Aspettando i droni urbani

Home Città e Territori Aspettando i droni urbani

Se nell’attuale immaginario collettivo la parola drone rimanda ancora al mondo militare, prepariamoci a un imminente nuovo orizzonte in cui contestualizzarla: non manca poi così tanto perché i droni civili diventino ingrediente costitutivo di scenari urbani che abitiamo. Insieme al prof. Marcello Chiaberge, responsabile del progetto Fly4SmartCity del Politecnico di Torino, ci siamo addentrati nel mondo degli unmanned aerial vehicle. Partendo dalla natura strutturale di questi velivoli a pilotaggio remoto ci siamo spinti verso scenari futuri, immaginando le possibili applicazioni a servizio delle città che già lasciano intravedere.

10 Novembre 2014

M

Martina Cardellini

Se nell’attuale immaginario collettivo la parola drone rimanda ancora al mondo militare, prepariamoci a un imminente nuovo orizzonte in cui contestualizzarla: non manca poi così tanto perché i droni civili diventino ingrediente costitutivo di scenari urbani che abitiamo. Insieme al prof. Marcello Chiaberge, responsabile del progetto Fly4SmartCity del Politecnico di Torino, ci siamo addentrati nel mondo degli unmanned aerial vehicle. Partendo dalla natura strutturale di questi velivoli a pilotaggio remoto ci siamo spinti verso scenari futuri, immaginando le possibili applicazioni a servizio delle città che già lasciano intravedere.

> Cos’è un drone?
Si tratta generalmente di oggetti piccoli – secondo l’attuale normativa non possono superare i 5 kg – che nascono dal mondo aeromodellistico. Con i più piccoli, come il parrot, ci si gioca anche in casa o in giardino. Possono essere guidati attraverso un sistema di pilotaggio remoto, avendo a bordo un autopilotache gli permette di controllare la stabilità e fornire una serie di funzioni di alto livello al pilota. Generalmente hanno un’autonomia media di 30/50 min. Ad ala fissa, come i classici aeromodelli, o ad ala rotante, come i quadricotteri o esacotteri, sono sistemi ormai in grado di fornire una serie di features al pilota che li guida attraverso un radiocomando, e nelle ultime versioni anche con un tablet o uno smartphone. Non hanno una configurazione unica, ma di base per volare (a una media di 70/100 m. di altezza – 200 m. quota massima) hanno bisogno di un autopilota, un ricevitore gps, motori e batteria. Poi, secondo il tipo di attività da svolgere, si aggiungono gli “accessori” (macchina fotografica, sensori a infrarossi, sensori per il rilevamento dell’altezza, etc.) – “da lì in poi ogni funzione è customizzabile”, spiega Marcello Chiaberge, professore aggregato presso il Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni del Politecnico di Torino.

Generalmente si associano ad ambienti militari e di spionaggio, ma sta nascendo una nuova famiglia di droni civili che lascia intravedere applicazioni sconfinanti in ambiti del tutto diversi e anche molto lontani fra loro. Dalla supply chain al monitoraggio cantieristico, dal drone jurnalism alla precision farming, dalla fotografia e cinematografia alla sicurezza urbana. Insomma, quello dei droni è diventato uno dei più significativi trend tecnologici emergenti. Dal fondatore dei Velvet Underground John Cale, all’ex direttore di Wired Chris Anderson, sono tutti pazzi per i droni e non soltanto idealmente: moltissimi hanno scelto di investire nell’industria dei Remotely Piloted Aircraft Systems (RPAS). “È innegabile – racconta Chiaberge – si tratta di strumenti estremamente flessibili che permettono interventi molto capillari e aprono ampie prospettive per tutta una serie di servizi, applicazioni e funzioni. Probabilmente l’intervento più eclatante, nonché il più difficile, sarà proprio in ambienti complessi come le città”.

Tutti pazzi per i droni

Sebbene sia ancora complessivamente un mondo di ricerca, sperimentazione e sviluppo, quello degli UAV è un terreno che fa già molta gola a diverse imprese. I campi applicativi di questi strumenti futuristici a emissioni zero sembrano davvero non avere limiti. Basti pensare che i velivoli senza pilotapermettono di documentare grandi eventi, manifestazioni, scenari di guerra, così come di fruire di performance artistiche e sportive attraverso un nuovo punto di vista e perfino riprendere matrimoni, business peraltro ambitissimo. Qui alcune delle applicazioni in sperimentazione:

Precision Farming

In agricoltura, per esempio, grazie ai droni si monitora e si interviene con più precisione, in modo più efficace e meno costoso. Anche “in Italia si sta diffondendo la cosidetta precision farming, in particolare per colture ad altissimo valore, come le viti in Piemonte”, continua il professore. In questo ambito si sfruttano i droni per elaborare “mappe di vigore” e valutare disomogeneità nello sviluppo vegetativo, idratazione e nutrimento del suolo, ma anche per distribuire fitofarmaci sui terreni in modo più puntuale, sfruttando la bassa quota del volo. AeroDron è una delle prime startup in territorio italiano che ha dato il via a diverse sperimentazioni, tra cui “Pomì in quota”: progetto presentato lo scorso aprile, e già in sperimentazione da diverso tempo, sviluppato con alcune aziende agricole di Cremona, Piacenza e Parma, per conoscere lo stato di salute del terreno e individuare precisamente le eventuali aree di sofferenza e stress idrico delle coltivazioni di pomodoro.

Monitoraggio dei cantieri

“Stanno nascendo anche diverse aziende di monitoraggio dei cantieri”, prosegue Chiaberge. Anche Expo, per la serie Belvedere in città, ha scelto di utilizzare questa tecnologia e raccontare lo sviluppo dei lavori, anche se in questo caso si tratta quasi di un utilizzo cinematografico: qui lo scenario del Sito Espositivo. Mentre “in Germania ci sono un paio di aziende che si sono specializzate nell’uso di droni per fotogrammetrie dentro i cantieri, per monitorare l’avanzamento dei lavori in tempo reale, ma anche per fare fotografie termiche e altre operazioni proprio a supporto dei cantieri”.

Monitoraggio ambientale

“Ci sono anche alcune applicazioni di monitoraggio ambientale”. È interessante perché, per esempio, il rilievo di un nevaio alpino può esser fatto al fine di determinare l’accumulo nevoso invernale e, in prospettiva, prevedere la quantità di acqua che in estate, a seguito della fusione, si andrà a riversare nei bacini idrologici. Inoltre, in ambito urbano, “possono essere caricati sensori per la qualità dell’aria (monossido di carbonio, PM10, etc). Il vantaggio rispetto alle classiche centraline è di avere una misurazione in 3D. Il drone infatti, rilevando in movimento, può analizzare quanto variano gli inquinanti su una certa verticale e, naturalmente, in un’unica giornata lo si può mandare un po’ ovunque sulla città”.

Consegna merci

Questa applicazione, potenzialmente sconfinata e rivoluzionaria, ed esplicitamente dedicata ai sistemi urbani, non poteva che far gola anche a Google e Amazon (video Prime Air). I due colossi hi-tech, al pari di tutte le altre aziende e startup – come QuiQui, che a San Francisco punta a distribuire prodotti farmaceutici tramite drone, aumentando di solo 1$ il costo della merce ­–, sono ancora in attesa di indicazioni normative dalla Federal Aviation Administration che permettano loro di dare il via ai voli.

Sicurezza urbana e in montagna

Un altro settore applicativo, sul quale sta lavorando anche il Politecnico di Torino, è quello della sicurezza in montagna. “Il drone, in questo caso, è usato come sentinella lungo i sentieri di montagna. Spesso come supporto per la ricerca dei dispersi in caso di valanga, essendo dotato di ricevitore ARVA, ma anche per portare pacchetti di primo soccorso o di sopravvivenza, scattare foto e inviarle ai soccorritori”, spiega Chiaberge.

Il progetto Fly4SmartCity, realizzato dal Politecnico di Torino in collaborazione con il Joint Open Lab Crab di Telecom Italia, ha da poco concluso la prima fase di sperimentazione.È un esempio di ricerca e sviluppo di robotica di servizio per città più sicure. L’obiettivo del progetto è mostrare l’esistenza, la concretezza e l’affidabilità delle tecnologie già esistenti nell’ottica poi di sviluppare applicazioni al servizio della Smart City. “Il progetto, in particolare, si rivolge ad amministrazioni comunali, vigili del fuoco, etc. e mostra come l’attuale tecnologia possa prestare servizio in situazioni di emergenza e crisi in contesti cittadini”, racconta Chiaberge. Sembra che gli aeromobili radiocomandati possano diventare preziosi alleati per gestire condizioni di difficoltà in contesti metropolitani. Dallo studio del traffico urbano ai rilevamenti durante le manifestazioni di piazza, dall’analisi della qualità dell’aria al monitoraggio di alluvioni e terremoti, le potenzialità e applicazioni in ambito urbano sono innumerevoli. Ma quanto manca perché questi dispositivi, che preludono a una maggiore resilienza delle città, possano effettivamente mettersi all’opera?

Nodi normativi

Alcuni si aspettano di assistere da un momento all’altro a una drone revolution: sciami di droni in volo a servizio delle comunità cittadine con pacchi, medicine, sensori, defibrillatori, etc. Ma dovremo aspettare ancora del tempo prima di vederli svolazzare sulle nostre teste. Le normative in quest’ambito sono ancora molto rigide, e gli evidenti problemi logistici implicati hanno fatto sì che ovunque “a livello globale, tutti abbiano tenuto le briglie molto strette”, continua Chiaberge. D’altronde si tratta concretamente di gestire un traffico aereo a bassa quota in aree spesso densamente urbanizzate, e i rischi sono molti: “si tratta di piccoli oggetti potenzialmente molto utili, ma anche molto pericolosi”, che entusiasmano e talvolta danno spazio anche a incaute improvvisazioni, come è accaduto recentemente in Russia (qui – articolo e filmato).

Ad oggi, secondo la normativa ENAC, le città non sono sorvolabili e i permessi per le sperimentazioni di volo sono centellinati. “L’ostacolo più grosso in questo momento è, giustamente, rispettare tutte le normative emesse da ENAC e fornire quindi tutti gli strumenti per garantire la tracciabilità delle operazioni. Esattamente come se fosse un classico controllo del traffico aereo. In questo caso parliamo di traffico aereo di oggetti piccoli, ma in ambienti estremamente complessi per i quali vanno prese in considerazione delle misure di precauzione, nonché tener conto delle implicazioni con il delicato mondo della privacy”, sottolinea il professore. “Ad oggi le tecnologie e gli strumenti ci sono, ma per arrivare a sviluppare un servizio affidabile e anche commercialmente sostenibile, con tutte le certezze utili ad evitare danni a terzi, bisognerà aspettare un periodo che va dai tre ai cinque anni”.

 

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!