Welfare: scintille di cambiamento in casa nostra
In un momento di crisi e di cambiamenti radicali nel modo di gestire la cosa pubblica anche il sistema di welfare è chiamato a mutare. Il welfare prima inteso come spesa per un’assistenza passiva deve divenire un investimento sociale fornendo alle persone le risorse per re-inventarsi utilizzando la creatività, l’innovazione e la collaborazione civica. Nulla di impossibile, come dimostrano esempi avviati in ogni angolo del pianeta, dalla Florida a Milano.
17 Aprile 2014
Martina Cardellini
In un momento di crisi e di cambiamenti radicali nel modo di gestire la cosa pubblica anche il sistema di welfare è chiamato a mutare. Il welfare prima inteso come spesa per un’assistenza passiva deve divenire un investimento sociale fornendo alle persone le risorse per re-inventarsi utilizzando la creatività, l’innovazione e la collaborazione civica. Nulla di impossibile, come dimostrano esempi avviati in ogni angolo del pianeta, dalla Florida a Milano.
Abitiamo un paese il cui tasso di iniquità sociale aumenta di anno in anno. Il Gini-Growing inequality impact, uno studio commissionato dall’Unione Europea, ci impone di riflettere sul fatto che l’Italia ospita divari urbani sempre più ampi. È ormai diffusa la consapevolezza che il sistema italiano di welfare necessiti di una importante riconfigurazione, sperimentando modelli più flessibili e più vicini ai bisogni attuali. Negli anni le nostre politiche per il sociale si sono consolidate assumendo una funzione essenzialmente riparativa. Abbiamo costruito un modello di welfare basato sull’assistenzialismo: un modello risarcitorio che relega la persona a una condizione inesorabile di passività, generando poverty traps e enforced dependency. Un modello che invece di colmare e sanare alimenta sacche crescenti di emarginazione sociale.
Dall’assistenza alla promozione
La sfida è mettere al centro i cittadini e renderli corresponsabili dei processi, abbandonando il paradigma assistenzialistico e puntando su un welfare inclusivo, capace di ingaggiare la persona direttamente, trasformandola da semplice destinatario assistito in risorsa. Investendo sulla partecipazione e la responsabilizzazione del cittadino, il welfare prima inteso come spesa per un’assistenza passiva diviene un investimento sociale. I soggetti, non più solo fruitori, sono coinvolti e si trasformano in interpreti attivi nella produzione del proprio benessere e dunque anche di quello collettivo. In quest’ottica i modelli di spesa sociale acquistano un valore nuovo, mutando da “safety nets to trampolines” (Torfing 1997): da reti di sicurezza a trampolini.
Un caso lontano
Il Welfare Transition Program è il neonato programma di welfare della Florida inaugurato lo scorso marzo dal governatore Rick Scott. Il progetto punta a trasformare il sistema di welfare in un vero e proprio strumento mobilitatore di risorse. Il focus del programma è l’empowerment dei cittadini che viene riconosciuto come ingrediente essenziale per il benessere, anche economico, dell’intera collettività.
Florida’s Welfare Transition (WT) program is designed to provide Temporary Cash Assistance (TCA) recipients with training, education, support services, and skills needed to gain unsubsidized employment. Work eligible TCA recipients are referred to the WT program and are provided an assessment of their skills, work history, and employability. […] Participants are then engaged in work activities that will enhance their work skills via job training at work sites or additional education. These activities are designed to help program participants gain skills and obtain employment needed to increase the likelihood of self-sufficiency[1].
Un caso vicino
È esattamente da queste considerazioni che è partito, nel corso del suo intervento al III Forum delle Politiche Sociali tenutosi lo scorso gennaio, l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano Pierfrancesco Majorino “È impossibile pensare a tagli al welfare nel 2014: una città che soffre, come Milano, non potrebbe sostenerli” aggiungendo poi, “dobbiamo imparare a lavorare sul sostegno all’autonomia a lungo termine di chi vive situazioni di disagio e povertà”. Le misure tampone sono inutili ed effimere, bisogna poter pianificare a lungo termine. Il sistema così disegnato non regge più, non funziona.
Il Patto per il riscatto sociale, da poco presentato dall’assessore Majorino, sembra una scintilla di cambiamento in casa nostra. Più partecipazione e più responsabilità da parte dei beneficiari sono le linee che guidano il progetto. Il patto prevede infatti, un impegno biunivoco tra Comune e cittadini. Questi ultimi, destinatari di un contributo economico, saranno impegnati a seguire un programma di inclusione sociale attiva della durata di 6 mesi: percorsi formativi, azioni di volontariato, borse lavoro, forme alternative di spesa, partecipazione a laboratori occupazionali.
“Passiamo così da una logica di tipo assistenziale a un sistema che mette al centro la promozione della persona. Siamo i primi a farlo in Italia, avviando una misura per cui do qualche cosa, ma chiedo qualche cosa in cambio, un impegno a cambiare la propria situazione”,afferma l’assessore Majorino.
Questo progetto di welfare milanese disegna un percorso in cui le persone sono accompagnate ad abbandonare una condizione di esclusione sociale e passività, stimolandole a una partecipazione più attiva e responsabile all’interno della società.
Alcuni numeri del patto per il riscatto sociale
- 6 mesi programma di inclusione sociale
- 1.200 euro contributo
- 2.041 famiglie candidate
- 6.000 euro soglia ISEE
- 2.450.000 euro spesa complessiva
Un welfare abilitante
In un momento di crisi e di tagli il sistema di welfare è chiamato a mutare, abbandonando l’immagine di drenante di risorse e acquisendo la natura di catalizzatore sociale. Per trasformarsi in acceleratore di processi di innovazione sociale il welfare deve dotarsi di creatività e intraprendenza. Nel prossimo futuro sarà indispensabile un welfare abilitante che investa sulla collaborazione civica alla creazione e accumulazione di valore. Costruire un paradigma di politiche sociali del tutto nuovo, e per alcuni versi opposto a quello precedente, rappresenta un’importante sfida sul piano culturale.
Anche se richiederà del tempo, bisogna riconoscere che nel riformare i modelli di welfare la coesione sociale è ingrediente imprescindibile per la crescita di benessere non soltanto sociale, ma anche economico. La partecipazione attiva della cittadinanza rappresenta il primo passo verso città più coese e giuste. Come abbiamo ripetuto più volte è anche e soprattutto dalla partecipazione civica che misuriamo l’intelligenza delle nostre città.
[1] Il programma Florida’s Welfare Transition (WT) è stato pensato per fornire agli utenti del servizio di assistenza temporanea in denaro (TCA) formazione, istruzione, servizi di supporto e competenze necessarie ad ottenere un impiego. I destinatari del TCA sono sottoposti ad una valutazione delle loro competenze, della loro storia lavorativa e della loro “occupabilità”. […] I partecipanti vengono quindi coinvolti in attività lavorative che miglioreranno le loro competenze professionali attraverso formazione sul campo o formazione supplementare. Queste attività sono progettate per far acquisire ai partecipanti nuove competenze ed ottenere un impiego necessario alla propria autosufficienza