Trasparenza e anticorruzione: ma non chiamatelo FOIA!
È dal 1966 che gli Stati Uniti si sono dotati del FOIA (Freedom of Information Act), una legge che garantisce a chiunque l’accesso agli atti e ai documenti della Pubblica amministrazione. Questo approccio improntato alla massima trasparenza, che garantisce quindi il controllo dell’attività amministrativa da parte dei cittadini e costituisce anche un forte strumento anticorruzione, è stato poi adottato da molti Paesi europei, ma non dall’Italia. Di un FOIA italiano si è tornato a parlare ieri, quando il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione, un decreto legislativo in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle PA, che attua alcune disposizioni della legge 190 del 2012 (conosciuta come legge anticorruzione). I commenti entusiasti di alcuni giornali vengono smorzati però da Elena Aga Rossi, presidente di “Iniziativa per l’adozione di un FOIA in Italia”.
23 Gennaio 2013
Michela Stentella
È dal 1966 che gli Stati Uniti si sono dotati del FOIA (Freedom of Information Act), una legge che garantisce a chiunque l’accesso agli atti e ai documenti della Pubblica amministrazione. Questo approccio improntato alla massima trasparenza, che garantisce quindi il controllo dell’attività amministrativa da parte dei cittadini e costituisce anche un forte strumento anticorruzione, è stato poi adottato da molti Paesi europei, ma non dall’Italia. Di un FOIA italiano si è tornato a parlare ieri, quando il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione, un decreto legislativo in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle PA, che attua alcune disposizioni della legge 190 del 2012 (conosciuta come legge anticorruzione).
I commenti entusiasti di alcuni giornali vengono smorzati però da Elena Aga Rossi, presidente di “Iniziativa per l’adozione di un FOIA in Italia” (l’iniziativa lanciata ufficialmente nel giugno scorso da un gruppo di associazioni e di singoli cittadini): “Il decreto sull’anti-corruzione non introduce, né avrebbe potuto, alcun FOIA, in primo luogo perché la legge delega permetteva solo il “riordino” della normativa esistente. Certo il testo ufficiale non è ancora disponibile. Se in Italia vi fosse davvero un FOIA, potremmo chiedere al Governo di accedere ai lavori preparatori per fugare ogni dubbio. Ma così purtroppo non è. Non ancora”. “Sull’anti-corruzione – continua Elena Aga Rossi – il Governo ha inteso la “trasparenza” unicamente come pubblicazione sui siti web istituzionali di alcune informazioni detenute dalla Pubblica Amministrazione (è ovvio che on-line può essere pubblicata solo una minima frazione dei documenti della PA). La trasparenza quindi viene vista come concessione della PA e non come diritto del cittadino. Ciò che ancora manca è la bi-direzionalità dei processi di trasparenza posti in essere: se da un lato, infatti, con gli ultimi interventi normativi si definisce il ruolo proattivo della PA imponendo la pubblicazione delle informazioni, dall’altro si ignora il ruolo attivo del cittadino che faccia richiesta di accesso ad atti pubblici (dati, informazioni, procedimenti, comunicazioni, ecc.), se non nelle forme obsolete e opache della vecchia legge in materia (L. 241/1990)[1].”
Su www.foia.it è disponibile un comunicato che spiega in maniera più approfondita i motivi di questa posizione critica.
Il provvedimento approvato ieri di fatto riordina le norme che riguardano gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle PA e introduce alcune sanzioni per il mancato rispetto di questi vincoli. In particolare, tutti gli enti dovranno pubblicare sui rispettivi siti istituzionali i dati e le informazioni in loro possesso: situazioni patrimoniali non solo dei politici, ma anche dei parenti entro il secondo grado; atti dei procedimenti di approvazione dei piani regolatori e delle varianti urbanistiche; dati, in materia sanitaria, relativi alle nomine dei direttori generali, oltre che agli accreditamenti delle strutture cliniche. Nella nota diffusa da Palazzo Chigi, inoltre, si definisce la trasparenza come “accessibilità totale delle informazioni che riguardano l’organizzazione e l’attività delle PA, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”. Il provvedimento dovrà ora passare al vaglio del Garante della privacy e della Conferenza unificata.
Negli ultimi anni il principio della “accessibilità totale” agli atti è stato inserito in diversi provvedimenti normativi: la Legge 15/2009; la 150/2009, la 183/2010. Nell’anno che si è appena chiuso, infine, ben due provvedimenti sono tornati sul tema della trasparenza e dell’accesso ai dati, in particolare nell’ottica dell’open data: il Decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012 (Decreto Crescita 2.0 – Agenda digitale), che all’articolo 9, modificando il Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) dispone che le pubbliche amministrazioni debbano rendere disponibili i dati pubblici in formato aperto, non solo in relazione all’accesso, ma anche al riutilizzo dei dati stessi; il Decreto Sviluppo (Decreto Legge n. 83/2012) che all’art. 18 dispone che “la concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l’attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere” devono essere pubblicati dagli enti sui siti istituzionali e resi accessibili dalla home page (la scadenza prevista per mettersi in regola era il 31 dicembre 2012).
In attesa di leggere il testo ufficiale e di farci un’idea più precisa, ecco in sintesi i punti principali del provvedimento approvato ieri, come divulgati nella nota di Palazzo Chigi:
1. viene istituito l’obbligo di pubblicità: delle situazioni patrimoniali di politici, e parenti entro il secondo grado; degli atti dei procedimenti di approvazione dei piani regolatori e delle varianti urbanistiche; dei dati, in materia sanitaria, relativi alle nomine dei direttori generali, oltre che agli accreditamenti delle strutture cliniche.
2. viene data una definizione del principio generale di trasparenza: accessibilità totale delle informazioni che riguardano l’organizzazione e l’attività delle PA, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.
3. la pubblicazione dei dati e delle informazioni sui siti istituzionali diventa lo snodo centrale per consentire un’effettiva conoscenza dell’azione delle PA e per sollecitare e agevolare la partecipazione dei cittadini. Per pubblicazione si intende la diffusione sui siti istituzionali di dati e documenti pubblici e la diretta accessibilità alle informazioni che contengono da parte degli utenti.
4. si stabilisce il principio della totale accessibilità delle informazioni. Il modello di ispirazione è quello del Freedom of Information Act statunitense, che garantisce l’accessibilità di chiunque lo richieda a qualsiasi documento o dato in possesso delle PA, salvo i casi in cui la legge lo esclude espressamente (es. per motivi di sicurezza).
5. si prevede che il principio della massima pubblicità dei dati rispetti le esigenze di segretezza e tutela della privacy. Il provvedimento stabilisce che i dati personali diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari possono essere diffusi attraverso i siti istituzionali e possono essere trattati in modo da consentirne l’indicizzazione e la tracciabilità con i motori di ricerca. È previsto l’obbligo di pubblicazione dei dati sull’assunzione di incarichi pubblici e si individuano le aree in cui, per ragioni di tutela della riservatezza, non è possibile accedere alle informazioni.
6. viene introdotto un nuovo istituto: il diritto di accesso civico. Questa nuova forma di accesso mira ad alimentare il rapporto di fiducia tra cittadini e PA e a promuovere il principio di legalità (e prevenzione della corruzione). In sostanza, tutti i cittadini hanno diritto di chiedere e ottenere che le PA pubblichino atti, documenti e informazioni che detengono e che, per qualsiasi motivo, non hanno ancora divulgato.
7. si disciplina la qualità delle informazioni diffuse dalle PA attraverso i siti istituzionali. Tutti i dati formati o trattati da una PA devono essere integri, e cioè pubblicati in modalità tali da garantire che il documento venga conservato senza manipolazioni o contraffazioni; devono inoltre essere aggiornati e completi, di semplice consultazione, devono indicare la provenienza ed essere riutilizzabili (senza limiti di copyright o brevetto).
8. si stabilisce la durata dell’obbligo di pubblicazione: 5 anni che decorrono dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui decorre l’obbligo di pubblicazione e comunque fino a che gli atti abbiano prodotto i loro effetti (fatti salvi i casi in cui la legge dispone diversamente).
9. si prevede l’obbligo per i siti istituzionali di creare un’apposita sezione – “Amministrazione trasparente” – nella quale inserire tutto quello che stabilisce il provvedimento.
10. viene disciplinato il Piano triennale per la trasparenza e l’integrità – che è parte integrante del Piano di prevenzione della corruzione – e che deve indicare le modalità di attuazione degli obblighi di trasparenza e gli obiettivi collegati con il piano della performance.
11. Altre disposizioni riguardano la pubblicazione dei curricula, degli stipendi, degli incarichi e di tutti gli altri dati relativi al personale dirigenziale e la pubblicazione dei bandi di concorso adottati per il reclutamento, a qualsiasi titolo, del personale presso le PA.