Dal Comune di Genova un giudizio positivo sulla riforma Brunetta, ma…

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Il comune di Genova ha avviato, a metà del 2007, un progetto di riorganizzazione dell’ente in funzione di una migliore gestione del ciclo delle performance. A distanza di due anni e mezzo il segretario e Direttore Generale Mariangela Danzì ne ha presentato i risultati al FORUM DELL’INNOVAZIONE Nord Ovest. Non sono mancati i riferimenti alla riforma Brunetta, giudicato, complessivamente, un intervento positivo, ma bisognoso di alcune aperture al confronto, nella sua applicazione al contesto degli enti locali.

30 Dicembre 2009

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Tommaso Del Lungo

Articolo FPA

Il comune di Genova ha avviato, a metà del 2007, un progetto di riorganizzazione dell’ente in funzione di una migliore gestione del ciclo delle performance. A distanza di due anni e mezzo il segretario e Direttore Generale Mariangela Danzì ne ha presentato i risultati al FORUM DELL’INNOVAZIONE Nord Ovest. Non sono mancati i riferimenti alla riforma Brunetta, giudicato, complessivamente, un intervento positivo, ma bisognoso di alcune aperture al confronto, nella sua applicazione al contesto degli enti locali.

Il progetto di ridefinizione del ciclo delle performance nel Comune di Genova si è sviluppato su due assi: da una parte il ripensamento della filiera della governance che ha portato ad una stretta concatenazione tra diversi livelli di programmazione, realizzazione, valutazione, controllo e rendicontazione e dall’altra una nuova gestione della filiera delle responsabilità.

Scarica le slide presentate da Mariangela Danzì al FORUM INNOVAZIONE Nord Ovest

“Il comune di Genova – ci spiega Mariangela Danzì, Segretario e Direttore Generale – ha 6500 dipendenti e la necessità maggiormente avvertita era quella di lavorare sulla struttura organizzativa dell’ente”. Il modello adottato è stato denominato sistema di “funzione direzione complessiva diffusa”. In pratica si sono individuate sei aree strutturali il cui direttore ha ricevuto, per delega implicita, le funzioni di direttore generale, vedendosi, dunque, assegnare le responsabilità di definire e dettagliare gli obiettivi dei dirigenti assegnati alla propria struttura, e di gestire la mobilità interna del personale. “In questo modo – spiega la Danzì – abbiamo eliminato il classico collo di bottiglia che deriva da una gestione del personale centralizzata ed abbiamo reso l’organizzazione molto più flessibile e in grado di organizzare meglio il lavoro, definire gli obiettivi e allocare le risorse. Alla direzione del personale è stata attribuita, invece, una forte capacità di gestione e di integrazione di tutte le banche dati esistenti.”
È stata, poi, potenziata la struttura di programmazione e controllo, con l’assegnazione delle responsabilità in merito alla programmazione delle risorse umane della formazione, della pianificazione operativa e del controllo di gestione.
Infine il Comune ha lavorato sul tema della comunicazione, puntando a far conoscere all’esterno i risultati delle performance utilizzando un linguaggio non burocratico, comprensibile da chiunque.

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Quando abbiamo chiesto a Mariangela Danzì un giudizio sulla Riforma Brunetta che mira a regolamentare in maniera più netta proprio questi aspetti della gestione dell’ente pubblico, mettendo alcuni “paletti”, il suo commento è stato sostanzialmente positivo: “La riforma Brunetta – ci spiega – è senz’altro molto utile. Nonostante molti degli strumenti previsti dalla legge 15 e dal decreto legislativo 150 fossero già presenti nella normativa precedente, nel nostro paese le resistenze interne hanno sempre fatto in modo che il cambiamento in direzione di una PA più efficiente ed orientata al risultato non si realizzasse. Per un’amministrazione come il Comune di Genova, dunque, caratterizzata da una forte sindacalizzazione, il fatto che ci fosse una riforma che “costringesse” ad andare in una certa direzione è stato, sicuramente, un aiuto”.

Per Mariangela Danzì, tuttavia, nell’applicare la riforma ai differenti contesti locali, ci sarà ancora bisogno di un confronto intenso che porti all’attenzione del Ministro e delle sue strutture la peculiarità tipica degli enti territoriali. In particolare, a detta della Danzì, gli elementi su cui sorgono alcune perplessità sono due:

  • Il forte riconoscimento del merito individuale a discapito del riconoscimento dei risultati di gruppo.

  • L’azzeramento delle progressioni verticali all’interno dell’amministrazione.

Per quanto riguarda il primo aspetto la Danzì sottolinea che “Da una parte è corretto fare leva sulla meritocrazia individuale per valorizzare il percorso di carriera del singolo e la progressione economica individuale, cioè quello che si chiama comunemente stipendio stabile. Tuttavia la parte di salario “incentivante” dovrebbe essere destinata alle performance di gruppo. Ovviamente all’interno del gruppo può esistere una differenziazione, ma se si guarda l’ottica di un’amministrazione locale, la soddisfazione del cittadino non può che venire dal lavoro di un intero gruppo e non certo da un singolo.”

“Altro elemento problematico della riforma – continua la Danzì – e che rischia di compromettere il rapporto tra amministrazione e dipendente è quello delle progressioni verticali, che fino ad oggi sono state una leva organizzativa e motivazionale molto importante. La cosa su cui, a mio parere, bisognerebbe riflettere è che nell’amministrazione i dipendenti maturano delle professionalità, attraverso percorsi di formazione, esperienze sul campo, progetti con altre amministrazioni e così via. Questa professionalizzazione non può non essere riconosciuta e non dare origini a sbocchi di carriera.” Per Mariangela Danzì l’amministrazione investe nella professionalizzazione dei dipendenti e questo investimento rischia di essere vanificato con il ricorso al solo concorso esterno.

“Ovviamente – chiude, infine la Danzì – la mia non vuole essere una critica sterile, primo perché non è un giudizio politico, ma tecnico, secondo perché da parte nostra e di molti altri enti locali c’è la piena disponibilità a collaborare ad un tavolo del confronto”.

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