Divario di genere: tra Italia e resto del mondo. L’incontro organizzato al Forum PA da Wister ha prodotto proposte interessanti

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Tra i numerosi appuntamenti del FORUM PA 2014, ha suscitato forte interesse e riscontrato molta partecipazione l’evento pensato da Wister con tre tavoli di lavoro, concentrati rispettivamente sull’analisi di: linguaggio e comunicazione di genere, lavoro e occupazione, divario digitale di genere.
L’Italia troppo spesso è in fondo alle classifiche come dimostrato da studi, indicatori, report, sia a livello nazionale che europeo. Dopo un’introduzione al tema e la descrizione dei dati (in particolare il Global Gender Gap Report dell’OCSE e gli Indicatori europei per l’Agenda Digitale) si sono analizzate e discusse proposte concrete per recuperare il divario segnalato dagli indicatori.

4 Giugno 2014

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Ilaria Dioguardi

Tra i numerosi appuntamenti del FORUM PA 2014, ha suscitato forte interesse e riscontrato molta partecipazione l’evento pensato da Wister con tre tavoli di lavoro, concentrati rispettivamente sull’analisi di: linguaggio e comunicazione di genere, lavoro e occupazione, divario digitale di genere.
L’Italia troppo spesso è in fondo alle classifiche come dimostrato da studi, indicatori, report, sia a livello nazionale che europeo. Dopo un’introduzione al tema e la descrizione dei dati (in particolare il Global Gender Gap Report dell’OCSE e gli Indicatori europei per l’Agenda Digitale) si sono analizzate e discusse proposte concrete per recuperare il divario segnalato dagli indicatori.

Linguaggio e comunicazione di genere

Dopo un’introduzione ai lavori di Flavia Marzano, Presidente degli Stati Generali dell’Innovazione e fondatrice di Wister, hanno avuto inizio gli open talk.
Il tavolo di lavoro su Linguaggio e comunicazione di genere, coordinato da Piero Dominici, ha visto la partecipazione, tra le donne della rete Wister, di Franca Nardi, Anna Lacci, Rosa Maione, Tiziana Medici.
“La discriminazione di genere si realizza ad un primo livello che è assolutamente fondamentale: quello del linguaggio e, più in generale, della comunicazione”, afferma Dominici. “Si tratta di una discriminazione in primo luogo semantica, legata ai concetti, alle parole ed ai loro possibili utilizzi. Nell’affrontare il prisma degli stereotipi e dei luoghi comuni dobbiamo fare i conti con la debolezza dei codici deontologici e/o delle vecchie etiche dell’intenzione che, pur importanti, si dimostrano non più adeguati ad abbracciare la complessità della prassi comunicativa e informativa. La questione non si pone soltanto in termini di ‘tecnica della comunicazione’. Occorre fornire ai decisori, e a tutti i soggetti coinvolti, gli strumenti necessari per progettare e valutare sempre meglio forme e modalità del comunicare, tenendo in considerazione valori e principi fondamentali e soprattutto rafforzando la consapevolezza che certa comunicazione può produrre, alimentare proprio quegli stereotipi e quei luoghi comuni che tenta di decostruire”, dice Dominici.
Nel campo delle tematiche di genere e, più in generale, delle pari opportunità il tavolo di lavoro ha evidenziato come, pur avendo la discussione pubblica fatto registrare significativi passi avanti, ci sia ancora molto da lavorare e su più livelli problematici. Le varie forme di discriminazione godono ancora di un livello di legittimazione e accettabilità sociale inaccettabili. Carta stampata, media, pubblicità fanno ancora largo uso di formule retoriche, topiche della narrazione, immagini, luoghi comuni che contribuiscono, talvolta inconsapevolmente, a rafforzare stereotipi non semplici da sradicare dal nostro sistema di orientamento valoriale e conoscitivo. Ragionare su linguaggio e comunicazione significa ragionare sulle basi dei modelli culturali e delle relative rappresentazioni/percezioni. L’obiettivo è stato anche – e soprattutto – quello di arrivare alla definizione e traduzione operativa delle delicate questioni affrontate.
Dal dibattito sono emerse alcune proposte per cercare di risolvere il problema della discriminazione di genere nella comunicazione.
Sul piano dei contenuti, nella consapevolezza della debolezza di strumenti come codici deontologici e linee guida, si è pensato di riflettere sulla possibilità di realizzare una nuova carta deontologica sul tema del “genere”. Si è, inoltre, pensato all’ideazione di campagne di comunicazione insieme ad altri soggetti.
Tre soluzioni sono state studiate, invece, sul piano dei processi. Prima di tutto, la formazione dei facilitatori: sono necessari interventi mirati, bisogna puntare sulla formazione per aumentare la consapevolezza degli addetti ai lavori. Secondo, bisogna ribadire la centralità delle scuole e l’importanza dell’istruzione informale, dando vita ad azioni funzionali, in maniera particolare, all’obiettivo della formazione di “leaders d’opinione” (maestri, insegnanti ecc.), che devono essere coinvolti nella definizione e progettazione degli eventi, non soltanto obiettivi delle azioni. Terzo ed ultimo, si propone il coinvolgimento nelle azioni di scuole, istituzioni e associazioni, ragionando nella logica di network.

Lavoro e occupazione

Il lavoro per le donne in Italia è ancora un lavoro con la l minuscola, per il livello di occupazione che esse raggiungono, ma anche per le caratteristiche che possiede, quando si trova, il lavoro. Hanno ragionato sull’argomento, insieme alla coordinatrice del tavolo Roberta Bortolucci, tra gli altri Luciana D’Ambrosio Marri, Loretta Campagna, Ilaria Dioguardi, Edi Marrocu.
I dati Istat sull’occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni in Italia mostrano un’occupazione femminile naturalmente al di sotto di quella maschile in percentuale, anche se l’andamento negli anni, partendo dal 1993 ad oggi (l’ultimo dato disponibile è del 2013), mostra il lavoro femminile tenere di più di quello maschile. Tutto questo è spiegabile per la presenza nel mondo del lavoro di un’occupazione femminile che doppia i lavori domestici o le incombenze prettamente legate al ruolo della donne nella famiglia, per la loro presenza nei servizi e per la maggiore disponibilità da parte delle donne di accettare lavori meno retribuiti e più precari, spesso per poter vivere a fronte della perdita di occupazione del marito.
Il tavolo di lavoro si è concentrato su due focus:  donne/lavoro/salute e le posizioni apicali delle donne nella PA.
Per quanto riguarda il primo, si è portata la testimonianza dell’associazione Pagaie Rosa Dragon Boat Onlus, composta da donne operate di tumore al seno che svolgono la pratica sportiva del Dragon Boat e la cui finalità è dimostrare che il tumore al seno non le ha vinte, ma si è trasformato in un’opportunità di coraggio e di nuova vitalità. Il racconto delle difficoltà riscontrate, nel mondo del lavoro, dopo la diagnosi della malattia e dopo l’operazione, è stato supportato dall’elaborazione dei risultati del questionario somministrato alle associate sul tema malattia-lavoro.
Il secondo focus è partito da un dato: a livello europeo, l’Italia si pone al di sotto della media EU in cui le donne sono il 30% nel I° livello (il 26% in Italia) e il 39% al II° livello (32% in Italia).
I partecipanti all’open talk hanno studiato alcune soluzioni per risolvere il problema dell’occupazione femminile.
Partendo dalla constatazione che il settore geomatico italiano ha potenzialità di sviluppo consistenti ed inespresse, una proposta enunciata al tavolo consiste nell’indagine del settore (nel pubblico, nel privato, nella formazione e ricerca) nell’ottica di “valorizzazione di genere”, con l’obiettivo di trovare aspetti di genere da migliorare.
Altra proposta riguarda il coworking, anche con l’obiettivo di migliorare il working balance, il bilanciamento tra la vita familiare ed il lavoro. A Roma, nel V° municipio, è stato creato un modello di coworking, si propone di estenderlo ad altri municipi della città ed anche ad altre città.
Durante l’incontro al Forum PA sono stati presentati i risultati del questionario compilato dalle socie dell’associazione Pagaie Rosa Dragon Boat Onlus. Dall’analisi si è arrivati ad una proposta per migliorare la qualità di vita delle donne per quanto riguarda il rapporto lavoro-malattia. Si avverte la necessità di aumentare l’informazione sulla possibilità che ogni ammalato ha di essere aiutato durante la malattia, dal punto di vista economico e non solo.
Inoltre, si propongono: l’istituzione da parte dell’INPS di un canale di accesso più semplice, meno burocratico e più accessibile; l’apertura di sportelli informativi all’interno dei consultori sul tema donne-malattia-lavoro; coaching di attività per aiutare il miglioramento della qualità di vita delle donne che hanno o hanno avuto problemi di salute.
Per concludere, si propone una formazione per le aziende, sia per neo assunzioni sia gestionale, attenta all’inclusione e al rispetto dei generi e per agevolarla se ne propone la defiscalizzazione.

Digital divide

Coordinato da Emma Pietrafesa, il tavolo di lavoro ha visto la partecipazione, tra le persone della rete Wister, di Filomena Tucci, Gerardo Greco, Leda Guidi e Laura Strano.
Analizzando gli scoreboard europei , si è potuto constatare che le donne nel settore delle tecnologie dell’informazione e comunicazione (ICT) rappresentano ancora solo il 30% della forza lavoro, sebbene le aziende con più figure femminili ai posti di comando siano più redditizie del 35% e assicurino ai propri azionisti il 34% in più di utili. Uno studio della Commissione europea afferma che attraverso un’inversione di tendenza e una percentuale femminile nel comparto digitale pari a quella maschile, il PIL europeo registrerebbe un incremento di circa 9 miliardi di euro l’anno; inoltre rispetto alle colleghe in altri comparti economici, le lavoratrici del settore guadagnano quasi il 9% in più e godono di maggiore flessibilità nello svolgimento della propria attività. Perché il divario è ancora così evidente in Europa e ancor più in Italia? Cosa serve per spingere le donne verso le professioni digitali e un uso consapevole della Rete e della tecnologia? Come abbattere le barriere interne ed esterne all’accesso delle donne nel settore ICT?
Si è cercato di dare una risposta concreta a questi interrogativi. Tra le possibili soluzioni del gruppo di lavoro, la proposta FEM-Innovation (Innovazione di genere). Decenni di dominazione maschile a Silicon Valley hanno fatto sì che questo settore acquisisse tratti intrinsecamente mascolini. Il principio ormai consolidato della “compatibilità” (matching principle) necessita che il piccolo numero di donne che riescono ad accedere all’ambiente ICT pensino, agiscano ed innovino in una maniera compatibile. Le donne dovrebbero essere motivate a creare il loro posto nell’ICT, nel quale possano liberamente innovare in un modo femminile senza doversi allineare a codici prestabiliti. Si propone che in una città prescelta vengano messe in atto Azioni Affermative sperimentali a beneficio delle donne, così che in tutti i progetti ICT sostenuti dalla PA per i prossimi 5 anni venga data la preferenza ad organizzazioni, progetti e finanziamenti a giovani donne che si ispirano ai tratti sociali femminili.
Si è parlato anche della dimensione territoriale digitale come ambiente abilitante e medium civico per lo sviluppo della parità di genere. Una delle soluzioni al digital divide sarebbe il riconoscimento di una dimensione territoriale proattiva progettuale: strategica per il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi fino al 2020. Per questo sarebbe più che mai necessario – a livello nazionale – fare sistema con i territori e con le esperienze locali che sperimentano nuovi modelli di governance nello sviluppo digitale delle comunità.
Altra proposta è quella di istituire uno sportello digitale informativo e di supporto in ogni PA con progetti differenziati per fascia d’età.

L’evento si è concluso con l’auspicio che entro il Forum PA 2015 almeno alcune delle tante proposte elaborate dai tavoli di lavoro trovino attuazione per eliminare, o almeno diminuire, il divario di genere in Italia.

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