Verso il Fascicolo Digitale del Cittadino: ecco come (e a che servirà)

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2 Dicembre 2015

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Roberto Moriondo, Rappresentante delle Regioni nel Comitato di indirizzo Agenzia per l'Italia Digitale

L’articolo 1, comma 1, della Riforma della Pubblica Amministrazione recita: “… garantire ai cittadini e alle imprese, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalità digitale …”.

Si tratta della definizione di cittadinanza digitale che rilancia quella sfida ormai storica alla PA che fu Franco Bassanini, alla fine dello scorso millennio, a lanciare, imponendo l’obbligo di non richiedere al cittadino e alle imprese dati, informazioni e documenti già in suo possesso, lasciando la possibilità di richiedere al cittadino solo l’autocertificazione dei dati o dei documenti che gli uffici pubblici non erano in grado di acquisire autonomamente.

Da allora la quantità di autocertificazioni che i cittadini hanno dovuto presentare è sempre aumentata, al punto che negli ultimi anni sono intervenute modifiche normative che hanno rafforzato per gli uffici pubblici l’obbligo di acquisire in via autonoma dalle pubbliche amministrazioni titolari le informazioni richieste.

Adesso però l’asticella viene ulteriormente alzata e si dovrà garantire al cittadino stesso l’accesso ai propri dati detenuti dalla PA.

Contestualmente l’Agenda Digitale Italiana prima e la strategia crescita digitale poi hanno introdotto alcune innovazioni che dovrebbero rendere più agevole il raggiungimento di questo sfidante obiettivo.

Il primo elemento utile, ormai prossimo alla messa in produzione, è il sistema pubblico di identità digitale (SPID), che consente di identificare e in modo univoco, sicuro e standard l’identità del cittadino che accede ai servizi e ai dati, garantendo quindi la possibilità di accedere solo alla sua profilazione.

Il secondo elemento, che sarà disponibile nel corso del 2016, è l’anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), ovvero, un unico sistema che contiene le informazioni anagrafiche dei cittadini, ma soprattutto registra in modo univoco le variazioni ed è in grado di renderle disponibili istantaneamente a tutte le pubbliche amministrazioni ed ai cittadini stessi.

Il terzo elemento, disponibile sempre nel corso del 2016, è il fascicolo sanitario elettronico (FSE), l’insieme cioè delle informazioni sullo stato di salute del cittadino, contenente inizialmente il patient summary (sintesi dello stato di salute del paziente) e i referti di laboratorio (esami del sangue tipicamente), interoperabile a livello nazionale e quindi accessibile dagli operatori di settore e dal cittadino.

I tre elementi singolarmente hanno un valore importante ma non dirompente, uniti invece disegnano il nucleo di base del fascicolo digitale del cittadino e assumono un rango di sistema assolutamente rivoluzionario.

Un documento politico della Conferenza delle Regioni e Province Autonome del 5 agosto 2014 ha indicato nel fascicolo digitale del cittadino una delle quattro azioni leader (le altre sono le competenze digitali, la banda ultra larga e la ridefinizione dei servizi della PA) indispensabili per attuare le agende digitali dello stato e delle regioni.

In questi giorni le stesse Regioni e Province Autonome hanno ribadito in modo unitario alla Funzione Pubblica, che coordina il comitato di pilotaggio dei piani operativi nazionali (PON) della programmazione 2014-2020, la richiesta di lavorare in collaborazione con tutte le amministrazioni interessate all’interno del PON proprio, ma non solo, sul fascicolo digitale del cittadino.

Vediamo concretamente cosa si intende quando si parla di fascicolo digitale del cittadino.

Si tratta del più importante e significativo servizio che si possa inserire in ItaliaLogin, la nuova piattaforma per l’accesso unitario alla PA prevista dalla strategia crescita digitale e rilanciata con forza dal Presidente del Consiglio nell’ Italian Digital Day dei giorni scorsi alla Reggia di Venaria.

Le Regioni e le Province Autonome nel loro documento propongono di declinarlo nella logica della crescita digitale del paese e quindi come una azione che offra anche importanti opportunità di sviluppo di servizi innovativi da parte del mercato.

Non più quindi la soluzione chiusa della PA che si occupa di tutti i bit che vanno dai propri archivi fino allo smartphone del cittadino – perché si è dimostrato essere impresa troppo ardua – ma piuttosto un ambiente aperto che il mercato potrà poi tradurre in offerta di dati e di servizi standard e sicuri.

Un utile disaccoppiamento fra back e front office, del primo se ne occupa la PA, definendo ed implementando regole per servizi e i dati che espone, del secondo il mercato che in tal modo può utilizzare tali dati e servizi per crearne sempre di nuovi ed originali anche per i privati.

Probabilmente nel passato la PA ha sbagliato nel tenere uniti i due ambienti, il back office infatti ha tempi di innovazione più lenti, essendo legato alla evoluzione del quadro normativo e alla cultura organizzativa della burocrazia, rispetto al front office che si può sviluppare in tempi brevi.

Le così dette app, oggi così diffuse sugli smartphone, solo sette anni fa non esistevano.

La condizione ideale è una PA che realizza un mockup a codice aperto di utilizzo dei servizi e dei dati in modo che il mercato possa facilmente creare una sua offerta partendo da quanto reso disponibile dalla PA.

Il cittadino dovrebbe quindi avere già nel 2016 il primo esempio di un proprio fascicolo digitale, al quale accedere in modo sicuro, tramite SPID, e semplice, tramite una delle app offerte dal mercato, dove sono disponibili il suo stato anagrafico e suo stato di salute a prescindere da quali siano le strutture che se ne sono occupate e se possibile conoscendo anche le informazioni di chi vi ha fatto accesso o apportato modifiche nella PA.

A seguire potrebbero essere inseriti diversi altri servizi e informazioni quali, a puro titolo esemplificativo, l’anagrafe tributaria, l’anagrafe del catasto, il fascicolo del lavoro, il fascicolo previdenziale, il possesso di automezzi e altro.

Sul piano tecnologico è quasi tutto pronto, esistono standard e implementazioni degli stessi, per ANPR e FSE i servizi di accesso per i cittadini sono previsti dalle norme, si tratta di condividere la visione, allineare le volontà politica e partire.

I benefici di una politica pubblica di questo tipo sono importanti per tutti:

  • per la PA che valorizza gli investimenti nel digitale fatti negli ultimi 20 anni, recuperando credibilità verso i cittadini e rispettando i dettami normativi;
  • per i cittadini che avrebbero trasparenza ed evidenza dell’operatività e dell’efficienza della PA nei suoi diversi livelli – locale, regionale e centrale – e che vedrebbero finalmente concretizzare il concetto di consenso al trattamento dati, potendolo modificare in modo standard, sicuro e semplice;
  • per il mercato per il quale si aprirebbero nuovi scenari e nuovi spazi dove nulla infatti vieterebbe di creare economia di scala nello sviluppo di servizi legati al fascicolo del cittadino.

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