Opendatagiustizia.it: conoscere la giustizia attraverso i dati
Opendatagiustizia.it è una iniziativa data-driven con l’obiettivo di porre il tema dell’apertura dei dati anche nel sistema Giustizia, un progetto per conoscere lo stato del Paese attraverso la raccolta, l’analisi e la divulgazione dei dati del sistema giudiziario italiano, aperto al contributo di tutti
6 Ottobre 2016
Arianna Toniolo, componente di Agenda Digitale Giustizia, esperta di organizzazione giudiziaria
Il 5 maggio 2016 stavamo
bevendo un caffè su un Frecciarossa Bologna-Roma quando esce questa notizia
“Ufficio statistica Ministero risponde ad ANF: dati su giustizia civile
corretti e in linea con formule adottate da CEPEJ”. Il Direttore generale di
Statistica e Analisi organizzativa del Dicastero di via Arenula, Fabio
Bartolomeo, andava affermando che “Chiunque può ricalcolare la durata media
degli affari civili di Tribunale leggendo i dati ufficiali della statistica
giudiziaria contenuti nell’ultima relazione di inaugurazione dell’anno
giudiziario o consultandoli online sul sito del Ministero della
Giustizia”.
Ecco, così inizia opendatagiustizia.it.
Ci siamo posti ben oltre i panni di quel “Chiunque” e iniziato a guardare con occhi del consulente in organizzazione quel mondo particolare che è il mondo dei (open) data, applicandone i principi ad un altrettanto particolare mondo quale quello della giustizia.
Come non essere d’accordo con Vincenzo Patruno quando dice che “serve capire che Open Data non è il numero di dataset che vengono pubblicati da un ente, ma è essenzialmente l’impatto sociale ed economico che questi dati possono e riescono a generare”, ed è parimenti vero che l’enorme mole di dati che transita, è creata, gestita dagli Uffici Giudiziari (e sugli Uffici Giudiziari) porta con sé un impatto sociale ed economico senza paragoni visto che la maggior parte dei conflitti tra persone, imprese, enti trova una sua risoluzione all’interno delle aule dei Tribunali.
Due esempi che possono essere d’aiuto a comprendere l’impatto potenziale dei dati lavorati da Giustizia sono sicuramente openmigration.it, e confiscatibene.it: il primo si definisce un producer di informazione di qualità sul fenomeno delle migrazioni e dei rifugiati, per colmare le lacune nell’opinione pubblica e nei media sul tema; il secondo è un progetto partecipativo per favorire la trasparenza, il riuso e la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. Sono evidentemente progetti settoriali o “verticali” su tematiche estremamente puntuali ma che sono comunque buoni esempi del valore a 360° che deriva da un ragionato utilizzo dei dati.
Quale sia lo stato dell’arte è emerso dalla ricerca che è partita da quei primi giorni di maggio all’interno di CO.lab, settore di R&S di C.O.Gruppo. Abbiamo scandagliato i siti ministeriali del Ministero di Giustizia, i siti europei e nazionali di data (data.gov, pubblicammministrazione.stat, DGSTAT ecc) alla ricerca di dataset giustizia potenzialmente “impattanti”: ciò che ne è uscito è una massa critica di dati molto interessante ma non sistematica, il più delle volte già proposta in forma di elaborazione aggregate, altre volte che non dà luogo ad una serie storica completa. È comunque un punto di inizio.
Una piccola puntualizzazione è necessaria sulle informazioni ricavabili dal sito giustizia.it. Chiunque avesse l’ardire di avventurarsi nella esperienza di utilizzarne i dati contenuti sarebbe quantomeno scoraggiato da due “note legali”: la prima “É fatto divieto di alterare forma […] delle informazioni testuali e degli elementi multimediali” e la seconda relativa all’impossibilità di utilizzare i dati per fini commerciali senza esplicita autorizzazione dell’Amministrazione. Modificare le note legali così esplicitate, che ora non non consentono di poter pensare ai dati pubblicati dal Ministero di Giustizia come “open”, consentirebbe di rendere quanto meno più fruibile questo prezioso patrimonio informativo già a disposizione.
A partire da questa ricerca abbiamo pensato di creare opendatagiustizia.it: una iniziativa data-driven con l’obiettivo di porre il tema dell’apertura dei dati anche per Giustizia.
Da questo obiettivo ne discendono altri, tra i quali:
- incentivare logiche di misurazione e benchmarking in relazione alle attività che vengono svolte nel sistema giudiziario;
- sostenere politiche di trasparenza favorendo il progressivo superamento di approcci puramente rendicontativi dei risultati dell’agire pubblico, andando così verso la progressiva assunzione di impegni;
- porre il tema di un processo legislativo che deve essere pienamente consapevole dello stato dei fenomeni sociali ai quali sta mettendo mano;
- intercettare la ricchezza delle attività decisionali poste in essere nel processo da tutti i soggetti che a vario titolo vi prendono parte.
Riteniamo che si tratti di un vero e proprio momento di civic hacking e che non possa che essere tale, la comunità e non il livello centrale deve avere la possibilità di essere da sprono per il conseguimento degli obiettivi che l’Ufficio Giudiziario, il Ministero di Giustizia, il Parlamento si danno. E lo possono fare solo se messi nella possibilità di manipolare, soprattutto in modo ”out of the (justice) box”, i dati in possesso di questi Soggetti Pubblici.
Abbiamo dato uno sguardo a cosa succede all’estero. Le esperienze più significative stanno nascendo negli ordinamenti giuridici di common law (USA su tutti) perché evidentemente l’interesse al contenuto giurisprudenziale si interseca in modo più forte con il principio dello stare decisis e ha ricadute di impatto diretto sull’attività giurisdizionale in senso stretto; anche nei Paesi di civil law qualcosa si sta iniziando a fare.
Ai nostri fini meritano sicuramente di essere citati il progetto OPEN JUSTICE del Dipartimento di Giustizia della California e l’inizio del progetto francese.
L’esperienza californiana pubblica i dati relativi all’esercizio dell’azione penale così che sia possibile comprenderne il governo, aumentarne l’accountability e migliorare le politiche pubbliche per la sicurezza: il progetto si compone anche di un’area “engaging the community” dove sono contenuti i riferimenti agli innovative tools creati dal basso.
Sul fronte dei paesi di civil law qualcosa si muove, il ministro francese all’innovazione Axelle Lemaire, ad inizio maggio si è fatta promotrice con il Ministro della Giustizia, Jean-Jacques Urvoas, di un progetto che consentirà di mettere a disposizione le sentenze definitive civili e penali: si rimane in attesa del decreto attuativo per poter misurare il vero impatto di questa politica.
Ritornando all’Italia, grazie ad Agenda Digitale Giustizia abbiamo posto il tema al tavolo open data dell’Open Government Partnership Forum, con il risultato (atteso) di far rientrare nelle categorie di “dataset strategici” dell’Agenda Nazionale partecipata per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico (azione 1) quelli di Giustizia. Rimane da vedere in che modo, quali risultati, e in che tempistiche si avrà questa apertura sperando che venga capitalizzata l’immensa base conoscitiva che, anche con l’introduzione obbligatoria del processo civile telematico, si è andata via via creando.
In attesa delle azioni governative abbiamo dato vita al contest opendatagiustizia.it presentato a Messina in occasione di Open Data Sicilia 2016 insieme a Ondata. Il contest punta a realizzare un portale che consenta di raccontare lo stato della Giustizia in Italia, come cartina di tornasole dello stato del Paese, attraverso il coinvolgimento della comunità di analisti, sviluppatori, data scientist, data visualizer, designer.
La proposta ha ottenuto ottimi riscontri da parte di ricercatori, avvocati e data scientist a riprova che il tema è sentito e che è strategico.
Il contest è solo l’inizio di un progetto aperto partecipato che vuole diventare una occasione di miglioramento per gli Uffici Giudiziari e il sistema Paese nel suo complesso.