Fobie da epayment, Adiconsum: “Curiamole con l’educazione finanziaria”
Le ragioni le nostro ritardo possono essere molte, ma in sintesi possono riassumersi in: cultura, conoscenza, paura. La cultura degli italiani è per il “pezzo di carta”, vale per le banconote, per gli assegni, per le cambiali. Abbiamo bisogno di toccare per sentirci sicuri, per pensare di avere tutto sotto controllo
18 Aprile 2016
Fabio Picciolini, Adiconsum
Gli strumenti digitali di pagamento sono sempre meno il finalino di coda nelle scelte dei consumatori italiani, come dimostra il nuovo balzo in avanti delle transazioni del 5,6 per cento, raggiungendo così la cifra di 164 miliardi di euro. Le motivazioni sono tante e tutte partecipano a sviluppare questo tipo di pagamenti.
- Lo Stato, verso cui sono effettuati poco meno del cinquanta percento dei pagamenti, sta portando avanti una digitalizzazione sempre più forte, per cui imprese e cittadini (pur se in maniera che sembra ancora inferiore) possono utilizzare mezzi di pagamento alternativi alla carta moneta.
- Lo sviluppo dell’online banking che consente di svolgere a milioni di clienti, sostanzialmente tutte le operazioni bancarie d’incasso e pagamento.
- L’ingresso sul mercato di nuovi strumenti di pagamento, di nuove tecnologie e di nuovi soggetti – che si affiancano alle tradizionali carte di credito, ai pagamenti on line, alle banche – quali il mobile payment, il contactless, le carte di credito virtuali, il peer to peer, i grandi operatori di e commerce e quelli telefonici.
- Le norme che a livello europeo e nazionale spingono per l’utilizzo delle carte di pagamento: riduzione delle commissioni, maggiori tutele per i consumatori, obbligo di accettazione. Norme che comprendono anche la tracciabilità dei pagamenti e la lotta al riciclaggio di denaro illecito. Norme che saranno ancora più decisive con l’introduzione della nuova Direttiva sui sistemi di pagamenti elettronici (PSD2), che consentirà a consumatori, commercianti, altri operatori di avere norme giuridiche più chiare, economie di scala, trasparenza delle condizioni, dell’informazione, di diritti e doveri più chiari per i prestatori dei servizi e per i consumatori.
Motivazioni a cui se ne potrebbero aggiungere molte altre, globalizzazione dei mercati, turismo, scelte di singole imprese di preferire il pagamento on line, il costo di gestione del contante valutato complessivamente in otto miliardi di euro l’anno. È sufficiente tutto questo per sviluppare definitivamente i pagamenti digitali e recuperare il ritardo che ci separa dagli altri paesi? Probabilmente no. Le ragioni possono essere molte, ma in sintesi possono riassumersi in: cultura, conoscenza, paura. La cultura degli italiani è per il “pezzo di carta”, vale per le banconote, per gli assegni, per le cambiali. Abbiamo bisogno di toccare per sentirci sicuri, per pensare di avere tutto sotto controllo.
Cultura e conoscenza sono affini e comunque connesse. È la mancanza di conoscenza che non ci fa pensare quanto sia superata la scelta del “pezzo di carta”. I pagamenti digitali sono più semplici da usare (quanti accettano una moneta da 200 o 500 euro senza cercare di evitarla); offrono più sicurezza di quelli cash (quante le denunce per il furto di un portafogli); fanno correre meno rischi (non possono essere fatti da altri se sono correttamente gestite le misure di sicurezze intrinseche nello strumento); consentono una migliore gestione del bilancio familiare (è difficile ricordare quanto, dove e perché si sono spesi i soldi in contanti); sono possibili ovunque sia per pagamenti di beni e servizi sia per prelievo di denaro contante; sono, infine, maggiormente tutelanti per il possessore.
Proviamo solo a pensare a una contestazione su un pagamento. A chi potremo contestare la perdita di denaro liquido, come potremmo sapere dove è successo e come potremmo averlo indietro. Per un pagamento digitale ciò è possibile: possiamo sapere se un determinato pagamento è stato portato a termine in maniera corretta, abbiamo la certezza di dove è avvenuto essendo il pagamento tracciato e quindi potremo averlo indietro in un eventuale contenzioso.
Infine, le paure. La più rilevante è la presunta mancanza di sicurezza nei pagamenti digitali, poi la paura di perdere o di non saper utilizzare il mezzo di pagamento. Paure legittime, ma con un fondo di verità veramente piccolo. La sicurezza dei mezzi di pagamento ha raggiunto livelli molto alti, gli investimenti per migliorarli sono notevoli. Truffe, furti d’identità, frodi, certamente esistono e non possono essere negate, ma sono nell’ordine dello “zero virgola” rispetto alla massa di pagamenti effettuati ed esistono molti mezzi di autodifesa e di tutela. La perdita è tutelata essendo sufficiente bloccare la carta e nessuno potrà più utilizzarla e, se per caso, fosse già avvenuto, salvo una franchigia, sarà restituito quanto fraudolentemente utilizzato da terzi non autorizzati. Infine, per la difficoltà di utilizzo, basta provare una volta e comprenderne la semplicità.
Mancanza di conoscenza e paure chiamano in causa le tutele per il possessore/utilizzatore di uno strumento di pagamento digitale.
La prima è l’autodifesa. Non serve una particolare preparazione per usare una carta di pagamento o uno smartphone o fare un bonifico on line. È sufficiente avere cura del mezzo di pagamento scelto, separare carta e codice segreto, bonifico e le password, usare codice o password lontano da occhi indiscreti. Se l’autodifesa non è stata sufficiente, ci sono altri mezzi, partendo dal blocco della carta o dell’ordine effettuato. Abbiamo tra le migliori Forze dell’ordine in materia informatica, dalla Polizia Postale, alla Polizia di Stato, alla Guardia di Finanza, com’è generalmente riconosciuto; possiamo ricorrere contro chi ha utilizzato fraudolentemente la carta o ha dato corso a un pagamento online in maniera errata, possiamo avere indietro quanto fraudolentemente sottrattoci.
Se neppure questo è sufficiente ci sono organismi di secondo livello, ed in particolare, l’arbitro bancario finanziario (a cui tutti gli intermediari obbligatoriamente devono aderire) a cui rivolgersi per presentare una contestazione. Organismi che non solo prevedono, in caso di vittoria del consumatore, la restituzione di quanto illecitamente perso o erroneamente eseguito, ma, in vari casi, anche il riconoscimento economico del danno subito. Se anche tutto questo non fosse sufficiente, rimane sempre il ricorso alla Magistratura.
Se cultura, conoscenza e paure dovessero essere sintetizzate ancor di più si potrebbe affermare che è necessario sviluppare sempre più e meglio l’educazione finanziaria. L’educazione finanziaria consente di divulgare un’informazione di base (alfabetizzazione) anche sui nuovi mezzi di pagamento digitali.
Chiaramente deve esser somministrata in maniera corretta e professionale e, possibilmente, non per fini commerciali. Consente di far conoscere possibilità magari inesplorate, come ad esempio, l’utilizzo degli smartphone nelle operazioni bancarie; fa comprendere come si abbrevino le distanze rispetto ai pagamenti tradizionali; fa capire il risparmio di tempi e costi; permette di mettere in guardia dai rischi; consente di mettere in concorrenza i vari operatori con il conseguente miglioramento della qualità e l’abbassamento dei costi per i servizi prestati.
I pagamenti digitali sono un’opportunità, non un obbligo, Chi vuole può rimanere ancorato ai pagamenti tradizionali, non c’è però alcun motivo per non provarli e per non coglierne i vantaggi.