Perché è strategico lo sviluppo di competenze digitali per l’innovazione delle PMI. A #FPA2015 il 26 maggio
Il tema dell’arretratezza delle Pmi nel percorso dell’innovazione è sempre più cruciale per la crescita europea. In Italia la situazione è peggiore della media europea e sono necessari interventi urgenti e di grande impatto, a partire dallo sviluppo delle competenze digitali e di e-leadership. Condizione strategica per la crescita. A #FPA2015 il 26 maggio un evento in collaborazione con Stati Generali dell’Innovazione farà il punto sulle urgenze e le prospettive.
13 Maggio 2015
Nello Iacono*
Il tema dell’arretratezza delle Pmi nel percorso dell’innovazione è sempre più cruciale per la crescita europea. In Italia la situazione è peggiore della media europea e sono necessari interventi urgenti e di grande impatto, a partire dallo sviluppo delle competenze digitali e di e-leadership. Condizione strategica per la crescita. A #FPA2015 il 26 maggio un evento in collaborazione con Stati Generali dell’Innovazione farà il punto sulle urgenze e le prospettive.
Uno dei maggiori problemi per la crescita industriale europea è senz’altro l’arretratezza delle PMI sul fronte dell’innovazione. Problema dalle lontane radici, si evidenzia certamente con la bassa percentuale di Pmi presenti sul web per il business (solo il 14% delle Pmi europee utilizza internet come canale di vendita), e in generale con la difficoltà delle Pmi di inserirsi in modo deciso all’interno delle politiche di innovazione europee.
L’Italia, come mostra il DESI (Digital Economic and Society Index), evidenzia affanni ancora maggiori, e più gravosi, se possibile, per l’elevata percentuale di Pmi e microimprese (che rappresentano circa il 98% del totale delle imprese), il cui tasso di innovazione è più basso della media europea. Cosa fare?
Le politiche in atto
I risultati delle politiche europee non sono stati finora confortanti, e alcuni elementi di ostacolo, come la frammentazione del sistema fiscale e la difficoltà a costruire il mercato unico digitale, sicuramente influenzano negativamente il contesto.
In questo quadro, le politiche italiane in atto sono molto limitate e l’innovazione delle Pmi non è stata identificata come un focus specifico, se non in maniera indiretta, nelle strategie nazionali sul digitale.
Una strategia diversa e organica
Su questo fronte diventa sempre più necessario un cambiamento di approccio, per cui l’apporto principale dello Stato allo sviluppo delle Pmi deve concretizzarsi nella creazione di un contesto favorevole alla crescita e quindi, allo stesso tempo, costruendo degli ecosistemi innovativi, basati sull’open innovation e in grado di mettere insieme l’intera filiera dell’innovazione, dall’Università al sistema pubblico, alle imprese e agli investitori; abbassando le barriere all’ingresso nel mercato; avviando dei grandi progetti nazionali di innovazione, in cui possono trovare possibilità di partecipazione anche le piccole realtà altamente qualificate, e prevedendo investimenti sulle piattaforme di servizi e dati aperti, così da consentire la costruzione successiva di servizi aggiuntivi.
Un cambiamento che, nella cultura delle imprese, declini anche l’innovazione come “innovazione permanente” costruendo le condizioni di cambiamento, sulla base della circolazione e condivisione delle informazioni, della capacità di crescita delle conoscenze e di apprendimento collettivo, della capacità di visione strategica e interdisciplinare, di “execution”. In un contesto in cui si interpreta il concetto di “startup” come momento di innovazione dirompente, nel cambiamento a livello di processo, di prodotto/servizio, di approccio al mercato, applicabile anche ad imprese esistenti.
L’urgenza delle competenze digitali per le PMI
Nella “Dichiarazione di Riga” a cura della Commissione Europea, e a cui ha aderito l’Italia, il quinto principio (Promozione della e-leadership europea) recita “L’innovazione nella gestione e nell’uso delle tecnologie digitali ottimizzerà il valore del business in Europa. Questi devono essere allineati con gli obiettivi di business, consentendo ai leader delle organizzazioni una maggiore consapevolezza digitale”. Sul tema delle competenze digitali scontiamo un’arretratezza derivata anche da un tasso di analfabetismo funzionale tra i più elevati nei Paesi Europei. E questo certamente influenza negativamente sotto più versanti la capacità innovativa delle Pmi, legata allo sviluppo di un’adeguata consapevolezza digitale dei lavoratori e, in particolare per manager e imprenditori, delle necessarie competenze di e-leadership. La consapevolezza digitale deve essere assunta come obiettivo strategico, dando maggiore forza alle iniziative avviate in tema di competenze digitali, come la Coalizione Nazionale per le Competenze Digitali e creando le condizioni per la costruzione di ecosistemi innovativi, luoghi di condivisione e collaborazione strategica e operativa per tutti gli attori dell’innovazione del territorio.
Cambiamenti che devono essere visibili, coordinati e gestibili, attraverso un processo che deve essere strategicamente accompagnato, dal punto di vista dell’indirizzo sistemico e della misurazione, perché la crescita dell’Italia non passa dai singoli casi di successo delle startup, delle Pmi innovative e delle imprese che riescono ad affrontare meglio la complessità del mercato attuale, ma da una pervasività profonda dell’innovazione su tutte le imprese. Grande opportunità di crescita, e però senza alternative.
* Nello Iacono è Vice presidente dell’Associazione Stati Generali dell’Innovazione