Da TelePat a TelePat 2.0: lo smart working a Trento
L’idea che sia possibile lavorare in
una sede diversa dall’ufficio. L’innovazione di poter lavorare per obiettivi. Considerare lo
smart working quale modalità organizzativa piuttosto che strumento di welfare. Quattro categorie di lavoratori agili per rispondere alle diverse esigenze organizzative del personale. 400
telelavoratori entro luglio. Questi i punti di forza di TelePat 2.0.
15 Marzo 2016
Sara Mancabelli
In Italia
nel 2015 il 17% delle grandi aziende ha sperimentato
pratiche di lavoro agile. Al contrario nella PA solo il 5% ha intrapreso trasformazioni dell’organizzazione del
lavoro con l’introduzione di pratiche digitali, mentre un’amministrazione su
due si mostra disinteressata o disinformata in merito a tali prassi. Questi i
dati dell’Osservatorio
Smart Working del Politecnico di Milano. Malgrado la scarsa diffusione dello
smart working nelle Pubbliche Amministrazioni, a livello locale troviamo già
esperienze interessanti come quelle di Milano e Torino dove lo scorso 18 febbraio si è tenuta la
Terza Giornata del lavoro agile volta a sensibilizzare
aziende, enti e liberi professionisti su questi temi, estesa anche ai
comuni di Genova, Torino, Bergamo e Trento.
Tra i pionieri del lavoro agile anche la Provincia Autonoma di Trento con il Progetto TelePat che mira a ripensare e innovare le modalità di gestione delle risorse umane dando un ruolo di centralità al capitale umano. Avviato in forma sperimentale nel 2012, TelePat ha ricevuto il Premio “Smart Working Awards 2014” e nel 2015 è stato presentato come best practice italiana all’interno del progetto di ricerca LIPSE finanziato dall’Unione Europea sull’innovazione sociale nel settore pubblico. Dal dicembre 2015, superata la fase di sperimentazione, è stato adottato stabilmente dall’Amministrazione evolvendo in TelePat 2.0.
“Un bilancio davvero positivo – evidenzia Paola Borz, Responsabile Ufficio Sviluppo Risorse Umane della Provincia Autonoma di Trento – non solo relativamente ai costi, ma soprattutto per la gestione organizzativa di un ente pubblico in ottica di age management del personale. Il progetto prima e la misura organizzativa ora sono stati possibili grazie alla vision del nostro Presidente della Provincia, Ugo Rossi. Ad oggi i telelavoratori trentini sono circa 270 divisi in tre categorie: domiciliari, telecentri e mobili, cui si aggiungerà – con TelePat 2.0 – una quarta classe di lavoratori agili. La previsione è di raggiungere la soglia dei 400 telelavoratori a luglio. La distinzione in modalità differenziate di smart working permette di rispondere alle diverse esigenze organizzative del personale”.
Attività di monitoraggio, quali questionari e focus-group, a cui sono stati sottoposti i protagonisti dell’esperimento, hanno consentito di apportare delle modifiche al nuovo progetto ormai a pieno regime. Ci spiega Paola Borz che “La vera innovazione nell’accordo decentrato sottoscritto dalla Provincia con le organizzazioni sindacali consiste nel cambiamento dei criteri di valutazione per l’assegnazione delle postazioni di domiciliare e coworking per cui è stato attribuito un fortissimo potere al ruolo del dirigente responsabile.”. Tale carica ora non solo decide sull’assegnazione o meno della postazione di telelavoro, ma anche sulle giornate di rientro e sulle modalità tra domiciliare e telecentro, che fascia oraria concedere, nonché fornisce il proprio contributo nella fase di formazione della graduatoria con un peso del 40% sul punteggio totale. Il restante 60% è determinato dalla distanza del tratto casa-ufficio (40%) e da esigenze personali e famigliari (20%).
“Le innovazioni introdotte con TelePat 2.0 – conclude Paola Borz – si basano sull’analisi delle criticità riscontrare nel passato, fra cui la necessità di un cambiamento culturale da parte di dipendenti, colleghi e responsabili che permetta di concepire il lavoro agile non come strumento di welfare quanto piuttosto quale modalità organizzativa che possa apportare benefici di diverso tipo all’Amministrazione.”. L’idea che sia possibile lavorare anche in una sede diversa, l’innovazione di poter lavorare per obiettivi. Questo è dunque il valore aggiunto, uno degli elementi di distinzione che ha segnato il successo rispetto ad altri progetti simili e ha reso il Progetto TelePat un modello vincente che può fungere da stimolo anche per altre realtà italiane.
Gli effetti del paradigma dello smart working dunque si riscontrano anche sulla pubblica amministrazione a cui è estesa tale trasformazione verso policy organizzative moderne più snelle ed elastiche. Gli esempi virtuosi presentati ne sono testimonianza e motore verso una maggiore considerazione anche a livello governativo, segno che qualcosa si sta muovendo. In particolare la Giornata del lavoro agile grazie all’attenzione attratta dalle passate edizioni, ha svolto il ruolo fondamentale di apripista alla legge nazionale: il ddl lavoro agile del Governo che norma lo smart working è arrivato in Parlamento. Dalla commissione Bilancio è passato alla commissione Lavoro del Senato dove dal primo marzo è in corso l’esame che da inizio alla discussione vera e propria. Rispetto alle bozze il testo approvato lo scorso 28 gennaio riserva una sezione proprio all’applicazione dello smart working nelle Amministrazioni Pubbliche.
Il Titolo II dedicato al lavoratore agile nell’art.13 definisce lo smart working quale “prestazione di lavoro subordinato”. L’obiettivo è quello di consentire un mutamento di prospettiva: concentrarsi sul risultato piuttosto che sulle procedure.