Libro Bianco FPA, pubblico impiego: perché il lavoro agile è leva di innovazione

Home Riforma PA Libro Bianco FPA, pubblico impiego: perché il lavoro agile è leva di innovazione

Affinché lo smart working si diffonda nel settore pubblico è necessario intervenire con un’azione massiva di accompagnamento, comunicazione e informazione che possa contribuire a rimuovere gli ostacoli di natura culturale e organizzativa ancora presenti in alcune PA. Monica Parrella firma questo articolo per FPA per condividere con tutta la nostra community quanto sostenuto davanti al Ministro Bongiorno, in occasione della presentazione del Libro Bianco elaborato da FPA

10 Dicembre 2018

Per comprendere le ragioni per le quali il lavoro agile può rappresentare una leva per l’innovazione nella Pubblica amministrazione, è necessario partire da una sintetica analisi del contesto in cui si muovono i lavoratori e le lavoratrici del settore pubblico in Italia.La PA oggi si presenta come un Giano bifronte: da un lato ha una immagine “anziana”, rappresentata dall’elevata età media dei dipendenti, che supera ovunque i 50 anni, da forti resistenze all’innovazione, ma al contempo da un accresciuto bisogno di flessibilità in un contesto organizzativo rigido e ancorato a vecchi schemi, in termini di tempi, luoghi e processi; dall’altro, si sta delineando anche un’immagine più “giovane” e innovativa, di cui sono protagonisti le nuove leve in ingresso e alcuni dirigenti, caratterizzata dalle opportunità offerte dagli strumenti tecnologici e dai nuovi processi di digitalizzazione.E’ possibile trovare un equilibrio tra queste due facce che convivono sotto lo stesso tetto e che possono sembrare tra di loro così difficili da conciliare? Il lavoro agile è a mio avviso in grado di andare oltre queste diversità, rappresentando l’occasione per un ripensamento del lavoro pubblico in chiave di maggiore benessere organizzativo sia per i nuovi dipendenti che per i più anziani. Sfruttando al meglio le nuove tecnologie e facendo leva, da un lato, sul patrimonio di esperienze dei dipendenti già in servizio, e dall’altro, sulla carica innovativa dei newcomers, lo smartworking rappresenta un’occasione imperdibile per la diffusione, attesa da tempo, dell’innovazione dei processi nella pubblica amministrazione.Del resto, come ricerche nazionali e internazionali registrano, i giovani, sempre più digitali e connessi, sono proprio alla ricerca di un tipo di lavoro che risponda alle moderne esigenze di flessibilità alle quali il lavoro agile viene incontro. Occorre perciò un vero e proprio rebranding della pubblica amministrazione, che permetta di attrarre i migliori al settore pubblico, ponendo un freno per questa via all’emorragia di talenti che in Italia non trovano o non ritengono di poter trovare adeguato spazio e riconoscimento.La stagione che prenderà avvio dal 2019 di nuove consistenti immissioni di personale nel settore pubblico rappresenta dunque un’occasione straordinaria per assicurare alle pubbliche amministrazioni italiane la linfa vitale indispensabile per far fronte alle sfide che la modernità richiede alle organizzazioni e alle aspettative di migliori e più efficienti servizi dei cittadini .Ma per attrarre i migliori, e permettere alle pubbliche amministrazioni di beneficiare del loro apporto innovativo e spesso positivamente “disruptive”, occorre sostenere l’innovazione digitale favorendo la diffusione presso le pubbliche amministrazioni del lavoro agile, una modalità innovativa di esecuzione della prestazione lavorativa che punta a sostituire la cultura della mera presenza fisica con quella del risultato, attraverso un monitoraggio di obiettivi misurabili che prescinde dalle ordinarie limitazioni di tempo e spazio.Nelle pubbliche amministrazioni diversi possono essere i fattori che hanno inciso sulla mancata realizzazione di quella “rivoluzione digitale” attesa da tempo e che sembra ai più ancora un miraggio. Si pensi, ad esempio, alla tendenza a duplicare il lavoro associando, e non sostituendo, la modalità digitale a quella tradizionale, senza un ripensamento dei processi definiti prima dell’avvento della tecnologia digitale, e alla difficoltà ad abbandonare l’uso della carta; una difficoltà spesso non solo dovuta a resistenze culturali, ma anche legata alla carenza di digital skills dei dipendenti. Nello specifico, in alcuni casi, il processo di digitalizzazione, seppure avviato, non soltanto non ha comportato uno snellimento dei procedimenti amministrativi, ma ha aggravato l’inefficienza e la ridondanza delle procedure cartacee storiche.Inserendosi nel contesto descritto, il lavoro agile sta avviando nelle pubbliche amministrazioni in cui è in fase di sperimentazione una piccola rivoluzione. “Costringendo” a lavorare attraverso le tecnologie informatiche fuori dal consueto ambiente di lavoro e dalle pratiche cartacee, il lavoro agile sta imprimendo un’accelerazione importante verso l’avvio o il completamento della digitalizzazione dei processi. Partendo, cioè dallo strumento digitale, la cui piena funzionalità va “garantita”, pena l’impossibilità di lavorare “agilmente”, la destrutturazione dell’ambiente di lavoro e l’utilizzo sistematico delle reti telematiche nell’articolazione dei processi, sta permettendo la ridefinizione e la semplificazione “dal basso” delle procedure amministrative.Dalla sperimentazione del lavoro agile si potrà trarre spunto per avviare più ampie politiche di gestione delle risorse umane orientate al change management, che affermino (o consolidino nelle realtà più mature) la cultura della performance rispetto a quella della presenza e permettano di misurare la produttività sempre più sulla base di obiettivi e risultati. Lavorare in modo “agile” significa infatti passare dalla logica gerarchica del controllo a quella partecipativa, da una amministrazione del “come” ad una amministrazione del “perché”, basata sulle responsabilità reciproche e la condivisione di strategie, valori e obiettivi.Questa opportunità di cambiamento epocale nell’organizzazione del lavoro, in particolare nel pubblico impiego, è stata colta dalla legge n. 124 del 2015, tradotta in specifiche indicazioni operative attraverso la Direttiva in materia n. 3/2017 del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.Diverse Pubbliche amministrazioni, in adempimento delle disposizioni normative appena richiamate e avendo presenti gli importanti benefici rilevati nel settore privato, hanno già avviato percorsi sperimentali per l’introduzione del lavoro “agile” all’interno delle proprie strutture.Tuttavia non si può non concordare con il recente Libro Bianco sull’innovazione della PA realizzato da FPA quando afferma che “L’aspetto critico che rallenta l’implementazione di questo strumento è il contesto culturale della pubblica amministrazione italiana, che si presenta come impreparata ad adottare un approccio strutturato e graduale che consenta di sperimentare, misurare e personalizzare il modello sulle specificità delle diverse realtà organizzative”. Condivido pienamente questa criticità, confermata anche dalle recenti stime dell’Osservatorio Smart-working del Politecnico di Milano sulla ancora limitata introduzione del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche.Appare perciò necessario intervenire con un’azione massiva di accompagnamento, di comunicazione e informazione che possa contribuire a rimuovere gli ostacoli di natura culturale e organizzativa alla diffusione di un nuovo modo di lavorare nel pubblico impiego che ha anche rilevanti potenziali effetti positivi in termini di pari opportunità tra uomini e donne.La massiccia diffusione del lavoro agile, favorendo il venir meno della “cultura della presenza” potrà infatti contrastare, e auspicabilmente sradicare, i diffusi stereotipi sul lavoro femminile e sulla presunta minore disponibilità/produttività delle donne connessa ai carichi di cura familiare. Mi riferisco, in particolare, allo stigma associato al maggior numero di assenze (legate alla maternità ma non solo) e alla generale minore attitudine delle donne a trattenersi in ufficio oltre l’orario ordinario di servizio.Il lavoro agile, favorendo la conciliazione dei temi di vita e di lavoro e riducendo le assenze, appare infatti idoneo ad appianare le distorsioni presenti nel mercato del lavoro legate allo stigma di minore “affidabilità” al quale sono troppo spesso associate le donne nei luoghi di lavoro rendendole vittime di stereotipi se non di vere e proprie discriminazioni.Proprio con lo scopo di favorire la diffusione e il consolidamento di un nuovo modo di intendere le prestazioni lavorative, l’Ufficio per gli interventi in materia di parità e pari opportunità del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio ha avviato un’importante azione di accompagnamento delle amministrazioni pubbliche attraverso il “ Progetto Lavoro agile per il futuro della PA: pratiche innovative per la conciliazione vita/lavoro”, finanziato a valere sul PON Governance e capacità istituzionale 2014-2020.Il cuore del progetto è rappresentato dall’accompagnamento di 15 amministrazioni pilota (centrali, regionali e locali) nell’implementazione di percorsi di lavoro agile, che si sta sviluppando attraverso un supporto personalizzato e attività dedicate di formazione ed assistenza.Altre 10 amministrazioni, presso le quali la sperimentazione è già stata avviata, stanno beneficiando di supporto su aspetti specifici in base allo stato di avanzamento della sperimentazione in corso. Le altre pubbliche amministrazioni che si sono candidate all’accompagnamento e non sono state selezionate per i progetti pilota saranno, invece, supportate con l’ausilio di una Piattaforma interattiva nell’ambito della quale sarà possibile dialogare, scambiare strumentazione specifica e accedere alla documentazione relativa alle sperimentazioni in atto.Particolare enfasi ed attenzione è riservata da parte del progetto alle azioni di change management nonché al monitoraggio e alla valutazione delle sperimentazioni, anche in connessione con gli obiettivi organizzativi ed individuali previsti dai Piani della performance per le singole PA.Infine, proprio a partire dall’innovativa e positiva esperienza delle giornate e delle settimane del lavoro agile, promosse dal Comune di Milano, che è amministrazione “mentore” del progetto, entro il 2020 saranno realizzate almeno 5 Giornate di lavoro “agile” in altrettante città italiane , coinvolgendo pubbliche amministrazioni e aziende private, che permetteranno una ampia sperimentazione del modello su scala nazionale, con decine di aziende e PA coinvolti e un sistema di misurazione dei benefici non solo per i dipendenti, ma anche per le organizzazioni e la collettività. La prima Giornata di Lavoro Agile di Roma ,organizzata nell’ambito del progetto, è prevista per il 13 dicembre 2018.Sono dunque numerose le amministrazioni che si sono attivate o stanno per essere coinvolte in un processo di innovazione organizzativa che permetterà al mondo del lavoro pubblico di adottare un modello che si può definire win-win-win, in considerazione degli evidenti impatti positivi che è in grado di produrre non solo per i lavoratori (migliore conciliazione vita-lavoro e maggiore benessere organizzativo), ma anche per le organizzazioni (maggiore produttività) e per la collettività (riduzione del traffico nelle città dovuto ai minori spostamenti per e da i luoghi di lavoro). Più agile, meglio per tutti.A firma di Monica Parrella leggi anche “Smart working: un “equalizzatore” che appiana le distorsioni di genere nel mercato del lavoro” e “Perché il lavoro agile serve alla PA. Parrella: “Ecco i risultati della prima fase di sperimentazione

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!