Inps: datacenter con il cuore da startup
L’Istituto ha sfruttato l’ICT come un volano facendo evolvere anche il proprio core business; non solo pensioni ma una galassia di prestazioni strategiche in ottica di Welfare State
24 Marzo 2016
Massimiliano D'Angelo, Inps
Cosa c’è in comune tra una startup e l’INPS. Probabilmente poco o nulla a prima vista. Una startup si trova davanti ad un foglio bianco tutto da scrivere, può scegliere il proprio business, il proprio mercato, l’Istituto no; adempie ad un mandato istituzionale, con regole date ed obiettivi inderogabili. In realtà i punti di contatto pesano più di queste differenze. L’INPS fa convergere già dalla seconda metà degli anni 60 il sistema informativo con quello informatico, l’idea di “fare sistema” arriva nell’Istituto con decenni di anticipo rispetto alla rivoluzione digitale che ha investito la Pubblica Amministrazione solo in epoche relativamente recenti.
L’Istituto ha sfruttato l’ICT come un volano facendo evolvere anche il proprio core business; non solo pensioni ma una galassia di prestazioni strategiche in ottica di Welfare State.
Il fattore abilitante di una evoluzione che dagli anni 70 pervade l’INPS nasce da un approccio nuovo in grado di trascinare attraverso l’IT tutti i settori dell’Ente a partire dal personale.
In questi anni il datacenter dell’INPS è già tra i più importanti d’Europa con soluzioni all’avanguardia che hanno di fatto precorso i tempi.
Nei venti anni successivi l’INPS ha sviluppato i propri sistemi e gli stessi servizi direttamente sul territorio realizzando poli tecnologici distribuiti su scala regionale e provinciale. L’evoluzione tecnologica degli elaboratori ed al tempo stesso dei sistemi di rete ha consentito alla fine degli anni 90 di pensare ad un sistema informatico nuovo, consolidato e centralizzato, capace di essere scalabile e di realizzare al tempo stesso forti economie di scala anche per quanto concerne le risorse umane impiegate. Sono gli albori dei nuovi servizi web, dell’introduzione del concetto di multicanalità ovvero della possibilità per il cliente/utente di approcciare i servizi dell’Istituto secondo il canale più vicino alle proprie esigenze; passerà ancora un decennio per giungere alla c.d. telematizzazione esclusiva, il tempo necessario per adeguare il modus operandi dell’utente interno ed esterno.
Il consolidamento sul datacenter primario di tutti i sistemi elaborativi dell’Istituto è coinciso con i noti fatti di terrorismo del 2001 e quindi con l’improvvisa e drammatica consapevolezza dell’importanza di una adeguata ridondanza di sistemi e dati anche a fronte di eventi distruttivi di vasta portata.
Anche in questo caso la realizzazione già nel 2002 del Centro Unico di Backup, un sito di disaster recovery (che ha poi ospitato anche INAIL, INPDAP e IPOST) in grado di innalzare drasticamente il livello di resilienza di un patrimonio informativo strategico per il Sistema Paese. La scelta tecnologica, unica all’epoca nel panorama IT della PA italiana ha consentito lo sviluppo di specifiche competenze su infrastrutture critiche sia a livello tecnologico che di metodologie operative.
Il consolidamento dei sistemi dipartimentali su architetture industry standard, l’integrazione dell’INPDAI, la rapida evoluzione del front end in ambiente web ha innescato a partire dal 2004 un processo rapido ed inarrestabile destinato a cambiare ancora una volta radicalmente l’architettura dei sistemi: si introduce il concetto di virtualizzazione, un nuovo modo di concepire i sistemi che ha creato i presupposti tecnologici ed organizzativi per il paradigma “cloud”, introdotto dall’istituto a livello “Infrastructure” nel 2010.
Nel corso del 2008 il rapido aumento delle richieste di risorse elaborative ha fatto “ingegnare” i tecnici dell’Istituto nell’impiego congiunto delle risorse del Centro Elettronico Nazionale con quelle del Centro Unico di Backup (fino a quel momento “dormienti” al netto dei test di disaster recovery), nasce così il primo sistema di business continuity.
Nel 2010 viene realizzato il nuovo datacenter in campus in grado di garantire l’alta affidabilità dei servizi anche a fronte della totale o parziale indisponibilità di uno dei datacenter dell’Istituto. Il sostanziale potenziamento e securizzazione dei sistemi dell’Istituto ha consentito nel periodo 2011-2013 di procedere alla rapida integrazione di IPOST, ENPALS ed INPDAP senza sostanziali difficoltà. Il 2012 segna il definitivo passaggio al sistema di telematizzazione esclusiva; l’impatto, più che tecnologico è metodologico: da questo momento ricade sulla struttura la responsabilità circa la disponibilità di tutti i servizi online, cambiano le modalità di intervento sui sistemi, comincia una nuova era che porterà a partire dal 2013 fino ad oggi ad un progressivo e radicale processo di reinternalizzazione dei servizi tra cui il portale internet, il servizio di disaster recovery e la posta elettronica.
Fattore abilitante di tale processo è la realizzazione di un terzo polo IT dell’Istituto in grado di innalzare ulteriormente il grado di resilienza del sistema IT INPS coniugando il paradigma di disaster recovery geografico con la realizzazione di un polo cloud in grado di fornire servizi in ottica di sussidiarietà anche ad altri Enti appartenenti alla filiera del Welfare.
Oggi l’Istituto può contare su tre datacenter altamente innovativi, su oltre 3 petabyte di dati su storage altamente ridondato, oltre 3000 server e sistemi ingegnerizzati.
Quanto è costato tutto il processo evolutivo? Ebbene, al pari di una moderna macchina ibrida, l’INPS è riuscito a razionalizzare architetture e infrastrutture al punto tale di riuscire ad ottenere i benefici sopra indicati con una spesa complessiva IT progressivamente in diminuzione nell’ultimo triennio. Quest’ultimo obiettivo non sarebbe mai stato raggiunto se si fosse adottato un approccio conservativo.
La ricetta è apparentemente banale: fissare gli obiettivi attraverso gli occhi…di una startup…