EDITORIALE

PA sostenibile, ma che vuol dire?

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Quando abbiamo lanciato il tema del prossimo FORUM PA, che, come sapete, si occuperà del ruolo della PA per lo sviluppo equo e sostenibile declinato nei 17 obiettivi dell’Agenda 2030, abbiamo detto che “gli innovatori sognano una PA sostenibile”. Oggi, a poche settimane dall’apertura di FORUM PA 2017, cerchiamo di capire meglio cosa si cela dietro questo slogan

3 Maggio 2017

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Carlo Mochi Sismondi

Quando abbiamo lanciato il tema del prossimo FORUM PA, che, come sapete, si occuperà del ruolo della PA per lo sviluppo equo e sostenibile declinato nei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 (i famosi SDGs), abbiamo detto che “gli innovatori sognano una PA sostenibile”. Oggi, a poche settimane dall’apertura di FORUM PA 2017 (23-25 maggio al “Roma Convention Center – La Nuvola”[1] dell’EUR), cerchiamo di capire meglio cosa si cela dietro questo slogan. In estrema sintesi:

  • Una PA è sostenibile se è essa stessa attenta all’ambiente e si propone come “green”. Su questo c’è ancora molto da fare. Come potete leggere in questa newsletter nell’anticipazione della nostra ricerca, che sarà presentata integralmente a FORUM PA 2017, solo il 14,1% dei dipendenti pubblici del nostro panel dichiara che la propria amministrazione ha già introdotto i CAM (Criteri Ambientali Minimi) nelle proprie procedure d’acquisto. Mentre sono ancora molto poche quelle che hanno formalizzato la politica degli acquisti sostenibili (9,3%), che hanno organizzato iniziative di informazione e formazione al personale sulla sostenibilità (9,3%), che provvedono al monitoraggio degli acquisti verdi effettuati (7,4%) e, soprattutto, quelle che hanno definito chiaramente gli obiettivi e i target da raggiungere (6,7%).
  • Una PA è sostenibile se si dota di una geografia istituzionale sostenibile, ossia in grado di definire con chiarezza compiti, responsabilità, risorse e competenza decisionale delle sue varie componenti sui temi di maggior interesse per i cittadini e le imprese. Anche qui mi pare che ci sia molto da fare. Il “pasticcio” delle province, che non sono morte, ma non sono neanche vive o la confusione che si è creata dopo che un accorpamento di temi ha portato a fondo in un referendum il riordino delle funzioni tra Stato centrale e amministrazioni regionali (basti pensare alla confusione attuale nei servizi per l’impiego), sono aree che imporrebbero una decisa e coraggiosa azione di riorganizzazione.
  • Una PA è sostenibile se si dota di organizzazioni “sostenibili”: per capire quanto c’è da fare basti pensare in questo senso all’età media dei dipendenti pubblici, che supera i 52 anni e cresce, senza turnover, di anno in anno. Ai profili professionali sovrabbondanti (pensiamo ai laureati in giurisprudenza) ed altri quasi assenti (come ad esempio project manager o data scientist). O ancora al numero importante di strutture organizzative della PA, troppo piccole per essere funzionali, che rimangono attaccate come cozze ad un’autonomia che le condanna all’inefficienza.
  • Una PA è sostenibile dal punto di vista economico quando sceglie con serietà e discrezionalità obiettivi e priorità, sulla base dei budget disponibili, e le dota di risorse certe in tempi definiti, valutando poi i risultati delle politiche e il rapporto costi-benefici in termini di outcome e d’impatto su cittadini ed imprese.
  • Una PA è sostenibile dal punto di vista del suo asset principale, ossia le persone che in essa e per essa lavorano, se mette al centro della propria azione l’empowerment dell’amministrazione e la crescita delle competenze dei dipendenti, nell’ambito di un’azione complessiva, coerente e innovativa della funzione HR che tenda a restituire dignità al lavoro pubblico, attraverso la consapevolezza del suo valore sociale e lo sviluppo intelligente delle risorse di ciascuna persona. In questo senso l’indicatore non può che essere l’attenzione alla formazione di qualità dei dirigenti in primis e poi di tutta la forza lavoro pubblica. Ed è qui che si deve collocare il necessario sforzo di digital transformation, che non è più̀ soltanto una questione tecnologica, ma una sfida che coinvolge tutto il capitale umano e impone di sviluppare in ogni area dell’amministrazione nuove competenze e professionalità che siano in grado di interpretare al meglio le nuove opportunità̀ e condurre il cambiamento.
  • Insomma una PA è sostenibile se adotta una “mappa delle coerenze” che sia allo stesso tempo concreta e modellata sugli obiettivi di mandato della politica, su cui valutare con serietà e severità ogni investimento, ogni iniziativa, ogni impiego delle risorse umane, finanziarie o tecnologiche. Se abbiamo individuato come principale nemico dell’innovazione la “burocrazia difensiva”, ossia quell’atteggiamento per cui è solo non facendo che si evitano rischi, per cui è meglio non rischiare, non scegliere, non usare gli strumenti, pur esistenti, della discrezionalità, lasciar fare agli automatismi, cercare neutrali algoritmi, non valutare per non essere valutati, allora una mappa delle coerenze chiara e condivisa può rassicurare il “burocrate difensivo”, impermeabile ai decreti e alle direttive, solo se diventa cultura organizzativa chiara e condivisa, cominciando dalla politica e poi dai più alti livelli dell’organizzazione.

Di questa PA sostenibile che vogliamo e per cui lavoriamo parleremo a FORUM PA 2017 a cui siete tutti invitati, perché solo così essa può essere efficace motore di sviluppo sostenibile, altrimenti, se sostenibile non fosse, rischierebbe di essere non acceleratore, ma zavorra.

[1] Notizie giornalistiche di questi giorni riportano con grande evidenza di problemi di “collocazione strutturale” del palazzo progettato da Fuksas e inaugurato lo scorso ottobre. In attesa di sapere come andrà a finire precisiamo che comunque non c’è nessun problema di effettiva funzionalità del palazzo stesso che ospiterà il FORUM PA nel migliore dei modi.

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