La riforma emozionale della PA
“Se Brunetta porta avanti un discorso di ristrutturazione della pubblica amministrazione non lo fa solo per ragioni di protagonismo, ma perché capisce che questo è il momento per riformare la PA. Penso, però, che non ci riuscirà perché il suo attacco è stato troppo emozionale e le emozioni, per natura, sono destinate a consumarsi, a decadere”.
A parlare è il sociologo Giuseppe De Rita, attento osservatore della società italiana.
Consapevoli che il discorso meriterebbe una trattazione specifica e che il riferimento al tema si innestava nella presentazione del rapporto Censis 2008 abbiamo comunque avvicinato il professore per porgli un paio di domande.
10 Dicembre 2008
“Se Brunetta porta avanti un discorso di ristrutturazione della pubblica amministrazione non lo fa solo per ragioni di protagonismo, ma perché capisce che questo è il momento per riformare la PA. Penso, però, che non ci riuscirà perché il suo attacco è stato troppo emozionale e le emozioni, per natura, sono destinate a consumarsi, a decadere”.
A parlare è il sociologo Giuseppe De Rita, attento osservatore della società italiana.
Consapevoli che il discorso meriterebbe una trattazione specifica e che il riferimento al tema si innestava nella presentazione del rapporto Censis 2008 abbiamo comunque avvicinato il professore per porgli un paio di domande.
Se la riforma della pubblica amministrazione sta cavalcando un’onda emozionale e per questo motivo si infrangerà lasciando che la schiuma ridiventi acqua e le molecole, ceduta la loro forza, torneranno a seguire flussi e correnti successive, su quali acque dovrebbe navigare il rinnovamento della PA?
Brunetta ha posto un problema vero che è quello della meritocrazia: purtroppo poi tutti hanno interpretato il discorso riducendolo al discorso fannulloni/non fannulloni. Cioè facendo leva, ancora una volta, come spesso avviene nel nostro Paese, sull’emozionalità.
Il vero problema che, invece, Brunetta ha colto è quello della valutazione meritocratica che è un tema molto più complesso. Il punto non è tanto andare a vedere il numero di ore che un funzionario passa al lavoro, ma il modo in cui queste ore vengono spese e i risultati che si raggiungono.
L’unico modo per migliorare la pubblica amministrazione è tentare la strada meritocratica non quella repressiva del tornello per regolare entrate e uscite. Conoscendo poi i palazzi di Roma bisognerebbe mettere i tornelli anche in terrazza…
La valutazione del merito è un tema dibattuto da tempo, eppure non è mai riuscito a tradursi in azioni concrete…
La valutazione è una della cose che la gente non accetta. Ricordate la valutazione degli insegnanti voluta da Berlinguer e il putiferio che scatenò? Chiunque ponga un problema di valutazione viene subito cecchinato. Io stesso ho fatto il presidente del comitato di valutazione universitaria e ho capito che non era possibile fare una valutazione seria principalmente per problemi legati al “potere” e per una mancanza di tecniche, di metodo.
Ciò nonostante la valutazione resta l’unica strada, altrimenti c’è solo il controllo burocratico e sterile: sei in ufficio/non sei in ufficio. Che è poi quello a cui i media hanno ridotto gli interventi del Ministro Brunetta.
A mio parere l’aspetto più problematico di questa vicenda è che la maggior parte dei ministeri, ma forse in genere, la maggior parte delle strutture dell’amministrazione pubblica, intesa nel modo “classico”, ha esaurito la propria funzione.
I dipendenti possono anche essere in ufficio, ma a fare cosa? Trent’anni fa lo Stato si reggeva sui funzionari che scrivevano, lavoravano, spostavano carte, timbravano, spedivano, catalogavano. Trent’anni fa entravi in un ministero e trovavi le stanze ingorgate di personale intento in mansioni complesse da fare a mano, penso ad esempio al trasferimento degli insegnanti, alle pratiche di promozione, al “concorsino”… Oggi tutto si fa in maniera più automatica e veloce. Sono cambiati gli strumenti e anche qualche processo. Quindi tornando al tema dei fannulloni quello che mi viene da dire è: ma queste persone se pure volessero lavorare dodici ore cosa dovrebbero fare?
Questo è il vero problema da risolvere: stabilire cosa valutare partendo dalla consapevolezza di questi fatti, senza insistere su una dimensione più generale e astratta.