PEC: mancata cogenza, auspicata efficienza
Un’intervista a Francesco Tortorelli Responsabile Ufficio Servizi di Interoperabilità Evoluti e Cooperazione Applicativa, CNIPA.
8 Novembre 2007
Chiara Buongiovanni
Un’intervista a Francesco Tortorelli Responsabile Ufficio Servizi di Interoperabilità Evoluti e Cooperazione Applicativa, CNIPA.
Quale è lo stato dell’arte nell’utilizzo di Posta elettronica Certificata (PEC) nelle pubbliche amministarzioni centrali e locali?
Sotto il profilo numerico la PEC è presente nelle nella maggior parte delle pubbliche amministarzioni centrali. A livello locale la diffusione raggiunge un consistente numero di comuni ed amministrazioni locali, per un totale di circa 800 istituzioni. Quanto, invece, all’utilizzo finora sembra che sia più legato a specifici progetti di automazione che non ad una libera adozione di uno strumento innovativo nell’ambito delle prassi lavorative.
In particolare, rispetto alla scadenze del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) a che punto siamo?
Da cosa nascono le difficoltà attuative di un progetto di copertura nazionale?
Penso che per le amministrazioni il problema non sia tanto quello di assolvere ad un nuovo adempimento, quanto piuttosto quello di effettuare una riorganizzazione dei processi. Quanto ai vantaggi conseguibili, a volte anche un solo procedimento di un’amministrazione può conseguire tangibili vantaggi, tuttavia da un punto di vista di effetti di sistema occorre che entro un breve periodo la PEC sia adottata in molti procedimenti e dalla maggioranza delle amministrazioni. Le maggiori difficoltà che ostacolano l’utilizzo della PEC sono legate alla conoscenza della PEC stessa, al cambiamento delle prassi, alla novità tecnologico-normativa e alle preoccupazioni e dubbi che ne sorgono, infine, in qualche caso, anche alle preoccupazioni dovute al fatto che l’utilizzo della PEC mette in luce più rapidamente le inefficienze.
Altro aspetto da considerare, infine, è la cogenza stessa delle norme. Quelle in questione, in particolare, non hanno alcun deterrente per coloro che eludono o ne ritardano l’applicazione.
Indice PA è nato per rendere pubblici gli indirizzi di PEC, favorendone l’utilizzo da parte dei soggetti soprattutto pubblici ma anche privati. Lo strumento risponde alle esigenze per cui era stato implementato?
Partendo con un’autocritica posso affermare che le modalità di inserimento ed aggiornamento dei dati previsti nell’Indice PA presentano qualche difficoltà per quelle amministrazioni che hanno scarsa dimestichezza con i programmi informatici. Tale problema verrà superato a breve con la messa a disposizione di nuove modalità guidate. Tuttavia tale difficoltà non preclude la rispondenza dello strumento agli obiettivi ed indubbiamente i numeri relativi alle amministrazioni che pubblicano caselle PEC è tale da fornire una buona base di partenza. Quanto all’utilizzo delle informazioni pubblicate per attivare iniziative di comunicazione a mezzo PEC, c’è ancora diffidenza e incertezza sul fatto che gli indirizzi PEC pubblicati sono indirizzi telematici con lo stesso valore legale degli indirizzi postali. Sono necessarie ulteriori azioni di sensibilizzazione e comunicazione. L’iniziativa da parte dei privati di utilizzare la PEC per le comunicazioni nei confronti della PA è sporadica ed ancora molto marginale ed è principalmente legata ad iniziative della PA. In ambito tutto privato vi sono significative iniziative nei settori bancari, finanziari, commerciali e dei servizi.
L’utilizzo pieno delle potenzialità PEC è collegato alla digitalizzazione dell’intero ciclo di gestione documentale. Come ci si muove su questo fronte rispetto all’attivazione della PEC?
Finora la resistenza al cambiamento che ha rallentato il processo di digitalizzazione dei flussi documentali è motivabile da norme non cogenti, da messaggi che talvolta hanno trascurato gli aspetti organizzativi e da pianificazioni finanziarie non sempre allineate con tutti gli obiettivi di rinnovamento ed in grado di garantire la sostenibilità nel tempo delle iniziative. Tali ambiti al momento sembrano tutti indirizzati dal Governo e dagli attori che hanno responsabilità nel processo di cambiamento. Per quanto concerne la PEC in particolare, in Finanziaria è stato proposto un articolo che prevede in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni del CAD, in merito all’utilizzo della PEC, in misura superiore al cinquanta per cento del totale della corrispondenza inviata, la riduzione, nell’esercizio finanziario successivo, del trenta per cento delle risorse stanziate nell’anno in corso per spese di invio della corrispondenza cartacea.
Si spingono le imprese a utilizzare la PEC per interfacciarsi con la PA, ma la PA a sua volta non si direbbe del tutto pronta…
Abbiamo una situazione a macchia di leopardo, con territori o settori di amministrazioni che hanno iniziato o stanno iniziando un processo di utilizzo della PEC con professionisti ed imprese, negli altri casi sono necessarie azioni di stimolo. Al riguardo l’art. 6 del CAD prescrive alle amministrazioni l’obbligo di utilizzare la PEC con i soggetti interessati e che ne facciano richiesta. Nelle linee strategiche del Ministro Nicolais "Verso un sistema nazionale di e-government" si afferma la necessità di dare impulso a progetti che utilizzino in modo integrato la rete, il documento informatico, la firma digitale, la posta certificata. Nel nuovo ddl sulla semplificazione è previsto che professionisti, imprese e PA che pubblicano i loro indirizzi PEC, utilizzino questo strumento per l’invio delle comunicazioni tra loro intercorrenti, senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l’utilizzo.