Per una PA “partecipata” e “social”: dalla rilevazione della Customer satisfaction al co-design dei servizi pubblici

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Rilevare la soddisfazione degli utenti non dovrebbe mai essere un processo fine a se stesso, ma solo un primo passo sulla strada del miglioramento dei servizi pubblici. Quando poi il servizio viene non solo migliorato, ma addirittura progettato insieme all’utente, o meglio grazie al feedback che da questo utente arriva, possiamo parlare di “co-design dei servizi pubblici”. Ma quali sono i presupposti e gli strumenti per mettere in pratica un percorso di questo tipo? Lo abbiamo chiesto a  Claudio Forghieri, che segue da molti anni la realizzazione di progetti innovativi nel campo della comunicazione e dell’e-government e dal 1995 è responsabile di "Mo-Net", la Rete Civica del Comune di Modena.

30 Settembre 2011

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Michela Stentella

Articolo FPA

Quando parliamo di Customer Satisfaction Management partiamo dal presupposto che rilevare la soddisfazione degli utenti non sia un processo fine a se stesso, ma solo un primo passaggio finalizzato al miglioramento dei servizi pubblici. In quest’ottica si può fare un ulteriore salto di qualità e parlare di “co-design dei servizi”, ovvero di quel processo per cui il servizio non viene solo migliorato, ma addirittura progettato insieme all’utente, o meglio grazie al feedback che da questo utente arriva.

Questo presuppone un percorso articolato, che gradualmente consenta di far evolvere i diversi punti di vista rispetto all’opinione di partenza. Da un lato l’amministrazione deve essere disponibile a mettersi in gioco, ma anche i cittadini devono essere messi in condizione non solo di esporre la propria posizione, ma di ascoltare quella degli altri ed eventualmente di riformulare il proprio punto di vista. Si tratta di operazioni che, necessariamente, vanno avanti per approssimazioni successive e che richiedono molto tempo.

Per capire meglio cosa si intende per co-design dei servizi pubblici e come si possa realizzare, abbiamo intervistato Claudio Forghieri, che segue da molti anni la realizzazione di progetti innovativi nel campo della comunicazione e dell’e-government. Dal 1995 è responsabile di "Mo-Net", la Rete Civica del Comune di Modena, e da gennaio 2007 è direttore scientifico della rivista "e-Gov – cultura e tecnologie per l’innovazione".

Cosa si intende per co-design dei servizi pubblici e quali sono gli aspetti strategici che stanno dietro a questa "metodologia"?

Il co-design dei servizi pubblici rappresenta un cambio completo di paradigma rispetto all’azione di una pubblica amministrazione che, tradizionalmente, definisce qual è il servizio, come deve essere erogato e quali sono le caratteristiche e le modalità con cui l’utente può accedervi. Quando parliamo di co-design ragioniamo su una dinamica progettuale completamente diversa, in cui l’utente viene preso in considerazione nel momento stesso in cui si va a immaginare il servizio e, quindi, a definire la modalità e i canali con cui verrà erogato. È un approccio del tutto nuovo, che peraltro viene già contemplato da tempo all’interno delle varie direttive e linee guida della Funzione pubblica. Ma un conto è affermarlo e un altro conto è realizzarlo. Possiamo quindi definirlo un processo di progettazione condivisa dei servizi.

Come si inseriscono in questo processo le metodologie e gli strumenti di Customer satisfaction?

Quando facciamo rilevazione della Customer satisfaction di solito prendiamo le mosse da un servizio esistente e cerchiamo di capire quanto questo è gradito, attraverso diversi parametri e indicazioni che possiamo ricevere dall’utente che ha fruito del servizio. Quando parliamo di co-disegn, invece, introduciamo un elemento in più, perché prevediamo diverse fasi di lavoro – prima, durante e dopo la progettazione e realizzazione del servizio – e gli strumenti di Customer satisfaction si possono introdurre in uno qualsiasi di questi momenti. Ad esempio si può partire con dei focus group per individuare quali sono gli elementi di forza e quelli di debolezza del servizio; è quello che abbiamo fatto per i servizi della Rete Civica del Comune di Modena, prendendo in considerazione due diversi segmenti di utenza, ovvero cittadini informatizzati e cittadini non pienamente informatizzati. Sulla base di questi focus group si possono individuare i temi caldi su cui effettuare una serie di sondaggi, per poi ragionare in termini di progettazione interna ed eventualmente coinvolgere di nuovo i cittadini in una fase successiva sottoponendo loro, sempre attraverso sondaggi, alcune ipotesi progettuali.

Per l’amministrazione quali sono i vantaggi e quali i punti critici di questo tipo di approccio?

Per quanto riguarda i vantaggi, ovviamente un servizio partecipato fin dalla sua fase progettuale ha molte più probabilità di successo e di rispondere ai bisogni reali dei cittadini. Anche dal punto di vista della comunicazione, il fatto di ascoltare e mettersi in gioco chiedendo un supporto ai cittadini crea una percezione di apertura e quindi un’immagine positiva dell’amministrazione. Per quanto riguarda i fattori di debolezza, invece, prima di tutto è abbastanza facile fare co-disegn con servizi rivolti a segmenti di utenza ben definiti, individuabili e circoscritti (i professionisti, per esempio gli architetti che lavorano nel settore dell’edilizia comunale, o gli insegnanti). Quando parliamo invece di cittadini a 360 gradi, chiaramente il livello di rappresentatività è diverso, è più difficile individuare un campione rappresentativo e la progettazione deve tenerne conto. Poi non possiamo dimenticare che questo approccio ha un costo per l’amministrazione; non parlo tanto di un costo tecnologico o economico, perché tutto sommato si tratta di attività che possono essere svolte internamente, ma di un costo organizzativo, in termini di tempo e di risorse umane. Ci vuole disponibilità, formazione e competenza all’interno dello staff. Infine, bisogna dire che alcune amministrazioni partono più avvantaggiate e altre meno, dipende dalla continuità del rapporto che hanno sviluppato con i cittadini. Naturalmente, si possono anche introdurre “stille” estemporanee di Customer satisfaction all’interno dell’erogazione del servizio (fruisci del servizio e dici cosa ne pensi); in questo modo si ottengono comunque dei dati utili, di tipo soprattutto quantitativo. Ma se si vuole lavorare in una logica di co-design, le amministrazioni che hanno attuato una politica di continuità nella relazione con gli utenti faranno molta meno fatica. E il dato è particolarmente interessante se l’utenza è stata segmentata sulla base dei propri interessi.

Può farci un esempio?

Posso parlare di Modena, realtà che conosco in prima persona. Qui sono 15 anni che lavoriamo cercando di avere un rapporto bidirezionale con gli utenti molto diretto e costruttivo. Nell’ambito di questa attività, nel 2001 abbiamo lanciato “UnoX1”, un servizio di newsletter che oggi conta più di 80 argomenti e più di 50 diverse redazioni che fanno informazione monotematica via e-mail. Questo tipo di servizio, oggi tutto sommato piuttosto banale, ci consente di mantenere un contatto diretto con diversi target di cittadini. E, nel momento in cui per esempio dobbiamo pianificare un’attività legata alla scuola, abbiamo l’indirizzo e-mail di duemila genitori, a cui abbiamo mandato settimanalmente delle informazioni, a cui ogni tanto abbiamo sottoposto dei sondaggi e che, quindi, sono disponibili a darci una mano per progettare meglio il servizio. Coltivare nel tempo questa relazione bidirezionale porta un doppio vantaggio: da una parte si sviluppano canali di comunicazione che consentono di contattare le persone a seconda dei temi di loro interesse, dall’altra serve come “allenamento” per l’amministrazione. Ritengo che questa politica che oggi continua su altri canali telematici, per esempio Facebook, sia un’attività propedeutica a creare le condizioni perché si possa fare Customer satisfaction e valutazione di usabilità a basso costo. Quando, invece, un’amministrazione abitua i suoi cittadini ad essere soltanto degli utenti, quindi a subire o a pretendere ma non a partecipare, diventa più faticoso sperimentare un approccio di co-design.

Quindi la continuità del rapporto è una componente fondamentale. Ce ne sono altre?

Per attuare questo tipo di strategia l’amministrazione dovrebbe presupporre tre tipologie diverse di canali. Ci sono i canali informativi, dove il cittadino ha la certezza di trovare sempre informazioni aggiornate e fruibili; e questi sono i canali che servono per coltivare il rapporto tra cittadino e amministrazione. Ci sono poi i canali transattivi che servono per erogare il servizio e che possono essere anche esternalizzati. Il pagamento di una multa può essere realizzato tranquillamente presso un tabaccaio o alla posta, non è necessario che sia fatto presso il Comune, così come la consegna di un modulo non deve essere fatta necessariamente presso l’amministrazione. Infine ci sono i canali relazionali, che servono per stabilire un contatto bidirezionale, fare consulenza e dare supporto. Questi non possono essere esternalizzati, perché è attorno alla loro gestione che si costruisce la possibilità di innalzare il livello qualitativo della relazione con l’utente.

Negli ultimi anni in Italia è cambiato qualcosa nell’ottica di un maggiore ascolto dei cittadini ai fini del miglioramento dei servizi offerti?

Secondo me il tam tam e la pressione esercitati in questi anni attraverso le varie direttive, bandi e finanziamenti hanno dato risultati interessanti, quanto meno ci hanno aiutato a capire che alcune cose possono funzionare e altre meno. C’è ancora moltissimo da lavorare, soprattutto perché cambiano continuamente le modalità con cui le persone possono partecipare. Ad esempio, già negli anni Settanta le amministrazioni emiliane promuovevano la partecipazione dei cittadini, naturalmente in modalità off line. Poi le cose sono cambiate. C’è stato un periodo in cui alle assemblee sono andate sempre meno persone e, contemporaneamente, sono emerse nuove forme di partecipazione e rappresentanza. Oggi sta prendendo sempre più piede il fatto di organizzarsi, trovarsi e scambiarsi idee attraverso la rete e i social network e anche un’amministrazione che ha fatto proprio il metodo di partecipazione dei cittadini deve mettersi al passo coi tempi.

La rete è oggi uno strumento imprescindibile nell’ottica del miglioramento dei servizi?

Ci sono strumenti (penso soprattutto a Facebook) che hanno uno straordinario potenziale in termini di viralità della comunicazione e su queste piattaforme si possono fare cose interessanti in materia di Customer satisfaction e anche di co-design. Tuttavia, credo che ci siano due ordini di problemi. Il primo è che a volte le amministrazioni rischiano di cavalcare la moda del momento, più che creare reali occasioni di ascolto. Mi viene da pensare a tanti esempi di uso di social network o a quando alcune amministrazioni aprirono la presenza virtuale su Second life. Il secondo problema è che, se da un lato queste piattaforme sono praticamente a costo zero e quindi offrono anche alle amministrazioni più piccole le stesse opportunità che danno a quelle più grandi, tuttavia presentano un forte limite: l’amministrazione non ha il pieno controllo, è praticamente “nella mani” di qualcun altro, che oltretutto sta dall’altra parte dell’oceano e decide le regole del gioco. Possiamo dire che questi strumenti sono un’opportunità se vengono calati all’interno di una strategia più ampia: l’amministrazione deve avere chiaro dove sta andando.

E le nostre amministrazioni dove stanno andando?

Ultimamente mi è capitato di parlare con amministratori molto sensibili a questi temi e, per la prima volta, più smaliziati degli stessi funzionari. La vera domanda è quanto siano poi in grado di trasformare le potenzialità di ascolto offerte dalla rete in qualcosa che effettivamente possa influenzare le decisioni e le scelte. Oggi sono veramente poche le amministrazioni che hanno individuato dei meccanismi strutturati in questo senso. Un conto è sollevare un argomento e “buttarlo” nella rete per vedere cosa succede, altro conto è mettere in gioco delle proposte, ragionando con le persone, ed essere disponibili a portare il frutto di questa relazione nelle scelte dell’amministrazione. Non fai partecipazione – e tanto meno co-design – semplicemente dicendo “ditemi la vostra”, ma devi prevedere un percorso che gradualmente consenta di far evolvere i diversi punti di vista rispetto all’opinione di partenza. Da un lato l’amministrazione deve essere disponibile a mettersi in gioco, ma anche i cittadini devono essere messi in condizione non solo di esporre la propria posizione, ma di ascoltare quella degli altri e di evolvere il proprio punto di vista. Si tratta di operazioni che, necessariamente, vanno avanti per approssimazioni successive. Ci vuole del tempo, non puoi pensare di fare co-design da un giorno all’altro. 

 

Per approfondimenti in materia di CSM e per avete un quadro chiaro e aggiornato delle iniziative in corso consulta la sezione dedicata al tema sul portale PAQ del DFP www.qualitapa.gov.it

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