Veneto a Banda ultralarga, come sfruttare al meglio i nuovi fondi pubblici
Il Veneto è tra le prime regioni sottoscrivere l’accordo con il Mise per avviare la prima fase attuativa della Strategia Nazionale per la Banda Ultra Larga finalizzata ad intervenire in tutte le aree bianche a fallimento di mercato
20 Aprile 2016
Luca De Pietro, docente di E-government e E-democracy, Università di Padova
La scorsa settimana la Regione del Veneto e il Ministero per lo Sviluppo Economico hanno firmato l’Accordo di Programma per lo sviluppo della Banda Ultra Larga in Veneto per un valore di circa 400 milioni di euro: 83 milioni di fondi regionali e 315 milioni di fondi nazionali FSC (Fondo Sviluppo e Coesione). Il Veneto è tra le prime regioni – assieme a Toscana, Abruzzo e Lombardia – che ha sottoscritto l’accordo per avviare la prima fase attuativa della Strategia Nazionale per la Banda Ultra Larga finalizzata ad intervenire in tutte le aree bianche a fallimento di mercato (le cosi dette aree C e D) . L’obiettivo è quello di portare a tutti almeno i 30 Mbps e i 100 Mbps al 70% della popolazione che risiede in tutti i comuni con più di 2500 unità immobiliari. Questo intervento riguarderà quindi circa 1,6 milioni di veneti e almeno una località bianca per ogni comune del Veneto (quindi tutti i 579 comuni).
Questi numeri confermano come la situazione complessiva del territorio regionale non sia buona le previsioni per il 2018 raccolte dagli operatori sono entusiasmanti e anzi denotano un chiaro deficit rispetto agli obiettivi fissati a livello europeo (30 Mbps al 100% della popolazione e 50% della popolazione con abbonamenti ad almeno 100 Mbps) e nazionale (85% della popolazione coperto ad almeno 100 Mbps e il restante a 30 Mbps). Nel 2018 secondo i dati dell’ultima manifestazione di interesse realizzata dal MISE-Infratel presso gli operatori di telecomunicazione, la copertura a 30 Mbps (con architettura di rete FTTN) sarà del 61,0% delle unità immobiliari, mentre la copertura ad almeno 100 Mbps (con architettura di rete FTTDP/B/H) sarà solo del 16% e le unità immobiliari non servite saranno ben il 39%. Questi numeri esprimono il fallimento di mercato in molte aree e località del veneto e giustificano l’intervento pubblico che consisterà nella stesura di fibra ottica spenta fino all’unità immobiliare o fino ai punti di distribuzione: la fibra sarà di proprietà pubblica e verrà messa a disposizione degli operatori di telecomunicazione che offriranno il servizio alle imprese e ai cittadini
Ma come cogliere a pieno le opportunità derivanti da questi primi e importantissimi investimenti regionali e nazionali per lo sviluppo della banda ultra larga in Veneto? Almeno tre i punti di attenzione.
Primo: velocizzare al massimo la realizzazione degli interventi. Dopo molti anni di immobilismo sul fronte delle connessioni veloci e superveloci non possiamo aspettare anni per la chiusura dei cantieri, è necessario ridurre al minimo il tempo di realizzazione coinvolgendo attivamente gli enti locali (in particolare le amministrazioni comunali) per velocizzare le procedure di rilascio di tutti i permessi e favorendo al massimo il riuso delle infrastrutture passive (cavidotti, tubature ect) esistenti. Meno si scava e più veloce e meno costoso sarà la posa della fibra ottica. Il Piano Nazionale sulla banda Ultra larga potrà effettivamente quindi essere attuato in tempi brevi e certi solo con un coinvolgimento attivo e reale delle amministrazioni comunali e di tutti gli enti che “governano” localmente il territorio.
Secondo: la nuova rete pubblica deve essere effettivamente aperta. Le condizioni e le possibilità di accesso e di utilizzo della nuova rete pubblica (sia a livello di rete di accesso che di backhaul) devono essere reali ed economicamente convenienti per tutti gli operatori di telecomunicazione, anche per i piccoli che già operano a livello locale. Questo è un tema cruciale per permettere una reale competizione tra gli operatori e valorizzare al massimo l’investimento pubblico realizzato.
Terzo: sostenere la domanda. La banda ultra larga è un’infrastrutturale abilitante che richiede investimenti in cultura digitale sia per i cittadini che soprattutto per le imprese, al fine di far emergere una domanda più pronta ad usare il digitale per trasformare e cambiare il proprio business. Il tema della cultura digitale non va interpretato solo in termini di competenze e abilità tecniche ma anche di comprensione dei nuovi modelli di business ed apertura ai cambiamenti organizzativi derivanti dal digitale.
Adesso non rimane che avviare in modo veloce – o meglio ultra veloce – la fase realizzativa.