PCT e nuovo CAD: figlio minore e trascurato
Il
legislatore in questa fase da una parte estende la disciplina stabilita
nel CAD a tutti gli ambiti del diritto, dall’altra si premura di
stabilire l’eccezionalità delle disposizioni che riguardano il PCT.
Questa mossa serve a mantenere in vita la parte dell’ordinamento che
rende valide ed efficaci le operazioni che obbligatoriamente si compiono
con gli strumenti del PCT
15 Febbraio 2016
Andrea Rossetti, Università degli Studi di Milano-Bicocca
Nello schema di modifica del CAD rilasciato in questi giorni sul sito del governo il sintagma “processo civile telematico” compare tre volte. La prima nell’art. 2 nelle modifiche al comma 6 dell’art. 2 (“Finalità e àmbito di applicazione”) del DL 82/2005: “Le disposizioni del presente Codice si applicano altresì al processo civile e penale in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico”. La seconda nell’art 18 che modifica il comma 2 dell’articolo 21 (“Documento informatico sottoscritto con firma elettronica”) e la terza nell’art. 52 che introduce il comma 2-septies dell’art. 64 (“Modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni”) del CAD dove viene ribadita, esattamente con le stesse parole, la specialità delle disposizioni che riguardano il PCT: ““Restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa anche regolamentare in materia di processo telematico.”
> Questo articolo fa parte del dossier “Speciale CAD, grandi firme commentano il codice della PA digitale”
Il legislatore in questa fase quindi da una parte estende la disciplina stabilita nel CAD tutti gli ambiti del diritto, dall’altra si premura di stabilire l’eccezionalità delle disposizioni che riguardano il processo telematico in ogni sua forma. Questa mossa serve a mantenere in vita la parte dell’ordinamento che rende valide ed efficaci le operazioni che obbligatoriamente si compiono con gli strumenti del PCT; però sembra anche mantenere in vita una sorta di doppio binario: da una parte c’è il processo civile tradizionale, dall’altra c’è una specie di suo figlio minore il “processo civile telematico”. Mi sembra una dicotomia pericolosa per due motivi. Il primo è di carattere sociologico: anche se si sono fatti molti passi in avanti e si sono investisti molti denari nel PCT, il cambiamento non è ancora irreversibile e dare l’idea che il processo telematico sia una sorta di marchingegno accroccato come un corpo estraneo al tronco principale del processo mi pare pericoloso almeno dal punto di vista comunicativo. C’è un solo ordinamento e c’è un solo processo, che solo in alcuni casi eccezionali non viene svolto con strumenti telematici.
Il secondo motivo è di carattere ontologico. Da una parte, sembra che il governo non sia certo dell’impatto che le modifiche alla definizioni di documento digitale possono aver sul validità del funzionamento complessivo del PCT; dall’altra, alcune modifiche sembrano andare nella direzione di rendere il documento digitale il più simile possibile ai documenti di carta, riducendo così il possibile impatto dell’innovazione dovuta alla specificità connaturata alla digitalizzazione delle informazione. Anche questa una direzione che sarebbe opportuno non prendere: benché la dottrina e l’idea del documento abbiano una storia millenaria è il momento di una rivoluzione ontologica che cambi, anche nel discorso comune, il significato di questo termine.