L’evoluzione dei documenti e della memoria nella società digitale

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In poco più di un decennio siamo passati dal floppy disk al cloud computing, eliminando, di fatto, la necessità del supporto fisico per produrre e preservare i nostri dati, informazioni e documenti digitali. Che cosa è quindi oggi un documento? Come si forma e si conserva? Nell’ambito della collaborazione con lo Studio Legale Lisi, Andrea Lisi e Silvia Riezzo pongono l’attenzione su come cambia il nostro modo di concepire e custorire "la memoria". Un cambiamento che porta con sè nuove responsabiltà e competenze.

8 Gennaio 2014

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Andrea Lisi e Silvia Riezzo*

In poco più di un decennio siamo passati dal floppy disk al cloud computing, eliminando, di fatto, la necessità del supporto fisico per produrre e preservare i nostri dati, informazioni e documenti digitali. Che cosa è quindi oggi un documento? Come si forma e si conserva? Nell’ambito della collaborazione con lo Studio Legale Lisi, Andrea Lisi e Silvia Riezzo pongono l’attenzione su come cambia il nostro modo di concepire e custorire "la memoria". Un cambiamento che porta con sè nuove responsabiltà e competenze.

La quantità di nuove tecnologie che abbiamo dovuto imparare ad adoperare negli ultimi vent’anni a detta di molti esperti non trova eguali in altre fasi della storia dell’umanità. Non abbiamo potuto accomodarci troppo a lungo su conoscenze e abitudini acquisite senza che di lì a poco qualcosa cambiasse nuovamente.

Solo per fare un esempio che sarà familiare a tutti, siamo passati nell’arco di poco più di un decennio dal floppy disk al cd, e da questo alla chiave usb e ad altri tipi di supporti portatili di memoria: ma ulteriori novità si delineano già all’orizzonte grazie alla progressiva diffusione del cloud computing, il quale ci porta a doverci confrontare ogni giorno con un senso di vertigine dettato dall’odierna assenza della necessità del supporto per produrre e preservare i nostri dati, informazioni e documenti digitali.

Man mano che le nostre certezze tecnologiche sono state ribaltate e soppiantate dall’arrivo di nuovi strumenti, grazie soprattutto a quella rivoluzione radicale che è stata l’avvento del web, abbiamo dovuto abituarci a un pensiero sempre più dinamico, a non fossilizzare il nostro modo di vedere e concepire le cose, a essere perennemente predisposti al cambiamento.

Mentre tutto si evolve, il concetto di formazione e conservazione del documento non rimane certo fermo, assecondando il modificarsi della natura stessa dei documenti con cui abbiamo a che fare.

Se infatti fino agli anni ’90 si aveva del document management una visione più ristretta e univoca, che sostanzialmente coincideva con la digitalizzazione di immagini e l’archiviazione ottica di documenti nati originariamente su supporti analogici (prevalentemente cartacei), negli anni 2000 si è passati al concetto già più complesso di “gestione documentale” e conservazione sostitutiva e, cioè, la sostituzione del documento cartaceo con l’equivalente documento digitale, il cui contenuto viene “cristallizzato” grazie all’utilizzo della firma digitale e della marca temporale[1]. Oggi, invece, ci confrontiamo ormai con processi sempre più nativamente digitali dove dell’immagine della carta non c’è più traccia.

Intanto, come dicevamo, anche la natura del documento è mutata e continua a farlo, forse tanto velocemente che la nostra stessa capacità di concettualizzazione non riesce a starle appresso.

Se per esempio cerchiamo lumi su un’enciclopedia online, potremo riscontrare che per “documento” si intende ancora, in prima analisi, “qualsiasi mezzo, soprattutto grafico, che provi l’esistenza di un fatto, l’esattezza o la verità di un’asserzione”, e solo qualche accezione più in basso si arriva a contemplare anche il “file contenente testo o immagini, creato con un word processor o con un programma di impaginazione”[2], e qui ci si ferma.

Anche facendo una ricerca per immagini su Google con la parola chiave “documento” la netta maggioranza dei risultati che ci troviamo davanti sono ancora foto o icone di documenti cartacei.

Invece, il documento non è più solo ciò che di primo acchito la nostra mente assocerebbe a questo nome, ovvero una “carta bollata”, una lettera, un certificato, qualcosa che comunque possa esprimersi in una forma cartacea, ma qualcosa di molto più dinamico, strutturato e multicanale, come i flussi di informazioni che vengono scambiati e letti quotidianamente dai sistemi informativi e documentali sia delle PA che delle aziende.

Va da sé che nel gestire queste nuove tipologie di documenti si debbano mettere a punto sistemi multicanale e si debba tenere conto delle caratteristiche peculiari di questi flussi informativi, che, rispetto ai loro omologhi analogici, sono innanzitutto più facilmente modificabili e più difficilmente riconducibili al loro autore, viaggiano su canali tendenzialmente insicuri, sono sottoposti al continuo cambiamento tecnologico e, dulcis in fundo, non sono facilmente conservabili nel tempo.

Anche il concetto di “formazione” del documento informatico si è di riflesso modificato e, in base a quanto espresso dall’art. 3 comma 1 della Bozza di Regole tecniche del documento informatico e gestione documentale[3], esso ora comprende le seguenti azioni principali:

a) redazione tramite l’utilizzo di appositi strumenti software;

b) acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico, acquisizione per via telematica o su supporto informatico;

c) registrazione informatica delle informazioni risultanti da transazioni informatiche o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari resi disponibili all’utente;

d) generazione o raggruppamento anche in via automatica di un insieme di dati, provenienti da una o più basi dati anche appartenenti a più soggetti interoperanti, secondo una struttura logica predeterminata e memorizzata in forma statica.”

Quindi, ormai si passa da una concezione più tradizionale della formazione del documento prodotto attraverso un software di word processor o attraverso un’acquisizione della sua immagine via scanner a una visione più moderna e dinamica di documento, individuabile come una registrazione durevole di flussi informativi giuridicamente rilevanti[4].

Per poter, quindi, gestire correttamente queste nuove tipologie di documenti e informazioni rilevanti bisogna adottare specifici modelli e metodologie “a norma”, finalizzati a garantire l’attribuibilità, l’integrità, l’autenticità, la sicurezza, la corretta archiviazione e la conservazione nel tempo a questo patrimonio intangibile di dati digitali.

Sotto un certo punto di vista si potrebbe affermare che la dinamicità e l’inafferrabilità di queste informazioni digitali siano paragonabili a quelle della parola, della volontà espressa oralmente. Oggi, per comprendere la realtà digitale e le sue dinamiche evolutive (anche dal punto di vista giuridico), è utile probabilmente riflettere sul fatto che per garantire ufficialità e valore giuridico alla volontà orale ci si è serviti per secoli, e tuttora ci si serve, dell’intervento di un pubblico ufficiale, di un notaio che, prestato orecchio ai desideri del cliente o dei soggetti che manifestano in sua presenza la loro volontà in forma collegiale, li trasforma in un documento inoppugnabile (cartaceo o digitale che sia); allo stesso modo, per stabilizzare e preservare nel tempo il valore giuridico di questi flussi di informazioni digitali che ormai costituiscono la forma più evoluta e affascinante delle rapprentazioni informatiche di fatti, atti, dati giuridicamente rilevanti, è necessario che ci sia l’intervento di una terza parte fidata: il Responsabile della Conservazione digitale.

Il Responsabile della Conservazione digitale dei documenti potrebbe essere definito come “il custode dell’autenticità del documento privo di peso” e sua è la grande responsabilità di dominare in un’organizzazione tutti i flussi di informazioni e documenti che l’attraversano – sia che provengano dall’interno che dall’esterno – e gestirli in ogni fase, dalla creazione alla conservazione, garantendo, attraverso avanzate tecniche di conservazione digitale, a tutti i dati che abbiano un rilievo giuridico la certa paternità, la corretta trasmissibilità e gestione, l’adeguata fascicolazione e archiviazione e, non da ultimo, la necessaria sopravvivenza nel tempo.

Un ruolo cruciale quello del Responsabile conservazione, che richiede una preparazione accurata, mirata e multidisciplinare.

Proprio con l’intenzione di sostenere e regolamentare questa figura professionale (e quella altrettanto importante del Responsabile privacy, suo fidato alleato nei processi documentali digitalizzati di qualsiasi organizzazione[5]) è appena stata fondata l’associazione ANORC Professioni, che ha istituito per entrambi i Responsabili un registro nazionale, in ottemperanza a quanto stabilito dalla Legge del 14 gennaio 2013 n. 4 sulle professioni non organizzate in Ordini o Collegi.

ANORC Professioni garantirà ai Responsabili iscritti un ciclo virtuoso di formazione e aggiornamento, vigilando sul rispetto delle regole deontologiche e di concorrenza, nella convinzione che la formazione sia davvero la carta vincenteper godere senza ombre i vantaggi della digitalizzazione, affidando nelle mani giuste i nostri dati e documenti e garantendone così la sicurezza, l’immodificabilità e la permanenza nel tempo.

 ** Articolo pubblicato su DMS (Document Management System) n. 08/2013, edita da Edisef

 

*Andrea Lisi e Silvia Riezzo – Digital & Law Department – Studio Legale Lisi – www.studiolegalelisi.it


[1] Garantendone così la sopravvivenza nel tempo come originale “autenticamente” digitale attraverso un sistema di conservazione a norma.

[2] http://www.treccani.it/vocabolario/documento/

[3] Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, conservazione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici, nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41 e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 (acquisibili in formato bozza sul sito istituzionale di Agid alla pagina http://www.digitpa.gov.it/sites/default/files/Regole%20tecniche%20doc%20inf%20e%20gest%20documentale%2028%2010%202011.pdf).

[4] Del resto la locuzione latina verba volant scripta manent andrebbe riadattata e rimodellata in base ai nuovi strumenti di comunicazione multicanale di cui dispone oggi la società digitale e con essi deve fare i conti, ripensando allo stesso ruolo di terze parti fodate che possano cooperare con i contraenti/soggetti che manifestano le loro volontà in ambienti digitali riservati garantendo a tali manifestazioni di volontà espresse in modo diverso (sotto forma essenzialmente di file di log giuridicamente rilevanti) una staticizzazione e una conservazione in forma digitale autentica.

[5] La collaborazione con il Responsabile Privacy e nelle PA con il Responsabile del protocollo, dei flussi documentali e degli archivi, oltre che prevista dall’art. 44, comma 1 bis del CAD è inoltre ribadita nelle nuove Regole tecniche ormai sottoscritte dal ministro D’Alia e in attesa di pubblicazione (vedi http://archive.saperi.forumpa.it/story/75050/conservazione-dei-documenti-le-anticipazioni-sulle-nuove-regole-tecniche)

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