Fat o lean? Quale sia il modello per le smart cities la sfida è sui dati

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Il futuro degli ambienti urbani si giocherà sulla capacità di gestire l’ingestibile. I cittadini si aspettano servizi sempre più evoluti che richiedono l’elaborazione di moli enormi di dati eterogenei: dal traffico, alla temperatura, dalla geologia, ai parametri individuali (età, condizione fisica, stile di vita). Giovanni Menduni direttore dell’Area di Coordinamento Innovazione del Comune di Firenze propone una interessante riflessione – a partire dall’esperienza del capoluogo toscano –  sulla contrapposizione tra visione "fat"  (infrastrutture, banda, tecnologia) e "lean" della smart city (sostenibità ambientale, semplificazione, vivibiltà).

30 Agosto 2012

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Giovanni Menduni

Il futuro degli ambienti urbani si giocherà sulla capacità di gestire l’ingestibile. I cittadini si aspettano servizi sempre più evoluti che richiedono l’elaborazione di moli enormi di dati eterogenei: dal traffico, alla temperatura, dalla geologia, ai parametri individuali (età, condizione fisica, stile di vita). Giovanni Menduni direttore dell’Area di Coordinamento Innovazione del Comune di Firenze propone una interessante riflessione – a partire dall’esperienza del capoluogo toscano –  sulla contrapposizione tra visione "fat"  (infrastrutture, banda, tecnologia) e "lean" della smart city (sostenibità ambientale, semplificazione, vivibiltà).

L’innovazione è un processo tipicamente discontinuo. Risente delle spinte della cultura, della scienza, della tecnologia e procede (lo ha fatto per tutto il corso della storia) a folate, a gradini. Questi anni, questo anno in particolare, corrisponde a uno di quei gradini, soprattutto per la dinamica dei sistemi urbani. Il fatto che si parli tanto di smart city, dipende sostanzialmente da questo.

Il Comune di Firenze, nel marasma di una crisi economica che non aiuta i processi di innovazione, vuole capire, scegliere e agire. E fare il più possibile immediatamente, subito, adesso. Perché in questi mesi, in questo anno, si può scegliere di scegliere, oppure non scegliere e farsi trascinare dal mainstream delle proposte commerciali “chiavi in mano” dei grandi players industriali. Con le conseguenze del caso.

I modelli di sviluppo sono molteplici, da quelli minimalisti come ad esempio la “lean city” che punta a pochi interventi, semplici, efficaci e immediatamente misurabili, mirati soprattutto alla sostenibilità ambientale, ad approcci via via più infrastrutturati. Conviene rivedere rapidamente tendenze generali che, secondo la nostra percezione, possono essere ricondotte ad alcuni elementi chiave.

Mobile, dati e cloud

L’incremento esponenziale del traffico internet mobile, associato al simmetrico tramonto di quello da PC è un fenomeno che sta già cambiando stili di vita e di consumo. Ma anche e soprattutto la filosofia di comunicazione, di partecipazione alla politica e alla vita collettiva. Una filosofia che si caratterizza primariamente in un forte incremento della necessità di contatto tra cittadini e sistema pubblico.

Va da se che il “pubblico” ha l’occasione unica, irripetibile, di riposizionarsi come elemento di trasparenza, affidabilità, capacità di dialogo in un mare magnum nel quale tutto tenderà ad essere paradossalmente sempre più incerto e confuso. Questo è il primo elemento.

La transizione al mobile spingerà, come di fatto accade già adesso, un grande volume di calcolo e di storage su piattaforme cloud, sulle quali confluiscono tra l’altro massivamente (e sarà sempre più così) le informazioni “passive” (oltre a quelle attive) dei dispositivi mobili, con l’effetto di una impressionante capacità di riconfigurazione dei servizi da parte di gestori e fornitori

Open e Big data

La questione dei dati, anzi dei “contenuti” pubblici diventa così cruciale. Dati aperti, liberi, gratuiti ma soprattutto affidabili, certificati e aggiornati, in grado di essere veramente motore e supporto di sviluppo economico, culturale e di democrazia. E di sostenibilità ambientale. Questo è il secondo elemento sul quale riteniamo utile fare un esempio.

La mobilità sulle aree metropolitane, per essere efficiente, deve essere flessibile e dunque intermodale. Sistemi come carpooling, uso dei mezzi pubblici su gomma e su rotaia, bikesharing e, non ultimo, il semplice camminare, devono essere efficientemente integrati, mixabili con ricette personalizzate che tengano conto, oltreché dei capi dello spostamento, dell’età, dello stato di salute, della tipologia del passeggero, oltreché delle condizioni climatiche e di traffico.

Questa problematica attiva una serie di questioni che stanno su livelli di complessità superiori a quanto Google Map spossa offrire (almeno ora come ora) e ha peraltro offerto sinora anestetizzando e surrogando, seppure con una certa efficienza (e un immenso giro di business), una oggettiva e generalizzata carenza (o assenza) di smartness locale.

Non appare dunque casuale che il nuovo operativo mobile iOS 6 (che vedrà la luce in autunno) segni l’abbandono di Google Maps da parte di Apple per approdare a OpenStreetMap, affidando virtualmente (nella fattispecie) la gestione dei sistemi di trasporto (soprattutto pubblico) a terze parti.

È un aspetto sul quale si andrà a giocare una partita vitale (questo è il secondo punto) nella quale la nicchia dei dati necessari, deve essere occupata tempestivamente affinché le informazioni risultino pubbliche e gratuite e si possano confermare, per aggiornamento, completezza e disponibilità, come il drive di sviluppo di nuovi servizi alla città.

Fat o lean?

Si apre qui una ulteriore questione che appare, almeno nel nostro Paese, incredibilmente trascurata. Si può parlare di modelli “fat (o hard) smart”, ove si propone la proliferazione di sensori e tecnologia, contrapposti a modelli “lean (o soft) smart” di cui si è detto poc’anzi. La questione è che il “fat” costituisce purtroppo una realtà di fatto, anzi “la” realtà dei prossimi tre anni con la quale bisogna fare immediatamente i conti.

Le città, già adesso, producono un sacco di dati. Anzi, diciamola meglio: sono i tanti, diversi soggetti che condividono gli spazi urbani, a produrre un sacco di dati. I temi cui siamo abituati, questioni amministrative, dati del territorio, informazioni economiche, sono soltanto la punta dell’iceberg. Ma è davvero la punta. Poi c’è un immenso sommerso prodotto anche da privati, aziende, cittadini, social, un delirio indistinto e in fortissima crescita.

"Lenzuolate" di dati che, nonostante la migliore buona volontà, sfuggono alla normale logica degli open data, strumento solido di democrazia partecipata che, forse per le sue caratteristiche intrinseche, pare già drammaticamente “seduto” su tempi e modi di pubblicazione (e di consultazione) appena nati, o addirittura in gestazione o lì lì per essere partoriti, eppure già vecchi e affannati.

Ogni dato è connotato da una scala spaziale di riferimento e da una frequenza di aggiornamento. Si va su e giù muovendosi per ordini di grandezza. La geologia, ad esempio, varia poco e interessa migliaia di chilometri quadrati. La temperatura a un sensore cambia invece alla scala dei secondi e interessa soltanto quel punto o poco più. Per promuovere la mobilità sostenibile occorrono, per fare un esempio, mappe termiche, pluviometriche, del vento oltre allo stato e la posizione dei vettori, in tempo reale e in nowcasting (cioè in termini di previsioni tra zero e poche ore), che aiutino indirizzare la scelta di mezzi e itinerari. Matrici e matrici di informazioni (che si aggiungono di continuo l’una all’altra) a formare, assieme a tutto il resto, un bailamme ove i “tera” scoloriscono rapidamente per lasciare il posto agli “exa” e così via.

L’aumento del volume dei dati e, soprattutto, la loro eterogeneità è “il” fenomeno, la sfida, il campo di gioco di questi anni. The age of Big data, è l’emblematico titolo di un articolo uscito a febbraio sul New York Times, dove il termine “unstructured”, come leggiamo ormai ovunque, è posto quasi a sinonimo di “big”. Sulla gestione dell’ingestibile, insomma, si giocherà la partita.

Firenze oggi

Qual’è il modello di “smart innovation” per Firenze? Lean, senseable, sustainable, green, regenerative, smartgrid oriented, CO2 footprint reducing? Sarebbe divertente tracciare la mappa delle diverse tendenze e trovare la posizione della città nello spazio dei parametri. Partiamo dalle cose fatte, anche se non è facile essere esaustivi.

Firenze, 360.000 abitanti al centro di un’area metropolitana complessa e frammentata che sfiora il milione di cittadini e con la quale è fortemente interconnessa, con mille legami economici, funzionali e infrastrutturali. Un carisma storico e culturale di livello mondiale connesso a un centro storico patrimonio dell’umanità, punto di interscambio quotidiano di miriadi di storie e culture, straordinario motore economico e, al contempo, produttore di rigidità di ogni genere per qualsiasi intervento di sviluppo si possa immaginare.

La prima azione è stata portata sul piano delle infrastrutture. La frontiera del digital divide si è già spostata in avanti rispetto all’ADSL. La città dispone di un doppio anello a 2,5 Gbytes che connette le sedi comunali e che opera a servizio di altre istituzioni cittadine, come l’Università.  Su questo anello, in collaborazione con il GARR, si sta giocando la partita della banda ultralarga, con un programma di connessioni oltre cento Mb/s a partire (tanto per iniziare) dalle nostre scuole.

Ma è importante, in una visione più generale, la chance già aperta verso il cloud computing che vede, nella larghezza della banda, la premessa essenziale. In questo senso si stanno valutando diverse soluzioni, anche alla luce della spending review. Studi condotti dal Comune prevedono forti margini di risparmio attraverso il trasferimento di servizi verso datacenter esterni, a partire da quelli di posta elettronica (che avverrà a breve), ma anche mediante la progressiva virtualizzazione delle postazioni di lavoro, con il relativo software di ufficio. Anche su questo, entro l’anno, si provvederà con un primo lotto di postazioni.

Sul fronte del mobile si è puntato sulla federazione degli access point pubblici. Già oggi sono  500 tra Comune, Provincia, Università, che hanno condiviso, ben oltre la splash page, le credenziali di accesso. Questo sistema, già aperto ai privati, tende ad limitare il moltiplicarsi di servizi sul territorio, inquadrando l’entrata nella “città mobile” attraverso un gate di ingresso il più possibile unitario. Non è una partita che si gioca solo e principalmente sulla connettività che, comunque, è pensata anche per i servizi M2M (machine to machine) come, ad esempio, i sensori.

La nostra pagina iniziale, pur consentendo visibilità a colui che offre il servizio (e l’accesso diretto a un walled garden riservato), propone un vasto insieme di contenuti, già strutturati per essere sensibili al contesto geografico e al profilo utente. Al contempo si può effettuare il login utilizzando una vasta gamma di credenziali, e navigare liberamente.

Questi aspetti di carattere infrastrutturale costituiscono la spina dorsale sulla quale, come si è detto, stiamo appoggiando i processi di innovazione legati ai dispositivi. Non si tratta solo di smarphone o tablet, ma anche di reti di sensori fissi e mobili. Su questo aspetto siamo fortemente impegnati, ad esempio, sulla sperimentazione di wireless sensor network per i servizi museali di Palazzo Vecchio.

Il Comune ha poi lanciato quest’anno una forte politica verso gli Open data sicché oggi è accreditato come terzo soggetto nazionale per numero di dataset pubblicati (ben oltre 300), alle spalle di ISTAT e Regione Piemonte. Diversi insiemi geografici hanno caratteristiche dimensionali relativamente rilevanti come, ad esempio, gli alberi, georeferenziati via GPS e riportati con la loro specie, oppure il modello digitale della superficie del terreno (DSM, DTM e relative elaborazioni hillshade) rilevato con metodologia laser doppler con passo a 1 metro per l’intero territorio comunale. È tuttavia interessante segnalare alcuni aspetti specifici, tra i quali il wiget Open bilanci, che consente una intuitiva analisi della dinamica del bilancio nel corso degli anni, anche nell’ottica di un benchmarking nazionale, sul quale è in fase di ultimazione un approfondimento fino al livello della singola fattura. In forte sviluppo anche l’area linked data.

Si è proceduto, a partire dal 2009, ad una ulteriore estesa pedonalizzazione del centro cittadino, incrementando sensibilmente le vie e le piazze interdette al traffico e portandole a quella che molti definiscono l’isola pedonale più importante d’Italia e che comunque implica un valore di circa 40 ettari di superficie stradale netta (e nevralgica) restituita a pedoni e biciclette.

Questo fatto ha sensibilmente modificato l’assetto della mobilità, favorito anche dallo sviluppo di infrastrutture dedicate alla ciclabilità. Contemporaneamente è stato potenziato il trasporto pubblico anche con un programma di “fermate digitali intelligenti “ (90 entro il 2012) e la possibilità di acquistare il biglietto via SMS. Il pagamento di tutti i parcheggi struttura, per accelerare l’intermodalità, è possibile utilizzando direttamente il telepass, senza alcuna operazione all’ingresso o all’uscita.

Nel 2011, il Comune di Firenze ha operato con 108 servizi online, 10.000 utenti complessivamente registrati, 2,21 Milioni di contatti all’area servizi del sito, 55000 transazioni online per un fatturato di 5,4 M €. E’ in corso di rilascio una APP per ottimizzare il rapporto tra ciascun cittadino e l’Amministrazione. In particolare la Scuola costituisce uno degli elementi strategici di Firenze smart. Le scuole on line sono oltre 200, con un nuovo strumento di interazione 2.0, in corso di pubblicazione sugli Apple store e Android market.

Una rassegna, quella che abbiamo presentato, senz’altro parziale, che tuttavia vuole dare la sensazione del percorso di innovazione che abbiamo intrapreso. Ogni città ha la propria vocazione, e non è particolarmente fruttuoso l’andare a stilare classifiche di smartness. I risultati, purtroppo, emergeranno da soli, a breve, nelle nostre città e aree metropolitane in termini di qualità della vita, di sviluppo economico, di democrazia e partecipazione. Noi contiamo di farcela e, quanto meno, ce la stiamo mettendo tutta.


Giovanni Menduni è direttore dell’Area di Coordinamento Innovazione del Comune di Firenze

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