cui giacciono molti dei piccoli e medi progetti avviati cinque anni fa, con la prima fase del Piano di e-Government. C’è da dire, però, che il Piemonte si trova in una posizione favorevole rispetto a molte altre realtà regionali del nostro Paese, sia per quanto riguarda la dotazione infrastrutturale, sia per quanto riguarda le competenze e la professionalità a disposizione. “La presenza del CSI Piemonte, spiega infatti Moriondo, ci ha permesso di avere un’analisi tecnologica ed organizzativa dello strumento, mentre l’estesa rete di Centri Servizi Territoriali, oggi ALI, attraverso la figura del facilitatore, ha garantito ai piccoli comuni un’assistenza accurata nella gestione degli applicativi. Una leva fondamentale per superare quel divario digitale che non è più legato all’infrastruttura di rete, ma all’uso di strumenti operativi”.
Cosa possiamo dire, dunque alla fine di questa analisi?
A guardare i territori e le organizzazione più virtuose, come Emilia Romagna e Piemonte, ci sembra di poter affermare che gli sforzi e le risorse spesi in direzione di un e-Government orientato a ripensare i processi interni della pubblica amministrazione, non siano stati sprecati, anzi, i risultati ci sono, e probabilmente per qualche milione de cittadini, alcuni aspetti del rapporto con l’amministrazione pubblica sono davvero cambiati in meglio, ma si può veramente pensare di poter lasciare l’ammodernamento del settore pubblico alla buona volontà delle singole amministrazioni? È veramente possibile ipotizzare di mettere a sistema l’innovazione puntando su un riuso “volontario” delle soluzioni più efficaci? Il Paese può aspettare che ogni Regione agisca secondo i propri tempi e le proprie agende politiche, senza una direzione precisa e vincolante che consideri la PA come interlocutore unico di tutti i cittadini italiani?
Domande retoriche, ovviamente, ma dato l’attuale torpore della politica su questi temi, temiamo che, almeno per un po’, sarà difficile offrire una reale alternativa a questo modo di lavorare…