Tutti i nodi della formazione: l’offerta e i dirigenti sono impreparati
L’attuazione del Piano Scuola Digitale richiederebbe in primo luogo la
creazione di un corpo adeguato di formatori per i vari attori della
filiera: dai funzionari ministeriali agli uffici scolastici, dai
dirigenti scolastici al personale tecnico-amministrativo e agli
insegnanti. Questo corpo di formatori oggi non c’è e non si può far
finta che ci sia. Bisogna avere il “coraggio politico” di accettare la
criticità
4 Febbraio 2016
Paolo Paolini, Politecnico di Milano
Il Piano Scuola digitale presenta obiettivi ambiziosi di rinnovamento della scuola, utilizzando le possibilità offerte dalle tecnologie (informatiche soprattutto).
Il piano ha come “target” finale gli allievi (da bambini ad adolescenti) che frequentano la scuola, ma gli attori coinvolti rappresentano in realtà tutta la filiera della scuola: (dal basso verso l’alto) insegnanti, tecnici, personale amministrativo, dirigenti, uffici scolastici provinciali e regionali, funzionari ministeriali ai vari livelli, le facoltà Universitarie che si occupano di formazione, gli istituti pubblici a supporto della ricerca educativa (es. Indire)…
Per utilizzare efficacemente (e correttamente) le tecnologie, dispiegandone tutta la potenzialità, è necessario che tutti gli attori della filiera abbiano una strategia (diversa a seconda del livello e del ruolo), capacità progettuali concrete (corrispondenti alla strategia) e poi sappiano attuare la progettualità.
Gli attori della filiera scolastica hanno la competenza strategico-operativa necessaria per attuare gli obbiettivi del piano scuola digitale?
Secondo lo scrivente, gli attori menzionati (per la maggior parte e salvo benvenute eccezioni) questa competenza non la possiedono. Non si tratta di “conoscere le tecnologie”, ma si tratta di sapere come, quando e con quali finalità specifiche usare le tecnologie nelle attività didattiche. Seguendo il TPCK model (Technology, Pedagogy and Content Knowledge model), un noto modello didattico molto noto a livello di ricerca internazionale (ma poco conosciuto in Italia), non si tratta di TK (conoscenza della tecnologia) o di PK (conoscenza della pedagogia), ma di TK-PK, ovvero di come la tecnologia e la pedagogia si intersecano e si influenzano reciprocamente. Questa conoscenza (che combina in un circolo virtuoso aspetti fondanti e aspetti operativi) la si acquisisce dalla letteratura internazionale, dai convegni internazionali, dalla conoscenza approfondita di quanto avviene non solo in Italia, ma nel mondo.
Il fatto che gli attori della filiera non siano preparati a quanto viene loro chiesto, è probabilmente noto agli estensori del piano scuola digitale. Citiamo due casi specifici:
- Enfasi (con bonus) data alla formazione degli insegnanti;
- Creazione degli “animatori digitali”.
Esaminiamo la formazione degli insegnanti. L’ idea di formare gli insegnanti naturalmente è ottima, come l’idea di incentivarli. Ci sono vari aspetti tuttavia che lasciano perplessi:
C’è una offerta formativa adeguata a cui gli insegnanti possano rivolgersi?
Secondo chi scrive, no: quindi si rischia che la formazione diventi un (costoso) riciclo di informazioni ed impostazioni oramai vecchie e non utilizzabili. Propagare e diffondere la “non-competenza” diffusa non avvicina agli obbiettivi.
Ci si preoccupa di formare i “decision maker”? Dirigenti scolastici, direttori dei vari uffici scolastici e loro staff, funzionari ministeriali…?
Di nuovo, secondo chi scrive, no: dato che questi attori sono quelli che dovrebbero indirizzare e supervisionare gli insegnanti nella loro formazione, ovviamente i due problemi si intersecano.
Veniamo al problema degli “animatori digitali”, coloro che all’interno di ciascun istituto dovrebbero diffondere l’uso delle tecnologie, non solo per gli aspetti operativi ma soprattutto per gli aspetti strategici e decisionali. Ci sono alcune semplici domande:
Esiste presso ciascun istituto la persona adatta a fare l’animatore digitale?
I dirigenti hanno la preparazione adeguata per scegliere la persona giusta e dare il giusto indirizzo?
Esiste la possibilità di formare adeguatamente gli animatori (o i candidati ad esserlo)?
Secondo lo scrivente la risposta è nuovamente no a tutte e 3 le domande.
L’attuazione del Piano Scuola Digitale richiederebbe in primo luogo la creazione di un corpo adeguato di formatori per i vari attori della filiera: dai funzionari ministeriali, agli uffici scolastici ed il loro staff, dai dirigenti scolastici, al personale tecnico-amministrativo e agli insegnanti.
Questo corpo di formatori oggi non c’è e non si può far finta che ci sia. Bisogna avere il “coraggio politico” di accettare la criticità della situazione e di cercare il modo per affrontarla.
Il Politecnico di Milano (HOC-LAB, www.dol.polimi.it) da tempo forma insegnanti sul tema dell’incrocio tra Pedagogia e Tecnologia. Nel corso degli anni sono stati formati più di 3000 insegnanti e sono stati coinvolti in vari progetti digitali più di 10.000 insegnanti di tutto il mondo.
La nostra attività (che ha generato più di 50 pubblicazioni internazionali) ci dice che la ricetta di fondo è molto semplice: la scuola italiana deve affrontare il modo serio il tema della internazionalizzazione.
Gli attori della filiera della scuola italiana sono da tempo abituati alla auto-referenzialità. A tutti i livelli conoscono quanto avviene “localmente” (nei vari ambiti) e sostanzialmente non conoscono la letteratura internazionale, non partecipano ai convegni internazionali, non sono inseriti nel dibattito mondiale sulla scuola.
Sulla base di quanto sopra lo scrivente formula una chiara proposta: costruire (sulla base di competenze genuinamente internazionali) un nucleo di formatori ben preparati che poi possano a tutti i livelli formare gli attori della filiera della scuola (e non solo gli insegnanti).
I candidati formatori sono di relativamente semplice reperibilità: nella nostra esperienza abbiamo incontrato decine (centinaia) di insegnanti e dirigenti che potrebbero diventare formatori di straordinaria qualità. Bisogna però attivare un processo ambizioso e concreto che renda tutto ciò possibile, smettendo in parallelo di diffondere l’auto-referenziale non-competenza attuale come se fosse la risoluzione dei problemi.