Paolini (Polimi): “Sganciamo l’innovazione scolastiche dalle pastoie della politica”
14 Dicembre 2016
Paolo Paolini, Politecnico di Milano
A che punto siamo?
Il Piano Nazionale Scuola Digitale ha avuto l’effetto di un sasso nello stagno. Invece di parlare di assunzioni, precari, di edifici, … il mondo della scuola si è messo a parlare di qualità della didattica e del ruolo decisivo delle tecnologie. Ottimo inizio. Dopo l’inizio però sono riprese pastoie e lungaggini amministrative che rendono la innovazione franta: bisognerebbe riprendere ed attuare lo slancio iniziale.
Questo Governo ha prodotto molte riforme e introdotto molte innovazioni: cosa è già “usabile” tra quanto approvato? Cosa ci portiamo a casa?
Risultati conseguiti sono molteplici: riconoscimento delle tecnologie come fattore trainante (e non accessorio) della innovazione a scuola, individuazione di ruoli specifici (es. animatori digitali), necessità di formazione a tutti i livelli. Inoltre si sono attivati meccanismi nuovi di finanziamento diretto agli insegnanti (Bonus) perché si aggiornino: molto positivo.
Molti provvedimenti sono ancora non in sospeso, cosa pensa che sarà impossibile raggiungere degli obiettivi che erano posti? A cosa dovremo rinunciare, almeno per ora?
Purtroppo bisogna rinunciare e molti elementi chiave: disarticolazione del centralismo burocratico (che ovviamente non riesce a gestire la innovazione), vera autonomia (con responsabilizzazione) di istituti scolastici e dei loro dirigenti, flessibilità nei curricula, ruolo di primo piano di formazione online (virtualmente assente), revisione dei meccanismi di finanziamento alla innovazione scolastica (che oggi producono risultati a volte distorcenti), coinvolgimento vero (e non di facciata) della società civile (aziende, famiglie, musei, professionisti, associazioni, musei, università, enti di ricerca, ..) nella innovazione scolastica.
Cosa si può fare ora nel campo dell’innovazione digitale che non ha bisogno della politica, ma solo dell’azione fattiva dell’amministrazione?
Difficile dire quale livello di autonomia abbia la amministrazione rispetto alla politica. Credo che bisogna trasformare la domanda e chiedere il seguente cambiamento: la politica si limiti a dettare le strategie e lasci l’amministrazione libera di decidere come attuarle (rispondendone in caso di fallimenti). Nel caso l’amministrazione sia veramente autonoma, dovrebbe rivedere da subito i meccanismi di finanziamento della innovazione e le tecniche di verifica dei risultati conseguiti.