Processi infiniti e mancanza di informazione: la giustizia italiana vista dai cittadini
Presentato il primo Rapporto Pit Giustizia di Cittadinanzattiva, che ci restituisce il ritratto di un sistema ancora incapace di dare risposte in tempi ragionevoli alla richiesta di tutela e di certezza del diritto.
10 Novembre 2009
Michela Stentella
Presentato il primo Rapporto Pit Giustizia di Cittadinanzattiva, che ci restituisce il ritratto di un sistema ancora incapace di dare risposte in tempi ragionevoli alla richiesta di tutela e di certezza del diritto.
“Ho un giudizio civile in corso da ben 26 anni per una servitù di passaggio concessa ad un vicino. Il giudizio inizia nel 1982 e la sentenza di 1° grado ci dà ragione, mentre la sentenza di appello ci è contraria. Ricorriamo in Cassazione la quale rinvia alla Corte di Appello. Il vicino decide di presentare un controricorso in Cassazione nel 2005 per il quale sono ancora in attesa di sentenza. Possono i processi durare così tanto? Cosa posso fare?”. È solo una delle testimonianze che troviamo all’interno del primo Rapporto Pit Giustizia, realizzato da Giustizia per i diritti-Cittadinanzattiva e presentato oggi a Roma.
Dall’analisi dei circa duemila casi finora seguiti dal servizio gratuito di consulenza e assistenza di Cittadinanzattiva, attivo da circa un anno, emerge l’immagine di un Paese in cui i cittadini non hanno più fiducia nel sistema giudiziario e non solo a causa delle lungaggini burocratiche, che dilatano i tempi necessari per arrivare alla sentenza definitiva (quando non sopraggiunge la prescrizione); vengono denunciate anche la mancanza di orientamento e informazioni da parte dei legali, che per esempio non presentano agli assistiti la possibilità di ricorrere alla conciliazione in alternativa all’aula del tribunale; e ancora l’inaffidabilità dei Consulenti Tecnici di Ufficio, che depositano la documentazione anche con anni di ritardo; senza dimenticare i continui rinvii delle udienze da parte dei giudici. Insomma, ce n’è per tutti. È l’intero sistema giudiziario a finire sotto accusa e le azioni avviate finora per rimediare a questa situazione non sembrano aver avuto effetti positivi.
Il 60% dei cittadini che si è rivolto al Servizio Pit Giustizia ha in corso processi civili, il 20% penali e il 5% amministrativi. Il restante 15% non ha ancora iniziato un procedimento e vuole solo chiarirsi le idee. Oltre una persona su sei (15,8% dei casi) ha chiesto informazioni su come accedere al risarcimento per l’irragionevole durata del processo.
Le segnalazioni riguardano in maggioranza il settore della salute (35,7%); segue il settore “consumerismo” (19,2%), quindi contenziosi con banche, assicurazioni, poste, trasporti; poi le cause di lavoro (15%), i problemi famigliari (11,9%) o con la Pubblica amministrazione (14,1%) e infine la scuola (4,2 per cento).
Al Nord prevalgono le questioni familiari, quindi separazioni, divorzi e affidamenti (16%), mentre al Sud (41,3%) e al Centro (38,4%) il tema dominante è quello del sospetto errore medico o diagnostico, quindi la cosiddetta “malasanità”. In quest’ultimo settore, Cittadinanzattiva cita un caso esemplare: un uomo avvia una causa per la mancata diagnosi di un linfoma. Dopo 7 anni di indagini preliminare, vengono rinviati a giudizio 5 medici, ma la prima udienza si è conclusa con un “non luogo a procedere” per intervenuta prescrizione dei reati.
La situazione critica della giustizia italiana, sottolinea Cittadinanzattiva, pesa non soltanto sulle parti in causa, ma sull’intero sistema-Paese. Citando il Rapporto della Banca mondiale (che ha comparato 181 sistemi economici per fornire indicazioni alle imprese sui Paesi in cui è più vantaggioso investire), si ricorda che l’Italia è al 156esimo posto e che nel 2008 la durata di un procedimento di recupero di un credito, originato da una disputa di carattere commerciale, era in Italia di 1.210 giorni (quasi 4 anni!), contro 331 giorni in Francia, 394 in Germania, 316 in Giappone e 515 in Spagna. Eppure, secondo lo stesso Rapporto (ripreso anche nella Relazione di apertura dell’anno Giudiziario 2009) l’Italia non si discosta da altri partner europei per il numero di risorse umane (magistrati e personale amministrativo) destinate alla giustizia: in Italia vi sono 11 giudici ogni 100.000 abitanti, in Francia 11,9 e in Spagna 10,1.
Dove bisogna intervenire, quindi?
“Bisogna intervenire per esempio sui Consulenti Tecnici di Ufficio, imponendo tempi di consegna che non vadano oltre i 40 giorni – dichiara Mimma Modica Alberti, coordinatore nazionale di Giustizia per i diritti di Cittadinanzattiva -. Per quanto riguarda invece la giustizia penale, crediamo fondamentale intervenire per garantire la sospensione del corso della prescrizione del processo, al pari di quanto già previsto per il civile”.
Ma processi lunghi significano anche spese notevoli e Modica Alberti aggiunge: “Crediamo necessario intervenire per garantire l’accesso al patrocinio a spese dello Stato, anche vincolandolo ai parametri economici dell’Isee.” Per concludere poi con una riflessione: “Al di là delle singole proposte, crediamo che una giustizia che abbia i requisiti di un servizio pubblico debba garantire ampie possibilità di accesso, qualità delle decisioni ragionevolezza dei tempi di risposta, accoglienza, trasparenza e rispetto della dignità dei cittadini, così come il diritto all’informazione. Registriamo invece ancora un luogo chiuso ai cittadini, che risponde a logiche solo interne”.
Scarica qui il Rapporto integrale (ricordiamo che non è un’indagine statistica, perché prende come campione solo i cittadini che si sono rivolti al Pit Giustizia).