Piano Scuola Digitale, ecco le sinergie necessarie
Molte delle azioni del PNSD avviate stanno scontrandosi con barriere, resistenze, errate interpretazioni ed incomprensioni. Per superarle è necessario creare o rinsaldare buone sinergie interne ed esterne
7 Luglio 2016
Giuseppe Corsaro
Rileggendo, a distanza di otto mesi (quasi un anno scolastico), il bel post di Damien Lanfrey del 30 ottobre 2015 con il quale veniva presentato e spiegato l’allora neonato Piano Nazionale per la Scuola Digitale, non posso non ripensare al commento che ne feci all’epoca: “ C’è tutta la consapevolezza della dirompente novità e della centralità di questo Piano” . Dopo otto mesi, durante i quali molte delle azioni del PNSD (35 in tutto) sono state almeno avviate ed alcune sono anche già in fase attuativa, pur non intendendo voler parlare di bilanci (sarebbe assolutamente prematuro), voglio provare a riguardare a quella analisi, agli auspici ed ai timori che in essa trasparivano. Vorrei farlo da insegnante, ma anche da genitore e da cittadino tentando di dare a questa rilettura un respiro quanto più ampio possibile ad una persona che quel Piano ha atteso, auspicato e accolto positivamente riponendo in esso la speranza che possa rivelarsi reale volano di progresso e miglioramento per tutto il nostro sistema scolastico (e, perché no, per l’intero Paese).
Già dall’introduzione il PNSD (e viene ribadito nel post già citato) propone una fondamentale dichiarazione per la quale si vorrebbe che la scuola digitale non è (o non dovrebbe essere) un “universo parallelo”. La scuola digitale non è un’altra scuola. “Esiste solo la scuola, un’organizzazione complessa con una missione ben precisa: la buona didattica, e quindi il fine ultimo, gli apprendimenti, le competenze dei nostri studenti.” E’ proprio questa la sfida più alta, il compito più arduo. Ed è contro questa visione del digitale come “normalità” (dentro e fuori la scuola) che si stanno rilevando le maggiori difficoltà. Il “digitale” non è solo questione di infrastrutture, è innanzitutto una questione culturale (come spesse volte ribadito dal Digital Champion italiano Riccardo Luna).
Chiariamoci subito su un possibile equivoco: riflettere sugli ostacoli (reali e possibili) non vuol certo dire voler gettare la spugna e/o abbracciare una delle tante facili opposizioni “benaltristiche”, nichilistiche, neoluddistiche e così via. Anzi… tutt’altro!
Molte delle azioni del PNSD avviate stanno scontrandosi con barriere, resistenze, errate interpretazioni ed incomprensioni che non sono soltanto riconducibili ad un presunto tradizionale “conservatorismo” del mondo scolastico. La “comfort zone” di cui parla Lanfrey esiste, certo, ma è anche (o forse ancor prima) esterna al mondo della scuola. E’ quella diffusa cattiva disposizione d’animo nei confronti di tutto ciò che turba pratiche e abitudini consolidate. Basti pensare al tiepido benvenuto che tutte le “migrazioni digitali” hanno ricevuto nella nostra società. A cosa mi riferisco? Alla bassa percezione di utilità che molte persone hanno ancora di “cose digitali” come certificazioni, dichiarazioni, cedolini e documenti elettronici; o per moderni servizi come home-banking, accesso a dati della PA, digitalizzazione in genere di pratiche amministrativo-burocratiche. C’è uno specifico ritardo italiano in rapporto ad altri paesi sull’e-Gov e sull’interazione del cittadino con la PA digitale in genere. In Europa fanno peggio di noi soltanto Romania e Bulgaria .
Poi ci sono le tante possibili “scuse” (più o meno fondate) che chiamano in causa la debolezza delle risorse messe a disposizione, i tempi non appropriati, la mancanza di direttive centrali stringenti e l’eccessiva libertà di manovra lasciata a DS (spesso poco propensi al digitale in genere), USR (non sempre ben pronti ad attuare un piano di tale complessità) e formatori (chi li seleziona? con quali criteri? non dovevano essere formati anche loro? promuovono e diffondono davvero il PNSD?).
E infine il ritardo strutturale e infrastrutturale che è di tutto il Paese (e di tante nostre scuole ancor più). Innegabile la inadeguatezza di tante strutture scolastiche sugli aspetti basilari della digitalizzazione. Aule non coperte dalla LAN o appena connesse tramite claudicanti reti wi-fi, connettività con banda assolutamente insufficiente, apparecchiature obsolete e/o mal gestite, ostacoli burocratici, iper-security policy, direttive e regolamenti oscurantisti e contraddittori…
Sì, i “nemici” del respiro innovatore contenuto nel PNSD sono tanti e variegati. Il mondo scolastico è attraversato trasversalmente da due correnti di pensiero in opposizione tra loro (come d’altronde tutta la società italiana) e ne siamo toccati tutti nei nostri rispettivi ruoli. Lo studente come principale naturale destinatario, la famiglie come fruitore di un servizio pubblico, i dirigenti e gli insegnanti come attori e attuatori, i cittadini tutti per le aspettative che normalmente si hanno su quello che nonostante tutto viene ancora percepito come il principale “cantiere” del futuro di ogni società.
Ma c’è da chiedersi se a queste barriere (sicuramente già note agli estensori del Piano) non si siano aggiunte strada facendo delle difficoltà non del tutto previste. Errori di valutazione sulla reale capacità dell’enorme apparato scolastico di recepire correttamente e velocemente un disegno di tale portata, sull’impatto scardinante vecchie e assestate logiche, sul peso dell’eccessiva burocratizzazione persistente nella vita scolastica. Se a ciò si aggiunge un generico “malanimo” e un diversificato atteggiamento di ostilità nei confronti di tutto ciò che è in qualche modo riconducibile alla riforma appena avviata… beh, ecco che il percorso attuativo del PNSD sembra proprio somigliare ad una corsa ad ostacoli o ad un campo minato.
E infine, se l’opposizione (ma basta già una certa ostilità o anche solo l’indifferenza) viene proprio da quelle figure che il Piano stesso individuava a vario titolo come “motori” di tutto il progetto nelle varie realtà scolastiche (DS e AD innanzitutto) le difficoltà da superare possono davvero risultare gigantesche.
Uno sforzo titanico è richiesto, dunque, agli innovatori del mondo scolastico, e proprio perché i “nemici” sono tanti e tosti bisognerebbe provare a cercare meglio anche degli “amici” del PNSD.
Il mondo della scuola può cercare alleati e può cercarli anche nella società (oltre che al suo interno) proprio per quello stesso ampio disegno di modernizzazione a cui il PNSD sembra ispirarsi. E’ necessario creare o rinsaldare buone sinergie interne ed esterne.
La scuola è ricca di esperienze di ricerca ed innovazione compatibili con il Piano. Associazioni, reti formali ed informali, progetti e buone pratiche su ognuna delle 35 azioni del PNSD possono essere riconosciute e valorizzate assegnando loro un ruolo attivo nell’attuazione del Piano. Scuole singole o in rete tra loro, realtà virtuose già avviate in processi di confronto e di internazionalizzazione. Docenti che spontaneamente ricercano, sperimentano e si formano (anche all’estero) e che non sempre vedono riconosciuto il proprio sforzo.
Enti, centri di ricerca e istituzioni (accademiche e non) che hanno negli ultimi anni svolto un enorme lavoro di ricerca e diffusione delle competenze digitali necessarie e che costituiscono delle vere e proprie avanguardie dovrebbero essere maggiormente coinvolti e incentivati a dare il proprio contributo. Attori pubblici e privati che posseggono le soluzioni tecniche e il know-how relativamente ai ritardi strutturali e infrastrutturali potrebbero essere chiamati in causa per specifiche azioni.
Gli stessi editori o i produttori di beni (materiali e immateriali) destinati al mondo della scuola potrebbero fare qualcosa nella giusta direzione, se opportunamente stimolati.
Tutto ciò in fondo fa già parte del PNSD (magari non sempre ben esplicitato), forse si tratta solo di dar tempo al tempo e di lasciare che le condizioni maturino. L’auspicio è che con il prossimo anno scolastico si possa “aggiustare” quello che non è andato al meglio, avviare ciò che non è ancora partito e potenziare le azioni che hanno dato già qualche feedback positivo… con la consapevolezza che ogni energia disponibile è bene che diventi sinergia per un ambizioso progetto condiviso. Il Piano ha ancora tanta strada davanti a sé. Speriamo possa percorrerla tutta e in buona compagnia.
“Iniziare un nuovo cammino spaventa. Ma dopo ogni passo che percorriamo ci rendiamo conto di come era pericoloso rimanere fermi” – Roberto Benigni