Disegnare le politiche pubbliche con la città come bene comune

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Cio che appare stridente è la distanza tra ciò che è guidato dall’amministrazione e ciò che è guidato dalle comunità: i cittadini prendono parte alla governance, ma non hanno fiducia nel governo.Anche grazie alla rivoluzione ITC, i movimenti cooperativi hanno nuove forme: dal campo sanitario alla gestione dei disastri naturali, molti servizi sono garantiti grazie soprattutto all’attivismo di migliaia di cittadini con progetti collaborativi dalle forme inaspettate. 

21 Maggio 2014

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Michele D'Alena*

Cio che appare stridente è la distanza tra ciò che è guidato dall’amministrazione e ciò che è guidato dalle comunità: i cittadini prendono parte alla governance, ma non hanno fiducia nel governo.Anche grazie alla rivoluzione ITC, i movimenti cooperativi hanno nuove forme: dal campo sanitario alla gestione dei disastri naturali, molti servizi sono garantiti grazie soprattutto all’attivismo di migliaia di cittadini con progetti collaborativi dalle forme inaspettate.  

A Bologna stiamo assistendo al bellissimo esempio delle "social street": gruppi Facebook per i cittadini che vivono nella stessa strada che vogliono condividere attività, sogni e risorse per migliorare la qualità della vita di tutti. A Bologna sono più di 50 e stanno invadendo lo stivale: la mappa parla chiaro .Ma ci sono movimenti attivi che promuovono senso civico, per la diffusione degli orti urbani o che lanciano operazioni di pulizia e recupero degli spazi comuni, altre con attività di promozione dell’inclusione digitale e di genere fino ai laboratori di sviluppo e coding per i bambini. Anche le imprese sono attive con welfare di comunità, con iniziative dentro le scuole innovando i processi educativi o dentro il carcere. L’innovazione è sempre più figlia di partnership tra pubblico e privato. Bologna, così come molte altre città, ha una società che si presenta con un approccio attivo in molti campi con sorprendenti capacità.

Questi nuovi modelli di governance rompono equilibri e allargano la filiera degli attori:  allo stesso tempo, la percezione di fiducia negli organismi governativi è al suo punto più basso. La lentezza nell’affrontare i problemi e la distanza dall’attualità contrastano con la vitalità delle innovazioni comunitarie. Quindi, la domanda è: come possiamo progettare una città collaborativa che consenta la cooperazione tra cittadini e tra cittadini e decisori politici? E inoltre: la pubblica amministrazione è aperta al cambiamento abilitando i policymakers a sviluppare servizi mutualistici con maggiore efficienza e con meno risorse pubbliche? Credo che la risposta debba passare necessariamente attraverso i numerosi progetti che già esistono nei nostri territori, nelle comunità di cittadini che collaborano nella gestione della governance. Di fatto sono prototipi funzionanti di un nuovo modo di fare public policy: le amministrazioni pubbliche non governano solo a nome dei cittadini, ma possono farlo con i cittadini e le imprese che si rivelano grande fonte di energia, di risorse, capacità e idee con esempi concreti e non prevedibili dall’interno dei palazzi pubblici.a come formalizzare e scalare ciò che accade in modo spontaneo? Il Comune di Bologna ha lanciato alcune sfide basate sull’idea di città come bene comune: a mio avviso a partire da un nuovo metodo.

Dal regolamento per facilitare la collaborazione per i beni comuni urbani al progetto di rilancio della nostra rete civica "Iperbole", ma anche con altri progetti, si stanno costruendo piattaforme di supporto alla cittadinanza. "Gov as a platform" direbbe O’Really anche se nel contesto italiano non è facile cambiare la Pubblica Amministrazione, soprattutto partendo dal locale, ma credo che questo tipo di approccio possa essere scalabile e replicabile. Contribuire ad una città migliore, con maggiore efficienza, con idee e capacità che sono impossibili da immaginare dall’interno della pubblica amministrazione, non può essere ostacolato con balzelli burocratici e trafile kafkiane. Io credo sia possibile ridisegnare la politica pubblica con un approccio empirico, partendo da prototipi esistenti: gli obiettivi della politica non devono limitarsi a mappare le esperienze per essere consapevoli e coscienti della loro esistenza, ma devono essere volti a riconoscere e dare legittimazione a chi sta costruendo cambiamento, innovazione, resilienza.

Serve un approccio che parta dai territori, meno Roma-centrico: i responsabili politici devono disegnare prototipi con i protagonisti delle nuove soluzioni. Si tratta di un nuovo metodo che prende forma sulla base delle lezioni apprese sul campo, per modellare un diverso approccio alle politiche pubbliche: così è stato fatto il regolamento dei beni comuni e così stiamo cercando di fare in altri contesti. Capendo i nuovi modelli di governance, abbiamo l’occasione di ridefinire le regole figlie del ‘900, ma solo attraverso la cooperazione tra le amministrazioni pubbliche e i cittadini possiamo governare, con diminuzione delle risorse, i fenomeni più complessi. Il driver deve essere pubblico per evitare sovrapposizione di risorse e talenti, per diffondere soluzioni "civiche" e non traumatiche ed evitare che ampie fasce della popolazione rimangano indietro. I corollari ? Se i cittadini sono in questo processo significa che hanno fiducia in esso. Le regole funzionano perché normano soluzioni basate su problemi reali.

Il regolamento per un’amministrazione condivisa del Comune di Bologna sarà presentato in occasione del convegno "Coinvolgere i cittadini e co-creare soluzioni. Modelli e pratiche a confronto", in programma a FORUM PA 2014 il 27 maggio ore 9.30.
*Michele D’Alena è uno dei relatori del convegno dedicato alla sharing economy, in programma il 29 maggio ore 9.30 presso FORUM PA 2014.

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