Bolzano: la cultura del risultato migliora i servizi

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Ne parliamo con Renzo Caramaschi – Direttore generale del Comune di Bolzano

13 Aprile 2004

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Redazione FORUM PA

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Ne parliamo con Renzo Caramaschi – Direttore generale del Comune di Bolzano

Sono ormai alcuni anni che il Comune di Bolzano ha posto alla base della sua azione la "cultura della misurazione": in che cosa consiste questa "rivoluzione" e perché è così importante?

La cultura della misurazione altro non è che la conoscenza di quanto si è fatto e con quante persone. Potrebbe sembrare un fatto banale perché nel privato non esiste un’azienda che non conosca il numero di prodotti realizzati, il costo unitario e il tempo necessario. Ma nella pubblica amministrazione questa mentalità non è assolutamente scontata, anzi. Quando nel 2001 ho assunto la carica di direttore generale, inizialmente ho dovuto faticare anche per sapere la quantità di servizi che ogni ufficio produceva, un primo step assolutamente necessario per attuare un controllo di gestione serio. Abbiamo quindi introdotto indicatori di attività, efficienza, efficacia e qualità, rapportandoli al sistema degli obiettivi per raggiungere quella “cultura del risultato”, misurato e valutato anche in termini di qualità percepita dal cittadino, senza la quale la P.A. non sarà mai in grado di rispondere alle accresciute esigenze della società.

Come avete scelto gli indicatori?

Analizzando l’attività svolta da ciascun ufficio. Per un centro di costo, ad esempio le scuole materne, abbiamo inserito parametri finanziari ed economici come: l’incidenza tra l’accertato e il riscosso; il grado di attendibilità delle previsioni per le entrate; la retta media per bambino; il costo medio annuo per iscritto; il costo per pasto, ecc. Tra gli indicatori di efficacia e di qualità, rivolti quindi più al cittadino, troviamo ad esempio: il tasso di copertura del servizio; lo spazio medio per bambino (che da noi supera notevolmente gli standard previsti dalla legge); il grado di criticità igiene (dove troviamo un ottimo “zero” che significa che i NAS non hanno elevato nessuna contravvenzione a seguito di ispezioni nelle nostre scuole); i ricorsi su procedure negoziate; il grado di criticità nei controlli biologici e così via. Come vede cerchiamo di evidenziare per ogni attività gli indici capaci di esprimere dati utili ai dirigenti per attuare azioni di miglioramento del servizio. Tenga presente che per compilare le tabelle con questi indici gli uffici impiegano al massimo due o tre ore, perché sono dati di cui, ora, hanno piena conoscenza.

Quali risultati concreti state ottenendo?

Innanzitutto servizi più efficienti perché i dirigenti, grazie al monitoraggio costante dei parametri fondamentali, hanno una conoscenza più precisa dell’attività svolta e dei settori dove operano. Così non solo siamo riusciti a centrare importanti obiettivi di miglioramento gestionale, ma siamo intervenuti anche sui carichi di lavoro. Collegando la banca dati del personale e il sistema degli indicatori, abbiamo individuato le quantità prodotte da ogni ufficio, il numero dei dipendenti utilizzati, il tempo speso, ecc. Queste informazioni, confrontate con quelle delle amministrazioni più avanzate, hanno permesso di dare una base oggettiva alla nuova pianta organica che prevede una riduzione del personale del 5% già concordata con i sindacati. Anche la mobilità interna è stata svincolata da vecchie logiche politiche e agganciata ai carichi di lavoro effettivamente rilevati. In questo senso il consiglio comunale ha modificato il regolamento demandando al direttore generale il parere per i trasferimenti interni. L’amministrazione può così soddisfare la richiesta di nuovi addetti da parte di un settore che ha aumentato attività e volumi prodotti trasferendo, d’intesa con i sindacati e dopo idonei corsi di formazione, i dipendenti che risultano in eccesso in altri uffici dove è stata rilevata una produttività bassa rispetto agli standard. Questo vuol dire soddisfare le esigenze dei servizi senza dover ricorrere ad assunzioni che appesantiscono il bilancio di parte corrente.

Quindi un passo importante sulla strada della flessibilità e dell’efficienza?

Sì, perché vuol dire aver rotto logiche consolidate nel tempo, sulle quali era ormai difficile intervenire. Grazie a questo nuovo approccio, inoltre, siamo riusciti a riformulare il Piano economico di gestione (PEG) non copiando, come troppo spesso accade nell’amministrazione pubblica, le indicazioni indefinite contenute nei programmi politici. Ai dirigenti, infatti, ho chiesto obiettivi misurabili, non impegni generici come “aumenteremo l’efficienza” o “miglioreremo la qualità”. Ed è stata una vera e propria rivoluzione concettuale. La cultura della misurazione è servita a far conoscere non solo al dirigente ma a tutta la struttura quanto si produce, con quali costi e in quanto tempo, aumentando la partecipazione e facilitando il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento.

Avete trovato più resistenza all’introduzione della "cultura della misurazione" tra i politici o tra i dirigenti?

II più refrattari sono stati alcuni dirigenti anziani, mentre i politici hanno capito perfettamente la portata di questa rivoluzione e hanno fatto la loro parte.

Chi vi fornisce i dati di riferimento per fare le comparazioni?

Ci basiamo sui dati raccolti da Galgano che sta monitorando da tempo un gruppo di comuni. E’ stato importantissimo scoprire che, ad esempio, per preparare un pasto per i bambini delle scuole materne si dovrebbero impiegare dai cinque ai dodici minuti, oppure qual è il costo medio di un pasto negli altri comuni. Con questi parametri di riferimento, infatti, si hanno a disposizione informazioni certe su cui basare razionalmente scelte economiche e politiche come, ad esempio, se continuare a produrre un determinato servizio internamente o acquistarlo da un fornitore esterno.

Che cosa succederebbe se i vostri servizi risultassero non in linea con i parametri di riferimento esterni?

Vorrebbe dire o che il personale è in soprannumero rispetto alle necessità o che lavora poco oppure che c’è qualcosa che non funziona nella procedura amministrativa. Monitorando i 172 processi interni del nostro comune, abbiamo capito che alcuni potevano essere semplificati. Quando ho proposto il cambiamento, un dirigente mi ha chiesto smarrito: “Ma dopo io che faccio?”. La realtà che dobbiamo affrontare tutti i giorni è questa e molti si oppongono al rinnovamento per timori personali, abituati da tempo alla sicurezza e tranquillità dell’impiego pubblico. Uno dei maggior difetti della PA, soprattutto a livello di dirigenti, è l’autoreferenzialità: non ci si domanda mai se quanto viene fatto è realmente utile o se esista un modo migliore per compiere lo stesso compito. Infatti è proprio quando si comincia a ragionare in termini di modifica di iter e status consolidati che nascono le resistenze. Occorre però capire che poiché le risorse a disposizione sono scarse, la loro ottimizzazione diventa un obbligo morale nei confronti della società esterna e dei cittadini. Un approccio che sta cominciando a diffondersi tra i dirigenti e i dipendenti e che il sindacato ha già recepito. La ristrutturazione che abbiamo portato a termine ha comportato anche la diminuzione del numero dei dirigenti: un processo non certo facile e indolore ma che siamo riusciti a compiere. Senza ancorare l’amministrazione pubblica alla cultura del risultato si corre il rischio di ritrovarsi con una macchina capace di gestire solo se stessa, che si autoalimenta ma non produce valore aggiunto per la società.

Le amministrazioni spesso si difendono attribuendo lentezze e inefficienze alla necessità di rispettare le complesse procedure previste dalla legge…

Non sono d’accordo: non possiamo continuare a nascondere le nostre inefficienze con la scusa della legittimità, anche perché questa non è in contrasto con il risultato ma ne è il presupposto e il mezzo per ottenerlo. Alcuni teorici lo hanno spiegato utilizzando il concetto più ampio di “legalità”, che comprende sia la legittimità sia la logica del risultato. A Bolzano abbiamo affrontato questo problema analizzando i nostri procedimenti interni e verificando quali fossero i punti di criticità non solo dall’interno ma aprendoci anche alle osservazioni dei cittadini, sia tramite le e-mail ricevute allo sportello reclami on line sia analizzando i dati delle ricerche effettuate da istituti specializzati. Alcuni dirigenti, i più innovativi e capaci, hanno anche accettato di inserire questa valutazione esterna del cittadino tra gli obiettivi di miglioramento: una vera e propria scommessa perché significa non solo guidare i propri dipendenti a essere più efficienti e più veloci, ma anche insegnare loro a comunicare con più gentilezza e a soddisfare le richieste degli utenti.

Il sistema degli indici permette una più accurata valutazione dei dirigenti?

Sì, perché i dirigenti sono valutati in base al raggiungimento o meno degli obiettivi che, per definizione, devono essere misurabili. Quindi questo sistema va proprio nella direzione di una loro maggiore responsabilizzazione perché offre dati e parametri certi di giudizio. Ovviamente se un obiettivo non viene raggiunto il dirigente viene penalizzato economicamente. Però l’aspetto più importante da quando abbiamo introdotto il sistema di misurazione è la soddisfazione e l’orgoglio di molti dipendenti che finalmente vedono riconosciuta la qualità del loro lavoro direttamente dai cittadini. Un entusiasmo che, iniziato in alcuni uffici, sta ora contagiando positivamente tutta l’organizzazione.

 

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