C’è uno spettro da evitare e tre sfide da cogliere per una nuova strategia procurement

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9 Novembre 2015

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Alfonso Fuggetta, professore Ordinario di Informatica presso il Politecnico di Milano

Lo Stato e gli enti locali, in tutte le loro articolazioni, costituiscono uno dei principali elementi della domanda ICT nel nostro paese. Sono oltre 5 miliardi di Euro che si ripartiscono tra spese in servizi e infrastrutture di telecomunicazione, e in servizi e prodotti IT in senso stretto. È una spesa ritenuta spesso poco produttiva e disorganica che, come per altri capitoli della spesa pubblica italiana, ha giustamente un urgente bisogno di essere riqualificata, ristrutturata, ripensata. Ma ciò non può essere fatto in modo improvvisato: serve una visione e un piano di lavoro a breve, medio e lungo periodo che sappia cogliere da un lato le criticità e, dall’altro le straordinarie opportunità che uno sviluppo virtuoso dell’ICT nel pubblico può portare all’interno Paese.

Il ruolo strategico dell’ICT nel settore pubblico si declina su tre fronti:

  1. Permette di creare e offrire migliori servizi pubblici al Paese, ai cittadini, alle imprese.

  2. È lo strumento unico, abilitante e indispensabile per avviare e portare a compimento una reale riforma delle amministrazioni e una sostanziale ristrutturazione della spesa pubblica.

  3. Se ben impostata, è un driver unico per qualificare e rafforzare l’offerta delle imprese del settore ICT, non solo in ambito pubblico, ma più in generale nel mercato nazionale e internazionale. 


È per questo che spesso si parla di procurement strategico: si tratta di coniugare una risposta efficace ai bisogni delle amministrazioni del paese con uno stimolo positivo alla libera iniziativa del mercato.

Uno spettro si aggira

Purtroppo, da tempo il settore vive una crisi significativa. Le pressioni continue per una riduzione della spesa si uniscono ad una sensazione forte di inadeguatezza e insufficienza dei risultati ottenuti. Per rispondere a questa situazione, periodicamente riaffiorano una idea e una ipotesi che non ha mai abbandonato una parte della dirigenza pubblica: ricostruire una industria pubblica dell’IT. In questo modo, si dice, si accorcia la catena decisionale, si gestiscono meglio i processi cliente-fornitore, si accorciano i tempi di sviluppo, si migliora la qualità dei risultati.

È vero? Ha senso nel 2015 riproporre questa idea e questo approccio?

Credo proprio di no.

Tornare ad un IT pubblico sarebbe una sconfitta e non risolverebbe i problemi. Il problema non è gestire “tutto in casa” nell’assunzione che si è “più bravi”, quanto “comprare bene e meglio”. È questo ciò che è mancato. È inutile e distorsivo lamentare solo le colpe dell’offerta. Chi ha impostato strategie di sviluppo? Chi ha scritto i capitolati? Chi ha firmato verbali di consegna?

La prima crisi, la più vera e profonda, è quella della domanda pubblica che è risultata priva di progettualità, frammentata, anarchica, dequalificata. E pensiamo veramente che a fronte di questa situazione la soluzione sia una completa internalizzazione di tutto il processo?

Quel che invece serve

Il vero tema da mettere al centro del dibattito non è una illusoria e probabilmente impossibile creazione di una industria pubblica dell’IT (per dire, la UE acconsentirebbe?).

La sfida si articola su diversi passaggi chiave:

  1. Progettualità, vera, a livello complessivo e non solo micro o settoriale. Qual è lo scenario verso cui vogliamo tendere? Cosa fanno le diverse amministrazioni? Come si integrano? Qual è il ruolo dei soggetti pubblici e quali quelli dei soggetti privati? 

  2. Governance, autorevole, credibile, efficiente, capace di coordinare i diversi soggetti coinvolti. Chi progetta sia dal punto di vista tecnico che istituzionale e normativo? Chi traccia la via? Chi coordina il lavoro dei tanti? Chi garantisce la convergenza degli sforzi?

  3. Strumenti innovativi di procurement che colgano da un lato le specificità delle tecnologie ICT e, dall’altro, le evoluzioni del mercato e delle tecnologie stesse. Ha senso al tempo del cloud, delle app, dell’API economy e dei metodi agili comprare come se ancora avessimo i tradizionali mainframe e i silos verticali?


Queste sono le sfide da affrontare. Certamente non ha senso rievocare un passato che non ha senso ritorni. Non tanto e non solo perché non ha dato risultati migliori, ma perché il mondo è cambiato e non si può ignorare la storia, le lezioni apprese, lo stato presente del mercato e le tendenze future.

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