La Cassazione decide sulla super-pensione di Felice Crosta: noi mettiamoci “energia”, e poi vediamo chi sarà più… felice

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 A giorni arriva l’ultimo – e all’inizio inaspettato – atto del contenzioso che coinvolge l’ex responsabile dell’Azienda dei Rifiuti siciliana: a “ballare” è un riconoscimento annuo che sfiora il mezzo milione di euro, che sarebbe comunque ridotto a poco meno della metà. Un braccio di ferro che dura da troppo tempo, rimesso in discussione da un cavillo che si è rivelato favorevole all’ex grande burocrate. In un periodo di tagli e attenzione alla spending review sarebbe auspicabile una sentenza capace di ridurre (almeno in parte) privilegi ingiustificati e intollerabili, soprattutto in periodi di crisi come quello attuale.

3 Luglio 2012

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Tiziano Marelli

Articolo FPA

La notizia è già da tempo di dominio pubblico, ma se la rimembriamo e rispolveriamo oggi è perché la vicenda è quasi arrivata ad una svolta definitiva, e per far sì che diventi collettivamente positiva c’è bisogno dell’appoggio di tutti, ed è quello che chiedo a voi lettori. Come? Impegnando quell’elemento che ormai sempre più spesso è vissuto come essenziale per il raggiungimento pacifico di uno scopo: l’energia. Sì, mettiamo insieme le nostre energie “vitali” e concentriamole con forza sul palazzo della Corte di Cassazione a Roma, chiamata a dover prendere una decisione definitiva il prossimo martedì 10 luglio, in merito alla questione che vado qui di seguito ad illustrare di nuovo (se a qualcuno fosse finora sfuggita)

In quella fatidica data, infatti, si gioca l’ultimo scampolo di una lungo braccio di ferro ingaggiato fra lo Stato e il signor Felice (quando si dice il nome) Crosta (anche il cognome ha il suo perché, e lo vediamo alla fine) sull’ammontare della sua pensione. Che definire d’oro è riduttivo, ma siccome quelle di platino ancora non le hanno mediaticamente coniate, parliamo di pensione del tutto esagerata e basta. Dunque, il gentiluomo siciliano in questione (perché di gentiluomo si tratta, visto l’applicazione che ci mette nel volere che si rispettino le regole, anche nei loro meandri più reconditi) è andato in pensione nel 2006, dimessosi solo pochi mesi (cinque, per l’esattezza) dopo aver ottenuto dall’allora presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro l’incarico di responsabile dell’Agenzia dei Rifiuti. E non lo ha fatto perché il compito gli dev’essere sembrato così gravoso e irrisolvibile da tirarsene subito indietro, anche se l’incarico era retribuito niente male: 406mila euro all’anno. In verità, si può pensare di primo acchito che sarebbe stata una follia chiamarsi fuori viste le condizioni economiche stabilite, ma non fermatevi alla prima impressione, perché in base ad una “leggina” varata solo pochi mesi prima (ma guarda!) dall’Assemblea Regionale, Crosta veniva “collocato a riposo” con un assegno di 496.130 euro all’anno! Non tornate indietro a controllare: avete letto bene. Volendo ancor più addentrarci nel particolare, sappiate che si tratta di 41.600 al mese, e ancor più procedendo nel suddividere, di ben 1.369 euro al giorno: più o meno quanto guadagna un operaio specializzato o un impiegato di medio livello ogni mese, e niente di nemmeno paragonabile a quanto basterebbe per sentirsi dignitosamente parte di un tipo qualsiasi di “forza lavoro” per l’universo del 36 e passa % dei nostri ragazzi (questo il dato riferito alla disoccupazione giovanile in Italia, reso noto proprio in queste ore: un record assoluto in negativo, per la storia del nostro Paese!) che il lavoro  non lo trovano nemmeno offrendosi per uno stage trimestrale, ormai quasi unico approccio possibile a qualsiasi tipo di professione, che spesso non contempla nemmeno il rilascio di un misero buono pasto.

L’ammontare pantagruelico della cifra ad appannaggio del nostro bravo (ex)burocrate, però, ha destato l’attenzione di molti, e avviato una richiesta di giudizio super partes alla Corte dei Conti, la quale in prima istanza gli ha però addirittura dato ragione, riconoscendogli (!) anche circa 1 milione e mezzo di arretrati. Si era nel 2010, e gli incassi – felici, felicissimi – di Felice Crosta sono così continuati, almeno fino al dicembre scorso, quando la sentenza d’appello ha parzialmente riconosciuto l’abnormità dell’elargizione, procedendo di conseguenza a poco più che dimezzare l’appannaggio monstre, fermandolo a “soli” 227mila euro l’anno. Ora, visto che i così “ridotti” 622 euro al dì (comunque: 18.916 e spiccioli al mese) devono essere sembrati all’un po’ meno Felice una sorta di paghetta da sfigato, e nonostante il fatto che in questi casi siano previsti solo due gradi di giudizio, il nostro – appunto – gentiluomo cortese e rispettoso delle leggi ha scoperto un cavillo che nemmeno Machiavelli sarebbe stato capace di cavare dal clindro: nella seconda commissione giudicante l’appello era presente anche un membro che non doveva farvi parte, quindi è stato in fretta e furia approntato un ricorso che, in via del tutto eccezionale, ha richiesto e ottenuto anche il giudizio della Cassazione come ultima istanza atta a dirimere, e la sentenza – come si diceva – è attesa per i prossimi giorni.

E qui deve arrivare da più parti possibili l’energia giusta che vagheggiavo all’inizio, spinta anche dalla nuova ventata di attenzione volta alla spending review attualmente in essere, che farebbe di Crosta – assolutamente suo malgrado – un prim’attore del fenomeno nel caso venisse di nuovo sconfessato: un esempio di risparmio virtuoso che farebbe (nel suo piccolo, ma grande caso) scuola. In effetti, poi, parlando di tagli, quello così operato su una escrescenza (una crosta rientra perfettamente nella casistica) farebbe invece felice (con l’iniziale minuscola) chiunque, fra noi italiani mortali. E a quel punto, se così volesse il cielo che succeda, gli amici del nostro protagonista potrebbero chiamarlo comunque e quantomeno “Felicino”: in fondo, con 227mila euro all’anno di pensione qualche soddisfazione ce la si leva lo stesso, va là…

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