Piano nazionale per la formazione insegnanti, come superare le resistenze

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Il Piano nazionale per la formazione degli insegnanti fornisce un quadro di sistema chiaro ed organizzato e sancisce una svolta culturale che è una opportunità preziosa di miglioramento. L’attuazione richiederà qualche sforzo in più. L’ultima leva utilizzabile sarà il rinnovo del contratto e la piena ricezione della formazione obbligatoria e permanente di ogni docente

25 Novembre 2016

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Gabriele Benassi, docente, Bologna, membro del Servizio Marconi T.S.I. USR Emilia-Romagna

Come il piano nazionale scuola digitale, anche il Piano nazionale per la formazione degli insegnanti emerge come un documento programmatico organico, ambizioso, innovativo. E’ vero che la formazione era di fatto già obbligatoria nelle strettoie contrattuali e legislative pre 107; è altrettanto evidente di come la 107 [1] ponga la formazione dei docenti come un elemento fondante della professionalità e della qualificazione della didattica. Nelle sue 88 pagine il piano supera con decisione la cultura del “corso di aggiornamento” e mette a sistema un’idea di formazione permanente per i docenti, individualizzabile, modulabile, flessibile. Una formazione non segmentata e a spot ma più strutturata e organica, assemblata in base alle esigenze delle scuole e ai loro piani triennali di offerta formativa, attenta alle necessità e agli interessi dei singoli insegnanti, collegata alle risorse umane e culturali dei territori e delle reti. Per il piano di formazione sono indicati come stanziamento complessivo triennale ben 1,4 miliardi di euro, comprendendo le Carte Docenti. E’ un investimento notevolissimo, che segna un cambio di direzione di marcia inequivocabile. Rimangono le rigidità legate ad un contratto ormai obsoleto e non corrispondente alle esigenze della scuola di oggi e rimaniamo in attesa delle circolari applicative decisive per la riuscita del piano che, nella sua ampiezza, ha non pochi punti di varia interpretazione. Gli elementi di innovazione del piano sono tanti e costituiscono i nuclei forti su cui si svilupperanno in questo triennio le azioni formative.

Mutuando il sistema di crediti universitari dei CFU, vengono introdotte le Unità Formative strettamente legate al piano triennale di offerta formativa. Contrariamente ad alcune voci diffuse in modo arbitrario in rete, “ l’obbligatorietà non si traduce automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del piano ”. Il superamento della misura quantitativa a vantaggio di quella qualitativa è un’ottima notizia, soprattutto davanti alla possibilità di integrare fra loro vari modelli formativi in un’idea di formazione e aggiornamento più dinamica. Questo era già stato chiaramente anticipato nella nota Miur del 7/01/2015 avente in oggetto “Indicazioni e orientamenti per la definizione del piano triennale per la formazione del personale” . Non si tratta, come nel passato, di obbligare i docenti a frequentare un numero stabilito di ore a conferenze, seminari spesso di carattere accademico e lontano dalla realtà quotidiana della scuola; il piano punta a consolidare percorsi autentici di sviluppo e ricerca professionale in cui i docenti siano una parte attiva e propositiva. In questa ottica la formazione sarà un dosaggio equilibrato di attività che il piano esplicita in questi termini: la formazione in presenza e a distanza, la sperimentazione didattica documentata e ricerca/azione, il lavoro in rete, l’approfondimento personale e collegiale, la documentazione e forme di restituzione/rendicontazione, con ricaduta nella scuola, la progettazione . Saranno le scuole a riconoscere come Unità Formative “ la partecipazione a iniziative promosse direttamente dalla scuola, dalle reti di scuole, dall’Amministrazione e quelle liberamente scelte dai docenti, purché coerenti con il Piano di formazione della scuola ”. In questa prospettiva dunque, più che certificare il numero di ore di un corso o di un’attività formativa, acquista importanza la documentazione della formazione e dei suoi esiti attraverso la costruzione di un portfolio digitale dei docenti, sul modello dell’esperienza già consolidata con i neoassunti. Sarà l’ambiente dematerializzato in cui i docenti potranno inserire tutti i tasselli del loro percorso formativo : documentazioni formali e informali, attività di ricerca, sperimentazioni, qualifiche, certificazioni, attività di ricerca e pubblicazioni.

L’Unità Formativa “viene riconosciuta e acquisita in modo da tenere conto delle diverse attività formative e costruita in modo che si possa riconoscere e documentare il personale percorso formativo del docente, all’interno del più ampio quadro progettuale della scuola e del sistema scolastico [2] .” Le Unità Formative sono associabili alle scelte personali dei docenti che possono usufruire anche delle risorse della carta elettronica [3] . Assieme al portfolio digitale saranno i due strumenti per non disperdere e formalizzare tutte le esperienze di ogni docente, permettendo una prima sistematizzazione con l’intento di farle ricadere sulla scuola di appartenenza in processi di condivisione e contaminazione all’interno degli istituti.

Il piano individua le priorità formative, gli obiettivi e le strategie indicando delle macroaree dentro le quali si muoveranno i percorsi formativi specifici. Il capitolo 4 del documento è estremamente analitico e chiaro nell’elencare obiettivi, contenuti chiave, linee strategiche e destinatari. Nel dettaglio vengono delineate queste macro-aree prioritarie di interesse:

1. Competenze di sistema:

      1. Autonomia didattica e organizzativa.
      2. Valutazione e miglioramento.
      3. Didattica per competenze e innovazione metodologica.

2. Competenze per il 21° secolo:

      1. Lingue straniere.
      2. Competenze digitali e nuovi ambienti per l’apprendimento.
      3. Scuola e lavoro

3. Competenze per una scuola inclusiva:

      1. Integrazione, competenze di cittadinanza e cittadinanza globale.
      2. Inclusione e disabilità.
      3. Coesione sociale e prevenzione del disagio giovanile.

Lo sviluppo del piano di formazione sarà gestito su più livelli: la regia è nelle mani del Miur che indica le priorità, suddivide le risorse, monitora i risultati delle attività, sviluppa accordi nazionali con enti e associazioni accreditati come partner della formazione. A loro volta le scuole, dopo aver ascoltato le esigenze dei singoli docenti, si inseriscono e collaborano nelle reti di “ambito” garantendo la formazione del personale attraverso i “Piani individuali”. In questo modo ogni docente, anche a seconda della funzione e del ruolo esercitato a scuola, può avere una formazione specifica o il meno possibile generica. Probabilmente è proprio in questo punto del piano che si annidano le principali insidie: il piano specifica che ogni Ufficio Scolastico Regionale si doterà di una task force permanente, rinnovabile triennalmente, costituita da dirigenti scolastici e docenti con particolari competenze sui temi della formazione ed esperti di metodologie, contenuti e processi formativi, da selezionare anche nell’ambito dei comandi per l’autonomia o dei progetti nazionali. La Task force consente di accompagnare scuole e reti di scuole nell’attuazione delle azioni strutturali previste dal Piano e coordina le iniziative progettate dalle reti degli ambiti territoriali e dalle reti di scopo [4] . Come notava il prof. Paolo Ferri in un suo recente contributo su agendadigitale.eu si intravvede in filigrana il rischio già evidenziato per il piano nazionale scuola digitale di una dispersione delle azioni e delle risorse sui territori dovuta all’assenza di un coordinamento centralizzato efficace e alla difficile ed eterogenea gestione dell’ordinario e dello straordinario da parte delle scuole polo, strozzate dall’ingente mole burocratica legata alla gestione dei PON e delle procedure amministrative conseguenti. Probabilmente nell’idea del legislatore la task force è stata pensata proprio per scongiurare queste criticità ma bisognerà capire con quale autorità ed operatività potrà proporsi sui territori e sulle reti di scuole.

Il Piano nazionale per la formazione degli insegnanti dà comunque un quadro di sistema chiaro ed organizzato, elemento imprescindibile visto il numero ingente dei destinatari. Sancisce una svolta culturale che, si spera, venga apprezzata dai docenti come una opportunità preziosa di miglioramento. Ci saranno certamente resistenze più o meno legittime relativamente alle ore dedicate alle attività e qualche docente vedrà sicuramente il piano nazionale per la formazione un aggravio di lavoro. E’ condiviso da tutti che la riqualificazione della scuola e il miglioramento della didattica passino da una formazione di qualità per i docenti. Il piano prevede un monitoraggio delle azioni e una verifica dell’efficacia e della qualità delle stesse attraverso un sistema strutturato di customer satisfaction da parte dei docenti coinvolti. Fondamentali i feedback dal basso, per evitare l’autoreferenzialità di chi erogherà le formazioni e svilupperà le attività.

L’ultimo tassello decisivo che dissolverà ogni possibile resistenza e renderà fluido ed operativo il piano sarà il rinnovo del contratto e la piena ricezione della formazione obbligatoria e permanente di ogni docente. Per questo e per la legge 107 nel complesso. I tempi sono maturi.



[1] art. 1 comma 124 legge 107: “Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”

[2] pag. 67 del Piano nazionale per la formazione degli insegnanti

[3] DPCM 23/9/2015

[4] pag.60 del Piano nazionale per la formazione degli insegnanti

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