Appalti, il digitale è d’obbligo: tutto ciò che dobbiamo sapere

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Il nuovo codice dei contratti pubblici introduce due fondamentali novità: l’obbligatorietà dell’uso di mezzi telematici negli scambi di informazioni tra PA e concorrenti e il rilievo attribuito al livello di digitalizzazione della stazione appaltante nel procedimento di qualificazione della stessa

20 Aprile 2016

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Gianni Marco Di Paolo, avvocato

Il processo di digitalizzazione della P.A., avviato con l’adozione del D.Lgs. 7.3.2005, n. 82 (c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD) investe finalmente anche la normativa in materia di contratti pubblici. Il legislatore del nuovo codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione (al momento in cui si scrive non è ancora disponibile il testo che sta per essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana), introduce, infatti, disposizioni dirette a perseguire la digitalizzazione: i) di tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni tra concorrenti e stazioni appaltanti; ii) nonché, in generale, delle procedure di scelta del contraente.

La digitalizzazione delle procedure di aggiudicazione

L’impulso dato dal legislatore alla digitalizzazione delle procedure si percepisce sin da subito a livello definitorio. L’art. 3, comma 1, del nuovo codice, infatti, fornisce le definizioni di “sistema telematico”, di “sistema dinamico di acquisizione”, di “mercato elettronico”, di “strumenti telematici di acquisto” e “strumenti telematici di negoziazione”, di “mezzo elettronico”, di “rete pubblica di comunicazioni” e, infine di “servizio di comunicazione elettronica”.

Mentre al contrario il D.Lgs. n. 163/2006 certamente non dava un così ampio spazio agli strumenti elettronico-digitali, disciplinando esclusivamente il “sistema dinamico di acquisizione” e le “aste elettroniche” e dando, in via generale, la definizione solo di “mezzo elettronico”.

Invero, già dal 2002, con l’istituzione del Mercato Elettronico della PA (c.d. MePA) ad opera del D.P.R. n. 101/2002, erano state poste le basi per un’apertura della contrattualistica pubblica all’uso di sistemi elettronici/digitali. Il MePA, successivamente, trovava una disciplina organica nel D.P.R n. 207/2010, agli artt. 328, 332, 335 e 336. Tuttavia, l’utilizzo di strumenti elettronici nell’ambito delle procedure di del contraente, veniva, nella previgente impostazione codicistico-regolamentare, concepita come una mera facoltà della PA, alternativa rispetto all’utilizzo degli ordinari strumenti di scelta del contraente. Anche con riferimento alle comunicazioni, la via elettronica appariva residuale rispetto ai tradizionali mezzi di comunicazione (posta e fax). Con il nuovo codice dei contratti pubblici questa impostazione muta radicalmente.

Quanto alle comunicazioni e agli scambi di informazioni, l’art. 40 il nuovo Codice introduce l’obbligo (non più la facoltà) in capo alle centrali di committenza e stazioni appaltanti che non sono pubbliche amministrazioni di avvalersi di mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione.

L’art. 52, da canto suo, tempera tale obbligo con la predisposizione di una serie di eccezioni legate: (a) alla natura specialistica dell’appalto; (b) alla mancata disponibilità di software di gestione file adeguati a descrivere l’offerta; (c) all’esigenza di usare attrezzature specializzate per ufficio non comunemente disponibili alle stazioni appaltanti; (d) alla necessità di presentare un modello fisico non trasmissibile in via telematica (e) alla necessità di evitare violazioni della sicurezza informatica ovvero al fine di proteggere informazioni di natura particolarmente sensibile.

Quanto alla digitalizzazione delle procedure di scelta del contraente, tre sono le disposizioni normative che vengono in rilievo.

L’art. 38, nel disciplinare il procedimento di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, attribuisce funzione premiante alla disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione delle procedure di gara.

L’art. 44, in via generale, costituisce una norma programmatica che illustra le modalità attuative e soggetti coinvolti nella digitalizzazione delle procedure; essa demanda al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l’AgID, l’individuazione di best practices in merito all’individuazione, gestione e raccolta dei dati rilevanti e all’elaborazione di soluzioni informatiche, telematiche e tecnologiche di supporto.

L’art. 56, richiamando espressamente la normativa vigente in materia di documento informatico e di firma digitale, dispone che le stazioni appaltanti possono ricorrere a procedure di gara integralmente gestite con sistemi informatici. L’aggiudicazione di una procedura di gara gestita attraverso sistemi informatici, precisa la summenzionata disposizione, può alternativamente avvenire attraverso la predisposizione di un’asta elettronica ovvero con la presentazione di un’unica offerta (comma 2). In entrambi casi, viene disciplinata una procedura unitaria. Il controllo sul possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale è affidato al dispositivo elettronico, secondo un meccanismo casuale automatico (comma 3). Il sistema telematico attribuisce a ciascun concorrente un codice identificativo personale per operare all’interno del sistema e presentare l’offerta (comma 4). La stazione appaltante, quindi, comunica in via elettronica il corretto recepimento dell’offerta (comma 5) e procede poi all’esame della documentazione attestante il possesso dei requisiti di partecipazione e, successivamente, dell’offerta tecnica ed economica (comma 6). Da ultimo, il sistema telematico elabora in via automatica la graduatoria (comma 7).

Per finire, la predetta disposizione attribuisce un ruolo rilevante anche all’Agenzia per L’Italia digitale, istituita dal D.L. 22.6.2012, n. 83, cui è demandato il compito di emanare regole tecniche aggiuntive per garantire il colloquio e la condivisione dei dati tra i sistemi telematici di acquisto e di negoziazione.

Digitalizzazione delle procedure e discrezionalità amministrativa

Il nuovo codice dei contratti pubblici introduce, dunque, due fondamentali novità rispetto alla disciplina contenuta nel D.Lgs. 12.4.2006, n. 163. La prima riguarda la prevista obbligatorietà (anche se non in tutti casi) dell’uso di mezzi telematici negli scambi di informazioni tra PA e concorrenti. La seconda attiene al rilievo attribuito al livello di digitalizzazione della stazione appaltante nel procedimento di qualificazione della stessa. Tali disposizioni, dalla portata assolutamente innovativa, tuttavia, fanno emergere alcuni interrogativi.

Una prima riflessione – che riguarda invero l’intera impostazione del nuovo codice – s’impone in relazione all’ampliamento della sfera della discrezionalità amministrativa e ai riflessi che l’uso della stessa può avere sulla uniforme applicazione delle disposizioni codicistiche.

Quanto alle deroghe rispetto all’obbligo di comunicazioni attraverso strumenti elettronici, criticità emergono in relazione all’ampiezza e alla flessibilità delle stesse, che potrebbe condurre ad applicazioni più o meno rigide del disposto di cui all’art. 40, pregiudicando l’uniformità applicativa del codice. Quanto al valore premiale attribuito all’uso di strumenti digitali nell’ambito del procedimento di qualificazione della stazione appaltante, buona parte del compito della necessaria uniformazione delle procedure è conferito all’ANAC, che adotterà più in generale delle linee guida sul tema delle qualificazione delle stazioni appaltanti.

Continuità e sicurezza informatica

Meritano attenzione, in ogni caso, i temi della continuità operativa dei sistemi informatici e della sicurezza informatica.

Quanto al primo profilo, l’art. 50- bis del CAD prevede piani di emergenza in grado di assicurare la continuità delle operazioni indispensabili per il servizio e il ritorno alla normale operatività nei casi di crash del sistema. Tali piani (piano di continuità operativa; piano di disaster recovery ) sono adottati da ciascuna amministrazione sulla base di dettagliati studi di fattibilità.

Quanto al secondo profilo, la centralità della sicurezza dei sistemi informativi delle PA trova conferma nell’art. 51 del CAD. Tale disposizione attribuisce all’AgID il compito di: a) raccordare le iniziative di prevenzione e gestione degli incidenti di sicurezza informatici; b) promuovere intese con le analoghe strutture internazionali; c) segnalare al Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione il mancato rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 71 del CAD da parte delle pubbliche amministrazioni. Lo stesso art. 51 del CAD impone, poi, alle P.A. l’obbligo di custodire e controllare i documenti informatici, in modo da limitare i rischi di distruzione, perdita e accesso non autorizzato dei documenti informatici, nonché di aggiornare tempestivamente i propri archivi non appena vengano a conoscenza dell’inesattezza degli stessi.

Si tratta, invero, di due disposizioni di natura generale, difficilmente applicabili sic et simpliciter alle procedure di gara. Numerosi quesiti emergono con riferimento, inter alia, alla sorte dell’aggiudicazione definitiva o del contratto in caso di accesso non autorizzato al sistema e ai connessi profili risarcitori; alla compromissione delle esigenze di celerità nella conclusione delle procedure di gara e di parità di trattamento tra concorrenti, nei casi di disaster recovery; alla mancanza di uniformità dei piani di continuità operativa tra stazioni appaltanti con conseguenze divergenti in punto di procedure selettive.

Detti interrogativi, peraltro, si pongono in particolare con riferimento alla disposizione di cui all’art. 77, comma 2 della bozza del nuovo Codice, secondo cui la commissione giudicatrice “… può lavorare a distanza con procedure telematiche che salvaguardino la riservatezza delle comunicazioni ”.

Questi e molti altri quesiti, non trovando risposte nel nuovo codice dei contratti, richiederanno interventi regolamentari specifici, che, per la delicatezza delle implicazioni, sarebbe più opportuno assumere di concerto con organismi tecnici competenti.

Note conclusive

Il nuovo codice dei contratti pubblici introduce disposizioni volte a favorire la digitalizzazione delle amministrazioni nelle procedure di gara, nell’ottica di garantire la trasparenza e prevenire il fenomeno della corruzione. Tale risultato è perseguito attraverso disposizioni cogenti, come la previsione di un obbligo di comunicazione mediante strumenti elettronici, ovvero attraverso disposizioni incentivanti, come l’attribuzione, nell’ambito del procedimento di qualificazione delle stazioni appaltanti, di una funzione premiale alla digitalizzazione delle procedure. La digitalizzazione, in questo senso, unitamente a centralizzazione e qualificazione delle PA, costituiscono limite essenziale alla discrezionalità amministrativa. Al contempo, però, sussistono margini di discrezionalità in capo alla stazione appaltante con riferimento alle modalità attuative del processo di digitalizzazione delle procedure; margini che, nell’impostazione del legislatore saranno disciplinati, e per l’effetto limitati, da atti regolamentari o guidelines. Il rischio, tuttavia, è che siffatti strumenti di soft law, se non dotati di efficacia sostanzialmente vincolante e non sufficientemente capillari, possano compromettere l’uniformità applicativa del codice. Particolarmente critica è l’eventualità che problemi concreti – come quelli relativi alla sicurezza informatica – vengano affrontati nell’assenza di una intelaiatura legislativa ad hoc. In questo senso, se non disciplinata minuziosamente in ogni suo aspetto critico, la digitalizzazione delle procedure rischia di risolversi in una riforma inattuata.

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