Cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, il focus a FORUMPA17

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Nell’ultima giornata di Forum PA 2017, alla cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile è stato dedicato un incontro. Per l’occasione abbiamo parlato con Gemma Arpaia, coordinatrice del gruppo di lavoro sul goal 17 all’interno dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)

25 Maggio 2017

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Patrizia Fortunato

Si stima che nel 2030 l’Italia raggiungerà lo 0,7% dell’aiuto pubblico allo sviluppo in proporzione al reddito nazionale lordo. Gli ultimi dati Ocse, pubblicati di recente, dicono che l’Italia è arrivata nel 2016 allo 0,26% del reddito nazionale lordo, rispetto allo 0,22 che era stato dell’anno precedente. Siamo ovviamente lontanissimi dallo 0,7% anche se – come sottolinea Gemma Arpaia, coordinatrice del gruppo di lavoro del goal 17 dell’ASviS – “le Linee guida triennali del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale riaffermano la volontà ad arrivare allo 0 7% nel 2030, pur non dando dei piani di riallineamento di questo ritardo”.
Sul fronte quantitativo della cooperazione è un quadro basato più su delle ipotesi di impegno. Un obiettivo considerato a livello internazionale già da 40 anni e ora unico indicatore, presente nel goal 17 dell’Agenda 2030 approvata nel 2015 dall’ONU, che definisce un valore quantitativo in favore della cooperazione: lo 0 7% per il volume totale e da 0,15 a 0,20% per i paesi meno sviluppati.

Il trend a favore della cooperazione è comunque positivo, “un aumento significativo che già da qualche anno ha invertito la tendenza a diminuire sempre di più (come era stato sino al 2012), anche se da una parte c’è un aumento dell’aiuto pubblico allo sviluppo e dall’altra una diminuzione della quota a dono per i paesi meno sviluppati. – come ha meglio chiarito Arpaia – Il modello di cooperazione internazionale vede una crescente concentrazione di crediti di aiuto nei paesi a reddito ridotto, a favore delle imprese locali, per attività potenzialmente redditizie e riscattabili” [1].

Nel quadro del partenariato internazionale l’aiuto si presenta con caratteristiche strutturali ben definite: è inteso in senso finanziario, come trasferimento di conoscenza, come capacity building. Nell’accordo di cooperazione, l’ammontare totale degli aiuti pubblici destinati ai paesi a basso reddito sono ripartiti per attività di promozione all’uso delle tecnologie abilitanti e di sviluppo delle capacità scientifiche, ma “in Italia – sottolinea Arpaia – la cooperazione scientifica sfugge alla rilevazione centralizzata”.

Dai dati pubblicati dal Ministero dell’Ambiente, nel primo Rapporto “Posizionamento italiano rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite”, l’Italia risulta impegnata con 14 accordi bilaterali e altri di ricerca multilaterale. Conferma Arpaia “al di là dei dati che sono stati abbastanza positivi, nei fatti sappiamo di tantissime università che supportano progetti di gemellaggio, ricerche congiunte, scambio di studenti, ma queste informazioni non sono catturate dal sistema statistico posto in essere dai goal. Il numero di accordi che il Ministero dell’Ambiente è riuscito a tracciare – continua Arpaia – e che sono stati monitorati mi sembra siano 16, però sono stati presi solo gli accordi fatti dal ministero degli Esteri e della cooperazione e da quelli dell’università e della ricerca, poi ci sono quelli del CNR, dell’Agenzia Spaziale Italiana – ASI, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare. Esistono una serie di centri di ricerca in Italia che hanno rapporti di cooperazione ma sono difficilmente mappabili, si spera in un potenziamento della rilevazione di questi dati. Lo stesso vale per gli enti locali italiani, ci sono dei dati sulla cooperazione decentrata al di fuori di quanto viene coordinato. La questione è che da una parte si è dovuto cercare di trovare degli indicatori che fossero significativi per tutti i paesi che aderiscono all’Agenda 2030 e dall’altro nei singoli paesi sarà opportuno che gli istituti nazionali di statistica (l’ISTAT nel nostro caso) identifichino degli indicatori definiti proxy, che più possono avvicinarsi al significato del target”.

La cooperazione globale, dunque, attribuisce ai Governi interni il compito di capitalizzare le risorse, dare sistematicità e uniformità agli interventi, contrastare le ricadute sociali della crisi economica. Il target 17.13 attribuisce alle politiche pubbliche interne ulteriori e ambiziosi compiti; nel quadro dei negoziati ONU per l’approvazione della nuova Agenda 2030, l’UE ha fortemente sostenuto la stretta relazione tra il tema della cooperazione e la dimensione di governance multilivello e ha definito la coerenza politica e istituzionale, coordinata dall’Unione.

Il target 17.14 segna il percorso di attuazione del goal a livello nazionale e l’Italia è chiamata ad attuare politiche di welfare. Il Ministero dell’Ambiente riporta degli indicatori ricavati dalla Strategia Europa2020, quindi l’indice dei Prezzi al consumo, il tasso disoccupazione (passato dal 12,3% del 2014 all’11,9% del 2015), il tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo – PIL (dopo una lunga contrazione il trend è positivo, 0.7%), il disavanzo pubblico (che si attesta al 2,6% del PIL nel 2015 dal 3% del 2014).

Il partenariato pubblico-privato e gli investimenti esteri potrebbero aiutare l’Italia. Per Arpaia “al momento è solo una potenzialità. A norma della nuova legge della cooperazione allo sviluppo del 2014 [2], diventata operativa nel 2015, si è creata la Agenzia per la cooperazione allo sviluppo ed è stato dato l’incarico a Cassa depositi e prestiti di fungere come banca di finanziamento per lo sviluppo, ma di fatto entrambi non sono ancora pienamente operativi. Si hanno poche informazioni su quanti sono i progetti presi in esame per esempio nel 2016, che hanno fatto una procedura di valutazione, quali sono gli strumenti finanziari messi a disposizione da Cassa depositi e prestiti”.

Quali sono le criticità da evidenziare nella cooperazione?

“I target dell’obiettivo 17 sono stati delegati al ministero degli Esteri nella loro articolazione, tutto quello che riguarda questo goal soffre di una diversità di approccio rispetto agli altri 16 elaborati dal ministro dell’Ambiente”.

Il gruppo 17 dell’ASviS si augura che in futuro ci sia una presa di responsabilità del governo, che sia la Presidenza del Consiglio a coordinare tutta l’operazione di strategie di sviluppo sostenibile. “Per raggiungere una coerenza delle politiche – continua Arpaia – non possono essere le singole amministrazioni, singoli ministeri a studiare ognuno il proprio pezzo ed è necessario che ci siano dei benchmark su cui misurare l’avanzamento della strategia di sviluppo sostenibile, al di là di quelli che sono gli indicatori che ha fatto l’Indipendent advisor group”.

Continua Arpaia “Ci auguriamo che per l’Italia l’ISTAT faccia uscire presto un suo piano di indicatori e di meccanismi di monitoraggio più stringenti. Il ministero degli Esteri e della cooperazione adesso che ha preparato le sue linee guida, per la prima volta, le ha strutturate sulla base dei 17 goal. Quindi c’è stato questo sforzo di programmazione allineato con l’agenda 2030, però manca un monitoraggio più stringente”. Si apprezza il fatto che nello strumento di programmazione di un ministero sia entrata l’agenda 2030 come strutturazione del piano programmatico.

A Forum PA 2017 si è svolto oggi l’incontro dedicato alla cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile. Prossimamente gli atti online.

[1] L’aiuto pubblico allo sviluppo si distingue a “dono” e a “credito”. I crediti di aiuto sono dei crediti a un tasso inferiore a quello di mercato dove la parte di aiuto pubblico allo sviluppo si calcola sul differenziale fra i prezzi di mercato del credito e il credito agevolato che viene fatto in questi paesi.
[2]
Legge 125/2014 – “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale allo sviluppo”

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