La PA a caccia di sprechi, ma a tagliare al buio c’è da farsi male
Dopo l’intervento di Mauro Bonaretti e quello di Toni Muzi Falconi, che hanno attivato interessanti dibattiti tra i nostri lettori, torniamo a parlare degli sprechi e dell’ importanza di operare dei tagli per ridurli, purchè non si tratti di azioni indiscriminate e cieche, il cui effetto produce risultati disastrosi, che rappresenteremo in un’insolita apparizione a FORUM PA 2010.
4 Maggio 2010
Carlo Mochi Sismondi
Dopo l’intervento di Mauro Bonaretti e quello di Toni Muzi Falconi, che hanno attivato interessanti dibattiti tra i nostri lettori, torniamo a parlare degli sprechi e dell’ importanza di operare dei tagli per ridurli, purchè non si tratti di azioni indiscriminate e cieche, il cui effetto produce risultati disastrosi, che rappresenteremo in un’insolita apparizione a FORUM PA 2010.
Tra i viali del prossimo FORUM PA, che si apre a Roma il 17 maggio, si aggirerà una strana comitiva: saranno alcuni ciechi che, annaspando con grandi forbicioni in mano, daranno la caccia allo spreco nelle pubbliche amministrazioni. Peccato che lo spreco sarà sulle loro schiene, e quindi a loro invisibile, e li guiderà vanamente verso miraggi inconsistenti. La performance, che nasce da un progetto comune di FORUM PA e Methodos, vuole essere una facile metafora della nostra idea della caccia agli sprechi nelle pubbliche amministrazioni: senza una chiara consapevolezza i tagli lineari non trovano gli sprechi così come i forbicioni non servono al buio.
Ma prima di addentrarci nel ragionamento definiamo subito i fondamentali: qui chiamiamo spreco niente altro che un uso delle risorse, siano esse poche o tante, umane o finanziarie, che non sia misurato sulla effettiva creazione del valore per il cliente, ossia nel nostro caso per l’insieme dei contribuenti, siano cittadini o imprese. Ma per sapere cosa crea valore per il cittadino bisogna aver chiara la nostra missione (chi siamo), la nostra visione (cosa saremo tra 5 anni), la nostra strategia (come facciamo ad arrivarci) e i valori guida che ci impegniamo a rispettare durante il percorso. In questo senso la caccia allo spreco non può che essere un’azione strategica di gestione del cambiamento e di riforma dell’organizzazione.
La strategia contraria, quella che gli americani di reaganiana memoria chiamano “starving the beast” (affamare la bestia) ossia tagliare le risorse senza discriminare, nella speranza che in qualche modo omeostaticamente le amministrazioni si adattino, oltre ad essere ripudiata anche dalla teoria economica, ha portato nell’esperienza italiana e straniera solo un effetto “molla” facendo riscattare in altro la spesa, e di nuovo in modo non selettivo, non appena si lasci la pressione. Il vantaggio dei tagli lineari e delle semplificazioni grossolane è dato dalla facilità dell’azione, dall’immediatezza del titolo, dalla voglia da “tricoteuses” di veder cadere le teste, dalla rabbia di chi trae dalla propria difficile condizione la generalizzazione del “tutti rubano alla stessa maniera”. Gli esempi dei forbicioni usati alla cieca, parenti stretti di questo riduzionismo che, come tutti i riduzionismi è in fondo conservatore, sono tanti ed illuminanti.
Partiamo dalle amministrazioni comunali che sprecano occasioni di investimento e quindi di occupazione e di sviluppo del territorio, perché, pur avendo messo da parte le risorse, non sono in grado si spenderle per un miope e continuamente mutevole patto di stabilità che non discrimina, ma taglia sulla base di valori storici. Un patto che favorisce gli scialacquatori imprevidenti e penalizza le amministrazioni virtuose. Pensiamo poi alle risorse per l’innovazione tecnologica che, pur tra mille difficoltà, sono state spese e ora sprecate perché la PA blocca il turnover e non assume tecnici adeguati e non può più neppure servirsi di consulenti esterni o di rapporti di lavoro a tempo determinato. Computer nuovi usati come macchine da scrivere, posta elettronica stampata e messa nei faldoni, workflow inesistente e protocolli elettronici usati “insieme” a quelli cartacei… l’elenco è lungo e scoraggiante.
Ricordiamo infine le coraggiose riforme che introducono contestati, ma sacrosanti criteri per diversificare l’assegnazione della componente di salario legata ai risultati, riforme sprecate se l’inconsistenza di tale componente, magari ridotta a pochi euro al mese, perdesse per la maggior parte degli impiegati qualsiasi significato discriminante.
Tuttavia come l’articolo di Mauro Bonaretti di qualche settimana fa ci ha mostrato, gli sprechi esistono davvero. Lo spreco non è un’invenzione dei giornali: lo spreco si annida nelle amministrazioni ed è ancora grasso e sfuggente. Ma per trovarlo bisogna essere un po’ più furbi che non menare grandi sciabolate con gli occhi bendati. Bisogna avere il coraggio di guardare al cuore dell’organizzazione per combatterlo.
Ma se gli sprechi esistono, esistono anche i rimedi, ma non sono nei tagli lineari, nell’affamare le amministrazioni, buone o cattive che siano, nello sparare su facili bersagli, molto spesso solo demagogici, come le consulenze o le auto blu, ma in azioni coraggiose, tenaci e di lungo periodo di change management; in quel paziente e poco sperimentato lavoro di accordare il modello organizzativo di un’amministrazione con la strategia complessiva dell’ente; nel superare quella autoreferenzialità competitiva di ogni singola struttura che, più che a fare la sua parte in una politica coesa, mira alla sua sopravvivenza e al suo circoscritto potere.