SPAZIOCUORE: l’innovazione sociale risponde al bisogno dei cittadini
Social Innovation è un concetto che può essere declinato in molti modi: a Milano l’esempio di un’ idea diventata realtà grazie alla tenacia e all’impegno di un gruppo di persone che hanno deciso di mettersi al servizio della comunità rispondendo alle esigenze delle famiglie proprio all’interno del luogo in cui abitano. Poca teoria e molta pratica partendo da una novità normativa introdotta nel dicembre 2012. L’attenzione alla realtà e la sensibilità di voler rispondere con lucida intelligenza ad un bisogno impellente e diffuso per rendere la vita nelle città italiane sempre più smart.
29 Aprile 2013
Roberta Gatti*
Social Innovation è un concetto che può essere declinato in molti modi: a Milano l’esempio di un’ idea diventata realtà grazie alla tenacia e all’impegno di un gruppo di persone che hanno deciso di mettersi al servizio della comunità rispondendo alle esigenze delle famiglie proprio all’interno del luogo in cui abitano. Poca teoria e molta pratica partendo da una novità normativa introdotta nel dicembre 2012. L’attenzione alla realtà e la sensibilità di voler rispondere con lucida intelligenza ad un bisogno impellente e diffuso per rendere la vita nelle città italiane sempre più smart.
Innovazione sociale non vuol dire solo implementazione di nuove tecnologie ma significa rispondere ai bisogni dei cittadini mettendo in campo servizi che rendano lo spazio in cui si vive a misura di uomo.
E l’elemento che contraddistingue le smart cities oggi è proprio la capacità di lettura delle esigenze del territorio e la capacità di darne una risposta efficace: la creazione di nuove relazioni sociali che nascono dalla scoperta di bisogni comuni.
Per raggiungere questo obiettivo le idee innovative costituiscono il motore per realizzare un società in cui ogni persona mantenga la propria dignità sociale in tutte le fasi della vita.
La crisi che imperversa stimola un nuovo modo di pensare all’economia, ai servizi e al benessere delle persone. Il settore del welfare pubblico è messo a dura prova di fronte ai cambiamenti sociali ed è costantemente alla ricerca di nuove risposte ai bisogni della collettività: la pressante richiesta di aiuto si scontra con l’immobilismo e la mancanza di mezzi con cui fronteggiare la situazione.
“E’ allora questo il momento per iniziare a ripensare il mondo attorno a noi come uno spazio della molteplicità”, come aveva intuito Italo Calvino in una sua “Lezione americana”?
Di questi tempi è il coraggio che contraddistingue l’intelligente implementazione di processi innovativi che prendono vita da idee condivise e diventano realtà che aiutano le comunità a vivere i propri spazi abitativi e a migliorare la quotidianità delle proprie vite.
Tra le esperienze di sussidiarietà orizzontale abbiamo scoperto l’agenzia “Spaziocuore”, fondata da Elisabetta Favale, che si occupa di dare una risposta alle esigenze di una società sempre più complessa. L’Agenzia è un esempio di micro-welfare privato che funziona a supporto del welfare tradizionale costituendo un valido aiuto a servizio delle comunità e in risposta delle esigenze impellenti dei nuclei familiari all’interno del micro cosmo condominiale. In pratica la “contiguità” fisica tra persone vista come risorsa per gestire esigenze diverse con un’unica risposta.
Da cosa nasce la sua idea?
L’occasione è stato il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale dei condomini avvenuta a dicembre 2012 e che ha introdotto la possibilità, all’art. 12, di poter avere all’interno del condominio figure diverse da quelle classiche del portiere. Mi riferisco, ad esempio, a quella dell’assistente condominiale che è una figura impiegatizia che svolge attività burocratiche-amministrative (ad esempio pagamento di bollette dei condomini, ritiro ricette ed altre commissioni tra le più varie): una sorta di segretaria condivisa. Accanto a questa figura c’è quella che chiamo “governante condominiale” (il contratto collettivo non le ha assegnato un nome specifico) ed è una persona che si può occupare dell’assistenza dei condomini svolgendo alcune faccende domestiche: ad esempio si può occupare all’accudimento di persone del condominio presso le singole abitazioni o in un locale specifico comune all’interno del condominio stesso.
La mia idea ha preso vita grazie alla partecipazione ad un progetto più ampio denominato Programma Ergon/InRete nell’ambito di un bando per la promozione e animazione delle aggregazioni di imprese della Regione Lombardia. E’ un progetto di innovazione sociale. In quel bando è stato selezionato il mio progetto: ciò ha comportato la possibilità di poter essere supportati per quanto riguarda tutti gli aspetti amministrativi e contabile durante tutto il primo anno di attività da ConfCooperative Bergamo, e la possibilità di fare rete tra start up e aziende che vogliano creare progetti innovativi. Da qui la scelta di creare Spaziocuore che è una cooperativa sociale di tipo A. Era la cosa che desideravo: volevo creare lavoro per me e per chi lavora per me. Un’attività incentrata sull’assistenza domiciliare dove, il progetto di punta, è quello della governante condominiale, che è la cosa più innovativa ma, a latere, ci sono tutti gli altri servizi (badante per l’anziano, la baby sitter,…) e accanto a questi si stanno sviluppando tutta una serie di iniziative sempre molto legate ai bisogni della famiglia. L’analisi è partita da un contesto sociale dove abbiamo rilevato che soprattutto gli anziani sono le figure che hanno più bisogno di cura privata in quanto il welfare pubblico purtroppo non riesce a sopperire a tutte le esigenze, ma l’intento è anche quello di favorire una condivisione di queste necessità. Il target di anziani a cui ci rivolgiamo sono autosufficienti ma necessitano di un aiuto di poche ore al giorno, cosa che difficilmente riescono a trovare. Vorrebbero una persona che li assista per poche ore al giorno, gli vada a fare la spesa o le commissioni… Che, in pratica, dedichino loro poche ore e che a loro volta rimangano impegnate poche ore al giorno. Generalmente chi si presta per svolgere questi servizi sono persone che gestiscono i fabbisogni di tre o quattro famiglie in diversi punti della città e che devono spostarsi continuamente… E’ sufficiente che questi aiutanti trovino una famiglia che li impegni per 4 o 5 ore in modo continuativo che abbandonano quella che richiede loro l’impegno solo per poche ore. Statisticamente noi abbiamo potuto rilevare che in uno stesso condominio ci sono spesso almeno tre o quattro famiglie che necessitano di questi servizi per poche ore al giorno. Per cui, poter proporre all’interno di uno stesso condominio una stessa persona fidata che si faccia carico di tutte le necessità, diventa vantaggioso sia per chi usufruisce dei servizi che per chi li eroga.
Siete quindi partiti dalla rilevazione di un bisogno e avete creato la risposta…
Abbiamo creato la risposta facendo rete con una associazione di proprietari di case (ConfAbitare di Bologna): loro avevano in qualche modo già provato l’anno scorso a sviluppare questa idea con i loro associati. Questo sodalizio ci ha facilitato in quanto la difficoltà maggiore è quella di far capire all’interlocutore di cosa si tratta in quanto l’amministratore di condominio non è la figura maggiormente interessata. Abbiamo visto che contattate in primis l’amministratore non era la strada da seguire mentre presentarsi insieme ad un’associazione di proprietari di immobili ci facilitava l’approccio. E siamo partiti da Milano.
Questa iniziativa è trasferibile anche a città di medie dimensioni o necessità di un bacino di utenza più grande?
Il primo dato che emerge dalla nostra esperienza è che è più probabile che ricorrano a questo tipo di servizi i piccoli condomini rispetto a quelli grossi. E per piccoli intendo quelli con 6-8 nuclei famigliari. Questo perché, se in un condominio sono presenti anche 10 condomini, se 3 o 4 vogliono il servizio, gli altri lo avallano tranquillamente. In questo modo c’è la condivisione dei costi contributivi tra le famiglie che utilizzano il servizio e ognuna paga le ore effettivamente utilizzate. Nei grossi condomini emergono maggiori resistenza all’assunzione di una persona che viene utilizzata da pochi ma che, nel caso di controversie o problemi, coinvolgerebbe l’intero condominio. Per questo mi sento di affermare che anche le città di medie dimensioni potrebbero rappresentare un bacino di utenza interessante. Ci stanno contattando moltissimi grandi condomini ma in questi casi spesso l’esperienza non viene assimilata per intero: vale a dire che viene individuata la risorsa da impiegare in sharing ma viene assunta da ogni singola famiglia e non dal condominio. C’è poi un aspetto psicologico che riguarda la fiducia nella persona presente nel condominio: se essa viene fidelizzata dall’intero condominio, la fiducia che si sviluppa verso di essa ha una valenza maggiore: se è condivisa e accettata da tutti.
La differenza forse più netta è quella fra città del Nord e città del Sud: questo è dovuto alla diversa struttura sociale presente nelle due differenti aree geografiche: al Sud persiste ancora il modello famigliare allargato, vale a dire la condivisione dei bisogni tra parenti e vicini e quindi si riesce ancora a supplire alle esigenze coinvolgendo un gruppo famigliare allargato… caratteristiche queste che al Nord sono meno presenti. Esiste ancora una solidarietà e un rapporto più stretto tra vicini e amici. Abbiamo comunque ricevuto molte richieste da città del Sud che sono interessate ad introdurre questo modello di gestione dei bisogni… staremo a vedere.
Ma non escludo neanche che lo “sharing” che proponiamo possa essere attivato con successo anche in città piccole o addirittura in paesi: sto pensando agli insediamenti abitativi tipo villette a schiera che oggi sono molto diffuse nei piccoli centri abitati: anche in questo caso, secondo me, sarà possibile fare rete tra vicini per sopperire ai bisogni comuni… anche se in questo caso verrebbe meno l’accezione condominiale.
Che tipo di sviluppo potrà avere la vostra attività? Quali altri servizi pensate possano essere condivisi?
Nello statuto abbiamo inserito tutte le attività che comportino una condivisione dei servizi inerenti la famiglia: mi riferisco alla possibilità di gestione di asili condominiali, di spazi comuni adibiti a biblioteche, spazi gioco…. Ma anche alla figura del custode condominiale o custode sociale (già introdotto dalla Moratti) e non da ultimi i gruppi di acquisto. Sono servizi questi molto innovativi che richiedono più tempo per essere realizzati: ovviamente gestire le richieste di badanti o baby sitter, risulta di più semplice gestione in questa fase iniziale della nostra attività.
Il vostro progetto ha il pregio sia di rispondere a bisogni diffusi che difficilmente troverebbe una risposta attraverso le istituzioni ma anche contemporaneamente di creare occupazione.
Chi sono le persone che si rivolgono a voi in cerca di lavoro?
Si presentano sia uomini che donne. Moltissimi sono i cittadini stranieri e devo dire che sono anche molto qualificati. In Italia ci sono sempre stati e ci sono ancora migliaia di corsi per Operatori Socio Assistenziali e Socio Sanitari. Soprattutto di nazionalità peruviana ed equadoregni che sono da anni in Italia, parlano bene la lingua italiana ed hanno frequentato corsi. Queste figure possono quindi dare assistenza completa e sono estremamente qualificate e molto gradite dalle famiglie. Sono persone che hanno fatto del lavoro di assistenza e cura dell’anziano soprattutto, ma anche del bambino, una vera professione.
Ci sono anche molti italiani che però sono generalmente meno qualificati e “approfittano” del fatto che sanno di essere preferiti dalle famiglie. Si presentano senza titoli e senza aver frequentato corsi professionalizzanti specifici. Posso testimoniare che la preferenza loro accordata è solo un luogo comune: molte volte succede che vengano scelti operatori non italiani perché maggiormente qualificati . Gli stranieri si “devono guadagnare” le proprie competenze, si costruiscono la propria professionalità. Ci sono comunque anche quelli che si improvvisano: non è assolutamente sufficiente presentarsi dicendo di aver accudito il parente anziano…. Nell’accudire un parente interviene la componente psicologica affettiva e non è la stessa cosa che accudire un estraneo. Noi selezioniamo solo persone referenziate, contattiamo gli ex-datori di lavoro e controlliamo tutte le informazioni.
E’ un attività che può essere svolta sia part-time che a tempo pieno, dipende dalle situazioni. Chi lavora a tempo pieno deve aver assicurata una retribuzione adeguata. Ciò significa che dovrà gestire almeno tre o quattro famiglie e possibilmente nello stesso condominio… Ed è questo il caso in cui la risorsa viene fidelizzata dall’intero condominio. Ma le opportunità si presentano anche per chi vuole dedicare anche solo una parte della propria giornata o chi vuole integrare il proprio stipendio.
Per selezionare le risorse noi fissiamo circa 20-25 colloqui al giorno. L’affidabilità di coloro che inviano il curriculum è relativamente bassa, per cui, di questi, generalmente la metà non si presentano al colloquio. La percentuale di persone valutate che risultano idonee è molto bassa perché i criteri sono molto stringenti: mandare qualcuno a casa di un altro è una situazione molto delicata. Il candidato deve avere referenze chiare, documenti in regola, ecc… altrimenti non viene preso neanche in considerazione. Non è un candidato accettabile se non presenta tutti i requisiti che chiediamo.
Attualmente abbiamo circa 600 risorse già selezionate e pronte ad iniziare a lavorare: in mezz’ora noi riusciamo a fornire il nominativo di una persona, valida, referenziata e pronta a lavorare, in base ai criteri richiesti dal nostro committente.
Quali sono gli aspetti economici del progetto? E quali vantaggi sono derivati dall’aver vinto il bando di Regione Lombardia?
Il contributo che abbiamo avuto non è in denaro ma consiste in una consulenza per tutto ciò che riguarda la parte contabile dell’attività (fatturazione, supporto legale, registrazione del marchio,..) e che durerà per un anno. Ringrazio di questo il Centro Servizi di Bergamo che è veramente efficiente ed organizzato. Per quanto riguarda gli altri costi sono quelli relativi alla creazione di una cooperativa sociale: noi siamo tre soci, tutti provenienti da esperienze di gestione aziendali sia italiane che internazionali. Per adesso siamo solo noi che ci lavoriamo: il nostro know how proveniente da esperienze professionali, anche in multinazionali, ha permesso di creare uno staff efficiente che ci permette di coprire tutti i ruoli richiesti dalla nostra start up: selezione del personale, gestione dei contratti, marketing, comunicazione,.. Il nostro ruolo specifico nei confronti dei nostri interlocutori, che sono i condomini o le aziende, è quello di gestire la risorsa, sia la parte organizzativa (selezione della risorsa, assunzione, orari di lavoro, mansioni, sostituzioni) sia quella amministrativa (contratto, busta paga). La risorsa è assunta direttamente dal condominio: noi curiamo la parte burocratica-amministrativa.
Abbiamo poi affrontato tutti i costi di creazione di un’azienda: la sede, l’arredo, i costi fissi di gestione (utenze,..), i costi di comunicazione e pubblicità.
Possiamo contare inoltre sulla partnership con ConfAbitare che ci ha messo a disposizione la propria associazione presente in quindici regioni e che conta trentotto sedi sparse su tutto il territorio italiano. Ciò ci garantisce un appoggio e la possibilità di avere le basi per “clonare” il nostro progetto in altre sedi…. Possiamo già pensare in “grande”!
Che tipo di sede avete realizzato?
La nostra agenzia ha la sua sede “su strada” ed è interessante constatare che entrano spontaneamente nel nostro ufficio molti singoli cittadini chiedendo di poter accedere ai nostri servizi. Pensate solo alla criticità che comporta la chiusura estiva delle scuole per molte famiglie. L’alternativa in città sono i campi scuola, costosi e che offrono però un servizio temporalmente limitato… per qualche settimana… I genitori si trovano a dover far fronte a questa ricorrente emergenza e sono alla ricerca di soluzioni sostenibili.
Non stupisce che molte grandi aziende ci contattano per stipulare convenzioni con noi a favore dei propri dipendenti: questo dà la misura di quanta richiesta di aiuto alla famiglia ci sia.
Ci sono esperienze internazionali simili alla vostra?
Nei Paesi Scandinavi ci sono progetti che riguardano solo la gestione delle baby sitter. In molte città, ad iniziare da Trento, ci sono progetti chiamati “Tagesmutter” che si sono diffusi anche in altri capoluoghi italiani… ma il concetto è diverso. Sono progetti che rientrano nel welfare pubblico e che coinvolgono i Comuni. Partono da un presupposto diverso ed hanno modalità di realizzazione e gestione completamente diverse rispetto alla nostra iniziativa. Forniscono una sorta di anagrafica, degli elenchi di persone che hanno requisiti specifici rispetto al ruolo di baby sitter.
Noi ci inseriamo in un segmento in cui il “settore pubblico” è in affanno e non può sopperire a questo tipo di richieste, anche se presenti e diffuse, sia per mancanza di fondi ma anche perché comportano attività che si discostano troppo da quelle previste dal welfare tradizionale.
Il vostro è un esempio perfetto di sussidiarietà orizzontale: non avete provato ad accedere a finanziamenti per sostenere la vostra attività?
Per il momento no… Ma ci sono consulenti che stanno lavorando per noi in questa direzione. Ci sono fondazioni private che ci hanno contattato perché sono interessate e ritengono che la nostra attività sia un esempio importante di innovazione sociale. Per il momento abbiamo presentato il nostro progetto e suscitato interesse…
Un’ultima domanda: come mai il nome “Spaziocuore”… che non è immediato rispetto al servizio che offrite?
Il nome per noi doveva essere qualcosa che andava oltre la professionalità… Aiutare una famiglia, segnalare una persona estranea che si prenda cura di un tuo caro, sia esso anziano o un bambino, è qualcosa che va oltre la professionalità, entrano in gioco i sentimenti… Ecco perché “Spaziocuore”: è evocativo di un concetto che rimanda ad assistenza e benessere. Significa aiutare una famiglia a star bene… Non volevamo dare un’accezione negativa: quando si sente parlare di persone anziane, si pensa subito a qualcuno che sta male o ad un disabile, si rimanda ad un concetto “ospedaliero” della questione. Noi invece stiamo cercando di aiutare queste persone a stare a casa propria, all’interno del proprio quartiere dove si è sempre vissuto. Vogliamo aiutare a rimanere nel proprio contesto sociale…. L’evoluzione massima, per me, potrebbe essere il co-housing, cioè fornire una risorsa che aiuti più persone che condividono una stessa casa. Lo scopo è quello di riuscire a mantenere una dignità sociale.
* Roberta Gatti, leggi un breve profilo