La strada della Puglia, alla ricerca della partecipazione perduta.
Il Comune di Reggio Emilia in occasione dell’iniziativa Governare con i cittadini ha aperto un "call for paper" per le amministrazioni pubbliche, in cui si chiedeva di presentare esperienze di politiche pubbliche sviluppate in modo integrato con associazioni o singoli cittadini. Oltre settanta le segnalazioni pervenute. Sebbene moltissimi siano i casi provenienti dal Nord, le esperienze più innovative sono state quelle del Mezzogiorno. Come a dire che laddove si parte da condizioni di difficoltà più profonda la creatività ha più spazio per crescere e prendere corpo.
28 Ottobre 2008
Il Comune di Reggio Emilia in occasione dell’iniziativa Governare con i cittadini ha aperto un "call for paper" per le amministrazioni pubbliche, in cui si chiedeva di presentare esperienze di politiche pubbliche sviluppate in modo integrato con associazioni o singoli cittadini. Oltre settanta le segnalazioni pervenute. Sebbene moltissimi siano i casi provenienti dal Nord, le esperienze più innovative sono state quelle del Mezzogiorno. Come a dire che laddove si parte da condizioni di difficoltà più profonda la creatività ha più spazio per crescere e prendere corpo.
Siamo andati a cercare di capire come si sostanzia questa linea di principio intervistando Gugliemo Minervini, Assessore regionale alla Trasparenza e alla Cittadinanza Attiva della Regione Puglia.
Assessore Minervini uno dei punti su cui sembra ci sia stato accordo in questa tre giorni di confronto sul tema di "Governare con i cittadini" è che la democrazia partecipativa è una delle possibili risposte alla crisi della democrazia rappresentativa. Qual è la sua opinione in merito?
I bisogni di una società complessa diventano sempre più articolati e variegati, d’altro canto le risorse a disposizione delle pubbliche amministrazioni tendono strutturalmente a diminuire. C’è un divario che cresce sempre di più e rischia di consegnare le istituzioni ad ruolo di marginalità e vera e propria irrilevanza che può generare un senso di fastidio, di ostilità da parte dei cittadini. Questo perché la vita reale si evolve ad una velocità maggiore e ad una complessità che sembra sfuggire alla capacità di incidenza degli amministratori pubblici.
E’ da questa constatazione che bisogna partire per riflettere su cosa le pubbliche amministrazioni possono fare per recuperare una efficacia che oggi sembra perduta.
Io credo che l’unica soluzione sia rimettere in discussione la relazione tra istituzioni e cittadini, che deve abbandonare la visione gerarchica e di esercizio del comando dall’alto.
Qual è il modello alternativo?
Il modello gerarchico spreca troppe risorse. Rivedere il rapporto tra amministrazioni e cittadini ci porta anche a scoprire che nella costruzione delle politiche pubbliche c’è un potenziale, in termini di conoscenza e di energie sociali, che i cittadini possono fornire alle istituzioni.
Da una parte, quindi, c’è il problema di recuperare una conoscenza più affinata per far fronte alle nuove sfide e, nel momento in cui si attiva questo legame virtuoso di circolazione delle conoscenze e delle informazioni, si ricostruisce quel legame di fiducia tra PA e cittadini e si creano le condizioni per cui, una volta sviluppata la politica pubblica, questa possa funzionare con il concorso attivo dei cittadini.
Quali sono secondo lei le strade praticabili, gli strumenti da utilizzare?
Sono molteplici. Per un ente di governo territoriale complesso come la Regione, lo strumento dell’e-democracy, per quanto abbiamo potuto constatare attraverso le nostre sperimentazioni, ha un livello notevole di efficacia. La comunicazione ispirata alla filosofia del web 2.0 è, invece, una comunicazione reciproca che si rivela utile nella costruzione di reti di scambio non unilaterali. Ad altri livelli, magari di scala più ridotta, la forma di dialogo con i cittadini può passare, infine, attraverso tecniche più dirette. Per esempio stiamo sperimentando in diversi comuni pugliesi, la tecnica dell’Open Space Technology, spazi aperti in cui la discussione si concentra intorno ad un tema. L’ultimo si è tenuto a Galatina, oggetto del confronto era la riqualificazione di una periferia urbana nell’ambito di una misura regionale. A partire da questa domanda tutti i cittadini, dai ragazzini delle scuole medie, a professionisti di varia estrazione, hanno auto-organizzato spazi di discussone nei quali sono emerse proposte d’intervento utilissime per la definizione di un’azione articolata come la riqualificazione urbana.
Assessore, come si mettono a fattor comune le proposte emerse, le criticità raccolte? Come si passa dai bisogni rilevati all’organizzazione di politiche spesso complesse?
Dobbiamo fare un passo in avanti: la partecipazione non è solo una generica tecnica di ascolto, ma è un processo attraverso cui si può ricostruire un senso più efficace della decisione. Il presupposto per cui si attivi questo processo è la volontà del decisore politico di mettersi in gioco e cedere una quota di potere decisionale. Il politico, attraverso questa scelta, è chiamato a ridefinire il proprio ruolo e diventare arbitro di un processo cruciale.
A Galatina gli amministratori comunali facevano parte dei gruppi di discussione assieme ai cittadini. In questo caso la qualità del risultato finale dell’elaborazione farà la differenza tra questo piano, che sarà condiviso con i cittadini, ed uno redatto con il sistema canonico, magari guidato da un sapere tecnico.
Il politico, insomma, perde potere, ma guadagna in legittimazione sociale.
Rispetto a coloro la cui voce non passa attraverso l’espressione di associazioni di cittadini o altre forme istituzionalizzate di aggregazione sociale, qual è la vostra posizione? Come pensate di coinvolgere le maggioranze silenziose?
Non bisogna farsi prendere dal delirio di onnipotenza e pensare che con l’insieme di queste tecniche si possano risolvere tutti i problemi della democrazia che oggi vive una crisi difficile. Io credo che nella misura in cui questi processi funzionano si alza il costo per chi resta fuori dal gioco.
Personalmente affido l’obiettivo di estendere il coinvolgimento anche ai cittadini più refrattari alla maturazione di questa consapevolezza: star dentro queste dinamiche non solo è entusiasmante e appassionante, ma conviene perché dà la possibilità di portare all’interno dei processi il proprio sguardo, la propria visione, le proprie idee. Un giorno ci accorgeremo di quanto che star fuori da questi processi diventerà sempre più complesso e "costoso".
Cosa ne pensa del valore di una potenziale partecipazione di coloro che invece si auto-escludono, penso ai giovani creativi, ad esempio?
Verso questo segmento di cittadini, per noi preziosissimo, caratterizzato da un’ulteriore crosta di diffidenza verso le istituzioni, abbiamo realizzato la seconda edizione di un Creative Camp che ha avuto luogo nell’ambito della biennale della creatività giovanile. Si è trattato di un conferenza-non conferenza, uno spazio aperto strutturato per l’auto-espressione di chiunque abbia avuto la voglia di comunicare qualcosa attraverso un prodotto artistico. Durante la giornata, la cui data era stata stabilita attraverso il web e promossa in maniera assolutamente virale da parte dei giovani, circa 1500 creativi hanno tirato fuori tutto il sommerso della creatività pugliese e non solo, dato che hanno partecipato giovani provenienti dalla Campania e dalla Basilicata.
Gli ambiti espressivi erano aperti, dal teatro alle arti visive, dalla musica all’art design fino al writing… si è creato insomma un laboratorio di conoscenza in cui i giovani hanno avuto l’opportunità di incontrarsi e confrontarsi, attivare relazioni e maturare la voglia di lavorare assieme. Questa esperienza ci ha permesso di tastare il polso di quello che "brulica" sul territorio.
Quale è il bilancio conclusivo che sente di fare?
Se volessi chiudere con uno slogan direi che se si investe in relazioni i cittadini ci sono, rispondono, in maniera a volte sorprendente anche rispetto alle aspettative.
Il Creative Camp, ad esempio, tenderà a diventare un appuntamento annuale, uno strumento attraverso cui portare alla luce un sommerso di grandissimo pregio, parliamo di ragazzi che raggiungono punte di eccellenza e qualità nelle arti con le quali si esprimono.