Smart working nella PA. Dirigenti si confrontano su modelli, pratiche e soluzioni

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Cosa vuol dire fare smart working nella PA? Se ne è parlato lo scorso 10
luglio in occasione del tavolo di lavoro organizzato a Roma (Palazzo Merulana)
da FPA in collaborazione con Samsung. Il tema del lavoro agile arricchisce anche
le riflessioni di FPA sul tema Smart City: aziende e PA orientate a nuovi
modelli di organizzazione del lavoro possono contribuire a creare modelli di
Città Smart e Sostenibile e a trovare soluzioni alle grandi e difficili sfide
come l’occupazione dei giovani, lo spopolamento delle aree rurali e dei piccoli
centri, le discriminazioni di genere. Ne parleremo anche il 18 ottobre a ICity Lab
2018
.

18 Luglio 2018

È necessario un cambio di paradigma se vogliamo avere una PA efficiente ed abilitante e questo cambiamento non può prescindere dall’empowerment delle persone. Il connubio tra competenze e tecnologia è infatti la chiave di volta per abbattere l’approccio della burocrazia difensiva. In questo contesto, la pratica dello Smart Working si fa strada nella PA con non poche difficoltà, ma è senza dubbio un esempio di grande e coraggiosa sperimentazione avviata dalle Pubbliche Amministrazioni. Da queste premesse è partito il confronto che il 10 luglio scorso – a un anno dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri di attuazione dell’articolo 14 della Legge 7 agosto 2015, n. 124 – ha visto protagonisti i partecipanti al tavolo di lavoro organizzato da FPA in collaborazione con Samsung. Un modello di incontro già sperimentato, che prevede un confronto a porte chiuse tra rappresentanti politici, Dirigenti della Pubblica Amministrazione e responsabili aziendali per individuare insieme soluzioni e confrontarsi su specifiche practice di innovazione nella PA. In occasione del tavolo del 10 luglio – dopo una visita riservata alla scoperta delle opere custodite nel Salone e nella Galleria di Palazzo Merulana – i partecipanti al tavolo si sono confrontati sul tema dello Smart Working nella PA facendo nascere molti spunti di riflessione.Come ha sottolineato Monica Parrella, Coordinatore Ufficio Interventi in materia di Parità e Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il tema dello Smart Working nella Pubblica Amministrazione pone in primo luogo una domanda: la PA è pronta per affrontare la trasformazione digitale ? (Leggi l’articolo di approfondimento di Monica Parrella)Per dirla con le parole di Francesco Raphael Frieri, Direttore Generale Risorse Europa Innovazione e Istituzioni della Regione Emilia-Romagna siamo in una fase si esplorazione e “ le amministrazioni quando esplorano rischiano ”. Talvolta non sono proprio preparate ad affrontare l’innovazione che lo Smart Working implica e comporta, ma è proprio attraverso la sua introduzione che esse guardano ai loro processi di lavoro e ai loro modelli organizzativi per rivederli in chiave digitale .Parlare di Smart Working nella PA significa fare i conti con alcuni dei più evidenti fenomeni in corso, tra cui la diffusa digitalizzazione delle nostre attività quotidiane con cui la PA deve confrontarsi (5,7 milioni di euro è la stima di spesa in ICT nel nostro Paese), l’ alta età media dei dipendenti della PA (a cui si legano esigenze e bisogni di flessibilità crescenti), la dibattuta parità di genere (i modelli organizzativi rigidi, impostati in passato e applicati ancora oggi, vanno spesso a svantaggio del mondo femminile), le difficoltà di dotazione tecnologica vissute dalle Amministrazioni quotidianamente, la necessaria e strategica formazione della dirigenza.A fare da sfondo a questo incontro, alcuni numeri presentati da Antonio La Rosa, Head of IM B2B Samsung Electronics, che gettano luce sul forte legame tra componente tecnologica e cambiamento culturale in atto, sia nel mondo privato che nel settore pubblico:
  • un terzo dei millennials oggi preferisce aziende che consentono di lavorare in mobilità;
  • si prevede che il 40% dei lavoratori sia un lavoratore indipendente;
  • il 60% del tempo di lavoro si svolge fuori dalla postazione fisica dell’ufficio.
Le tecnologie supportano questo cambiamento e abilitano forme alternative di organizzazione del lavoro. In questo scenario, il Dipartimento Pari Opportunità ha recentemente sottoscritto una Convenzione con il Dipartimento della Funzione Pubblica per l’attuazione di un’azione di sistema finalizzata a sviluppare e diffondere il lavoro “agile” nelle Pubbliche Amministrazioni centrali, regionali e locali dell’intero territorio nazionale. L’iniziativa si colloca nell’ambito del PON Governance e Capacità istituzionale 2014/2020 e coinvolge in sperimentazione 15 PA italiane.Cosa allora è necessario considerare in questa fase di sperimentazione in cui le PA si stanno approcciando al tema e alla pratica dello Smart Working? Le facce della medaglia sono due. Da una parte il servizio finale e quindi il cittadino , dall’altra parte l’organizzazione stessa della singola amministrazione .

Come ha ribadito Frieri, lo Smart Working deve aiutare la PA ad orientarsi sempre più al “cliente” finale, ai cittadini . Si tratta quindi del rafforzamento di una mission scritta nel ruolo istituzionale di ciascuna amministrazione. Come per qualsiasi organizzazione che eroga servizi, il rischio è il fallimento. Dall’altra parte lo Smart Working è un cambiamento culturale che interessa l’organizzazione pubblica in tutti i suoi aspetti. Primo fra tutti il passaggio “ da impiegato a professionista”, dall’obbligo del timbro del cartellino al focus sul raggiungimento dei risultati.Lo smart working agisce quindi sulle persone, su tutte le persone dell’organizzazione, dal funzionario al dirigente. Le tecnologie da questo punto di vista abilitano lo smart working e ne sono elemento costitutivo. Trattare gli atti amministrativi attraverso procedure digitalizzate, innescare meccanismi di stretta dipendenza tra dati, procedure amministrative e pratiche (soluzioni e strumenti) di lavoro smart comporta dei benefici per la collettività nel complesso, per il cittadino che in tempo reale conosce per esempio lo stato del procedimento e per il dipendente pubblico che da casa, nella sua giornata di smart working, potrà registrare, validare, firmare documenti e pratiche amministrative, producendo dati che vengono appositamente elaborati e trasmessi ad altri sistemi, magari di pubblicazione in open data sul portale istituzionale. Fantascienza? No, no!È questa la rivoluzione digitale di cui stiamo parlando. Come tale può anche generare delle resistenze (ne è piena la storia!), per questo l’azione culturale è fondamentale e deve tenere conto di alcune specificità del mondo pubblico.Durante l’incontro infatti sono emersi alcuni possibili limiti di applicazioni dello smart working.
  • Il sistema di valutazione delle performance . Il lavoratore in smart working non è un lavoratore svantaggiato. Non può applicarsi alcuna distinzione di valutazione tra il lavoratore in smart working e il lavoratore “fisico”. Da questo punto di vista insistere sulla comunicazione e sulla sensibilizzazione interna è un elemento fondamentale.
  • Lo smart working deve coinvolgere tutte le figure . In alcuni casi la pratica non si applica ai Dirigenti: affinché la Dirigenza sia parte integrante del processo è necessaria una piena conoscenza di dinamiche, flussi, prodotti e risultati.
  • La mancanza di dotazione informatica non deve rappresentare una scusa . È vero che talvolta la PA non è in grado di sostenere alcuni costi per l’avvio delle sperimentazioni. In questo la collaborazione dei dipendenti per l’utilizzo di propri device o l’avvio anche con device di base può fare la differenza. Il tema tuttavia non si esaurisce qui e porta ad inglobare nella progettazione della tecnologia e dei device (così come negli spazi) l’approccio del codesign e del “driven by design” anche per il dipendente pubblico.
L’incontro è stato inoltre l’occasione per guardare lo smart working da una prospettiva più ampia e più alta che arricchisce le riflessioni di FPA sul tema Smart City.Nell’epoca della Smart Sustainable City , della città inclusiva, sostenibile dal punto di vista sociale economico e ambientale, che come dice Gianni Dominici è “ la città che fa ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per portare avanti processi di innovazione istituzionale, culturale ed organizzativa, per migliorare la qualità della vita, i livelli di occupazione, la competitività, come risposta ai bisogni delle generazioni attuali e future e garantendone la sostenibilità economica, sociale e ambientale ”, quale può essere il contributo delle tecnologie e delle pratiche dello Smart Working? Come aziende e PA orientate a nuovi modelli di organizzazione del lavoro possono contribuire a creare modelli di Città Smart e Sostenibile e a trovare soluzioni alle grandi e difficili sfide come l’occupazione dei giovani, lo spopolamento delle aree rurali e dei piccoli centri (emergenza segnalata qualche giorno fa nella recente Ricerca di Anci ), le discriminazioni di ottica genere?Di questo parleremo in occasione di ICity Lab 2018 nell’appuntamento dal titolo Smart Working per la Smart Sustainable City previsto per il 18 ottobre.Ecco il video storytelling dell’incontro del 10 luglio

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