Luoghi o territori? Come i big data modificano il concetto di spazio urbano
Rappresentare la complessità dei fenomeni è la nuova sfida nell’analisi
del contesto territoriale. Per questo vengono in aiuto le nuove fonti
informative che generano una grande molte di dati e favoriscono il passaggio dal
concetto di territorio a quello di luogo nell’analisi delle città. Stefano De
Francisci ci spiega cosa significa e perché l’Istat vuole realizzare un
registro statistico dei luoghi, interconnesso a quello degli individui e delle
imprese.
4 Ottobre 2017
Michela Stentella
La disponibilità di nuove fonti informative che generano una grande mole di dati, caratterizzati da volume, velocità e varietà, consente di passare dal concetto di territorio a quello di luogo nell’analisi delle città. Un passaggio fondamentale secondo Stefano De Francisci (Direzione centrale per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione di ISTAT) che lo spiega così: “Oggi un evento può essere misurato rispetto a ciò che c’è intorno all’evento stesso, legando fonti diverse una dall’altra. Non si guarda a ciò che avviene solo in un determinato spazio, con una precisa localizzazione, ma il concetto di luogo diventa elemento coagulante di vari livelli informativi ed è questo che ci permette di governare i fenomeni. Faccio un esempio: molti degli studi più interessanti sul dato a livello spazio-temporale puntano a misurare come vive, come pulsa una città, cosa avviene per esempio attorno a mezzanotte o all’ora di pranzo o in luoghi periferici piuttosto che ad alta densità economica. Questo è il principio su cui stiamo lavorando”.
Questo percorso nasce nel momento in cui si sono affermate fonti di dati nate nei più disparati contesti: social network, piuttosto che genericamente internet o google, accanto ai vecchi archivi transazionali (carte di credito, scanner data dei prezzi) o ultimamente tutto ciò che è la sensoristica. “Ci si è chiesti come questa pluralità di fonti potesse essere utilizzata nella statistica ufficiale – sottolinea De Francisci – in particolare se pensiamo al governo delle città ci dobbiamo concentrare su alcune fonti che portano valore aggiunto all’informazione territoriale, come appunto la sensoristica, ma anche la telefonia mobile, una fonte molto interessante e sfruttata”.
Questa riflessione sulle fonti ha portato ad alcuni step successivi, come spiega De Francisci: “Una fase iniziale in cui ci si è chiesti che tipo di impatto i big data avrebbero avuto in ambito statistico; la seconda fase in cui si è cercato di capire se il data mining, il text mining, il machine learnig, tutte tecniche che sono nate prima dell’avvento dei big data, potevano essere in qualche modo riviste, rilette e che impatto avrebbero avuto utilizzando nuove fonti. Dopodiché l’ultimo passaggio e forse il più importante è stato quello di capire come inserire questo percorso all’interno del ciclo di vita dei dati statistici”.
Una riflessione che, tornando allo specifico tema dell’analisi delle città, si può ricondurre a tre parole chiave: complessità, valore e, ancora una volta, luoghi. Complessità intesa come un insieme di relazioni articolate che intercorrono tra vari agenti, attori e fenomeni della vita sociale delle città, che devono essere visti in un’ottica integrata, olistica. “Ognuno di questi fattori – spiega De Francisci – è misurabile attraverso molteplici classi di dati che in origine non nascono per produrre informazione, quindi proprio metterli insieme significa dare un valore a dati che sarebbero destinati ad essere consumati, accantonati o andare perduti genericamente senza essere valorizzati”.
Rappresentare la complessità dei fenomeni : è questa la nuova sfida nell’analisi del contesto territoriale. A questo punto entra in gioco il concetto di luogo, di cui parlavamo all’inizio: luogo invece di spazio e territorio astratti, il che significa investigare non solo su cosa accade in un determinato posto ma su quello che c’è intorno a ciò che accade, quali sono le relazioni tra gli elementi e gli eventi che interagiscono tra loro e poi soprattutto sul legame tra dinamiche e struttura della città. “Non a caso l’Istat – conclude De Francisci – sta puntando a un registro statistico dei luoghi, interconnesso a quello degli individui e delle imprese, che comprenderà molti elementi utili a scoprire cosa accade intorno a un fenomeno in termini di localizzazione, strutture, reti, informazioni etc.”
Stefano De Francisci il 25 ottobre interverrà al convegno “Internet of Things: sperimentazioni di città intelligenti” in occasione di ICity Lab 2017