La Sharing City a FORUM PA 2017. Intervista a Monica Bernardi sul caso Seul

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Il caso di Seul dall’autunno 2012, ossia dalla dichiarazione di Seul come città collaborativa, “l’incontro fortunato di PA propositiva e cittadinanza attiva”. Intervista a Monica Bernardi, esperta sul tema della sharing economy, sharing city, innovazione sociale e smart city

27 Febbraio 2017

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Marina Bassi

Da novembre 2012, ossia dalla dichiarazione di Seul come città collaborativa, la città coreana sembra muoversi in una direzione nuova, come non succedeva dal periodo pre-industrializzazione. Quali sono state le condizioni che hanno permesso, nel caso di Seul, il passaggio dalla teoria alla pratica, per quanto riguarda la sharing economy?
Monica Bernardi[1]: Quando sono stata a Seul per i miei studi di dottorato, mi chiedevo come mai il sindaco Park avesse deciso di intraprendere una campagna di riqualificazione così radicale. Alcuni mi dicevano che questa strategia sarebbe servita in caso di corsa alle elezioni presidenziali per la Corea del Sud. Quello che è certo è che tante campagne elettorali hanno avuto ad oggetto un’astratta sharing economy, palesemente fallimentare per principi e strategie di costituzione. Ma Park è riuscito a trasformare le promesse in azioni. Sicuramente, la spinta delle amministrazioni passate per rispondere all’alto tasso di suicidi che ha coinvolto Seul ha influenzato non poco la scelta di rotta del governo Park. Da questo punto di vista, la PA è stata abile e innovativa, ha voluto sperimentare uno strumento poco conosciuto, e con un’alta percentuale di rischio di insuccesso, riuscendo laddove ancora molti fanno un buco nell’acqua. Una delle sorprese della città è che il Comune, mentre dettava i principi dell’economia collaborativa, dava l’esempio concreto del risultato che si ottiene condividendo: ai piani sotterranei del municipio di Seul, è stata allestita una city hall, punto di incontro di tutti i cittadini per discutere di temi comuni, organizzazione eventi, proposte di manifestazioni e fiere. Non solo, la presenza di un altoparlante permette la registrazione in tempo reale di istanze e segnalazioni della comunità, che vengono raccolte e smistate negli uffici competenti.

Di tante attività partite con la dichiarazione di Seul città collaborativa del 2012, il tema della mobilità è risultato una costante – Seul conta 10.000.000 di abitanti distribuiti su poco più di 370 km2. Allo scopo di favorire l’utilizzo del trasporto pubblico o condiviso, tra le compagnie finanziate dal progetto ho scoperto Nanum Car, nata come startup e ora uno dei maggiori competitor di grandi players come UberX – messo al bando lo scorso anno dal governo sud-coreano. In più, esattamente come accade ad Hong Kong da qualche anno in più, l’amministrazione centrale ha implementato l’utilizzo di una card ricaricabile, con la quale, oltre a pagare tutti i mezzi pubblici, taxi compresi, è possibile anche fare spesa da SevenEleven.

Sul metodo, sappiamo come funziona. Nessuno ottiene risultati lavorando da solo. Nel caso di Seul, l’incontro fortunato di PA propositiva e cittadinanza attiva è stata la scintilla per l’innesco del circolo virtuoso.

Seul vanta oggi una fortissima abilità digitale, con la navigazione internet più veloce del mondo, circa 2.000 postazioni WiFi pubbliche e una fibra ottica tale da coprire quasi interamente il territorio. Quanto ha influito, secondo te, la digitalizzazione sulla buona riuscita del processo di innovazione?
Dire molto, è dire poco. Basta considerare che già da qualche anno prima che Park diventasse sindaco, l’amministrazione locale aveva avviato una serie di corsi di formazione digitale per anziani, allo scopo di rendere i servizi pubblici fruibili per tutta la comunità. Così adesso, ad esempio, anche loro sono perfettamente in grado di monitorare i tempi di attesa della metro, o di sapere se ci sono posti a sedere nelle vicinanze del binario.

Non solo, dal punto di vista della disseminazione e comunicazione del progetto Seul Sharing City, lo strumento tecnologico ha funzionato da cassa di risonanza per tutte le persone o i gruppi che non avevano una voce, oltre che avere il ruolo di connettore tra i cittadini che – con piccoli risultati – già potevano dirsi attivi.

Per capire quanto fosse importante per la pubblica amministrazione guardare al futuro, basta pensare alla Social Innovation Division creata ad hoc dal governo locale per recuperare informazioni, mappare e connettere tutte le realtà preesistenti sul tema della cittadinanza attiva. In pratica, parliamo di un’amministrazione che ammette di non avere tutti gli elementi per cambiare, e favorisce i gruppi che possono farle da leva. Se a questo aggiungiamo che, dopo quattro anni, le intenzioni non sono cambiate – proprio a novembre 2016 è stato firmato un accordo tra partner internazionali per la condivisione di informazioni e strategie per lo sviluppo sostenibile delle città – ci rendiamo conto del livello progettuale.

Come sei entrata in contatto con il mondo di Seul Sharing City? Secondo gli studi che stai approfondendo, quello di Seul è un modello replicabile?
Nessun modello, senza le dovute modifiche e aggiustamenti, può valere per tutti i contesti. Qualunque realtà deve essere rispettata, se si vuole renderla protagonista del cambiamento. Ad esempio, per quanto riguarda Seul, non prendere in considerazione la forte gerarchizzazione amministrativa sarebbe stato rischioso per la buona riuscita del programma. L’iniziativa dal basso non avrebbe mai preso piede, se la scintilla non fosse stata favorita dal governo locale.
Al contrario, studiando gli stessi processi a Milano, ho capito che il ragionamento è esattamente l’opposto: Milano è un contenitore di centinaia di realtà collaborative, che, seppur finanziate e sostenute dalla PA, sono in grado di connettersi tra loro autonomamente.

In Italia, cosa possiamo imparare dall’esperienza amministrativa della città di Seul degli ultimi anni?
La regola basilare è una: bisogna avere chiari gli obiettivi da raggiungere. Sugli scopi, non possiamo replicare o copiare nessuno. Dobbiamo capire innanzitutto quali sono i bisogni e i relativi risultati che si vuole ottenere. Una volta stabilito questo, l’amministrazione deve darsi un ruolo, coerente e costante. Nel caso di Seul, il governo locale si è fatto prima promotore, poi facilitatore e monitor di risultato.

Durante la Manifestazione FORUM PA 2017 (23-25 maggio) affronteremo il tema della sharing economy, sharing city

[1] Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca. PhD in Quality of Life in the information society.

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