Daniele Fichera, assessore della Regione Lazio
FORUM PA dedica quest’anno un’intera sezione verticale al tema della sicurezza. Un tema sicuramente di attualità su cui le regioni si stanno muovendo in una logica di sistema territoriale con un impegno rilevante sia in termini di politiche che di risorse.
3 Marzo 2008
FORUM PA dedica quest’anno un’intera sezione verticale al tema della sicurezza. Un tema sicuramente di attualità su cui le regioni si stanno muovendo in una logica di sistema territoriale con un impegno rilevante sia in termini di politiche che di risorse. A testimonianza di questo impegno vi presentiamo l’intervista a Daniele Fichera, Assessore con delega alla sicurezza della Regione Lazio.
La sicurezza è un obiettivo politico sentito dai cittadini, ma anche una delle leve per garantire un corretto sviluppo e crescita del sistema territoriale. Quale è, in questo senso il posizionamento della regione Lazio?
Il territorio della nostra Regione è caratterizzato dall’esistenza di una grande area metropolitana che dal punto di vista della sicurezza, al di là di singoli episodi pur drammatici che ci sono stati, vive problematiche tipiche delle aree metropolitane fortunatamente ancora al di sotto degli standard di analoghe realtà europee. Ci sono poi altre realtà, in particolare le città medie della cintura urbana e del litorale, in cui assistiamo a fenomeni nuovi che, purtroppo, determinano l’aumento della percezione dell’insicurezza.
Nello specifico abbiamo da una parte un’insicurezza legata ai classici fenomeni da sviluppo e, quindi, da immissione nel tessuto e nel territorio di una grande mobilità di persone, e questo crea gli scompensi che conosciamo. D’altra parte ravvisiamo, poi, rischi di diffusione della criminalità organizzata in alcune aree della nostra regione. Entrambi questi fenomeni costituiscono minacce gravi e rilevanti.
La nostra azione è innanzitutto un’azione di coordinamento istituzionale, cioè noi crediamo che rispetto a queste fenomenologie l’insieme delle istituzioni debba operare in modo coordinato. Non ci convincono le risposte basate sulla contrapposizione o rivendicazione di competenze da parte di un livello istituzionale nei confronti di un altro. Non mi sembra che sia questa la strada. I fenomeni sono di tale complessità che richiedono una forte collaborazione tra tutte le istituzioni. Pensiamo a che cosa significa la diffusione di forme di infiltrazione della criminalità organizzata. A quei livelli è necessaria una collaborazione stretta tra i diversi livelli istituzionali, dallo Stato che ha gli strumenti investigativi e repressivi, alle amministrazioni locali che hanno l’immediata percezione di determinate fenomenologie, altrimenti non si riesce ad intervenire in modo efficace. Il nostro ruolo come Regione è soprattutto quello di mettere insieme le diverse forze.
In questo obiettivo come si inserisce l’esperienza degli Sportelli sicurezza proposta dalla vostra Regione?
Guardi, noi abbiamo verificato che la risposta primaria degli enti locali all’emergere della fenomenologia dell’insicurezza è una risposta di tipo immediato orientata soprattutto al rafforzamento delle forme di controllo del territorio: più uomini, più mezzi, più strumenti anche tecnologici, a partire dalla videosorveglianza. Questo è giusto e, infatti, noi abbiamo quadruplicato i fondi a disposizione degli interventi dei Comuni per la sicurezza, ma accanto a questo devono essere sviluppate delle azioni attive, in cui cioè le amministrazioni comunali si pongono come punto di riferimento rispetto alla percezione di insicurezza dei cittadini.
Può essere più preciso?
Faccio due esempi per spiegarmi.
Primo: la vittima del reato oltre alla denuncia si trova di fronte a una serie di incombenze come rifare i documenti o risistemare la porta di casa che è stata scassinata. Naturalmente per la maggior parte dei cittadini queste incombenze sono più che altro un fastidio; ma un soggetto debole di fronte a questi problemi va in crisi e subisce doppiamente il reato. Lo Sportello sicurezza può essere la sede dove viene aiutato ad affrontare questi problemi.
Secondo esempio: esistono delle fonti di insicurezza che non sono reati come il degrado diffuso. Lo Sportello sicurezza nelle amministrazioni locali serve anche per avere un luogo "fisico" in cui il cittadino che ravvisa situazioni che pur non configurandosi come reati determinano una percezione di insicurezza, possa comunicarlo alla Pubblica amministrazione in modo da consentirle di mettere in campo altri tipi di intervento.
Quello che noi proporremo alle amministrazioni comunali a fronte, ripeto, della quadruplicazione dei fondi a favore degli Enti locali per la sicurezza, che nella nostra Regione passano quest’anno da circa 2 milioni e mezzo di euro a 10 milioni di euro, è realizzare progetti integrati che si occupino, cioè, sia del rafforzamento delle misure di controllo del territorio sia di interventi attivi come lo Sportello per la sicurezza.
Per quanto riguarda la Pubblica amministrazione anche la trasparenza e una comunicazione il più chiara possibile sono fattori che in qualche modo abilitano a una vita più sicura.
Indubbiamente sì, nel senso che una Pubblica amministrazione trasparente e corretta è un’amministrazione che non concede spazi in primo luogo a quelle forme di criminalità organizzata che, come sappiamo, assaltano la Pubblica amministrazione stessa in varie forme. L’azione che la giunta Marrazzo sta compiendo da questo punto di vista è estremamente rilevante. Noi fin dal primo momento abbiamo lavorato per rendere più semplici e più trasparenti possibile tutti quei procedimenti nei quali ci potessero essere rischi di questo tipo. Naturalmente si tratta di un obiettivo che non si raggiunge una volta per tutte, ma che va perseguito con un’azione costante nel tempo. Su questo fronte non si potrà mai abbassare la guardia.