(Dis)uguaglianze di salute: quali soluzioni?
Grazie allo sviluppo della cultura della prevenzione e all’evoluzione nella ricerca ci sono stati negli ultimi anni progressi straordinari nella qualità della vita. Tuttavia resta il tema delle “disuguaglianze strutturali di salute”, che si evidenzia sia a livello territoriale che a livello sociale ed economico. Quale il ruolo di istituzioni, tecnologie, imprese e mondo della ricerca per arginare queste disuguaglianze?
22 Ottobre 2019
Roberto Vona
Direttore Dipartimento Economia, Management, Istituzioni, Università di Napoli Federico II
- 0.1 Disuguaglianze di salute: il gap territoriale
- 0.2 Il ruolo delle istituzioni: dal benchmarking alle contromisure
- 0.3 Disuguaglianze di salute nel contesto sociale ed economico
- 0.4 La povertà (economica e culturale) alimenta le disuguaglianze
- 0.5 Come arginare le disuguaglianze "soggettive"?
- 0.6 Lo SmartUp Lab dell’Università Federico II di Napoli
- 0.7 Esperienze concrete per arginare le disuguaglianze di salute
- 0.8 D-Heart: l'elettrocardiografo digitale (ECG per smartphone)
- 0.9 La cintura per la sindrome metabolica e altre soluzioni innovative
- 0.10 Conclusioni
Negli anni l’evoluzione nella ricerca e sviluppo in area medica, tecnologica, informatica, farmacologica, nutrizionistica, psicologica, sportiva e riabilitativa (cibi, dispositivi medici, diagnostici, chirurgici) ha permesso progressi straordinari nella qualità della vita, favorendo miglioramenti rilevanti nel benessere fisico e mentale delle persone e accompagnando il genere umano anche verso un sostanziale allungamento della vita media attiva (“active and healthy ageing”).
Questo grazie allo sviluppo della cultura della nutrizione, della prevenzione, dell’esercizio fisico, dell’esercizio spirituale e sociale. Ciò nondimeno, si manifesta con evidenza il tema delle “disuguaglianze strutturali di salute” (materiali e immateriali). Di cosa si tratta?
Disuguaglianze di salute: il gap territoriale
Partiamo da un’analisi a livello territoriale (aree urbane, aree rurali, comunità montane, aree territoriali economicamente meno sviluppate, regioni, comuni, nazioni). Ci sono territori in cui la differente consistenza e qualità delle dotazioni in risorse (strutturali e culturali), competenze specialistiche, saperi e conoscenze generali, determinano squilibri e diseguaglianze di salute in termini di fruibilità, efficacia e accessibilità ai miglioramenti e benefici del progresso poc’anzi citati.
Il ruolo delle istituzioni: dal benchmarking alle contromisure
E’ compito istituzionale degli organi di governo pubblici identificare e misurare tali diseguaglianze mediante appropriate tecniche di benchmarking, al fine di approntare idonee misure perequative di politica di sviluppo locale che si propongano l’obiettivo di attenuare e possibilmente eliminare i suddetti divari.
Tali obiettivi rispondono alla necessità di migliorare le performance di sistema pubblico dei territori sia sul piano della qualità complessiva delle prestazioni sia sul piano più strettamente economico ed organizzativo, innalzando i livelli di efficienza nella produzione e gestione manageriale dei servizi e favorendo la riduzione dei costi sanitari collegati all’adozione di stili di vita meno evoluti, consapevoli e responsabili.
Disuguaglianze di salute nel contesto sociale ed economico
Sul piano “soggettivo”, invece, le diseguaglianze di salute producono effetti e conseguenze differenti forse ancora più odiose e intollerabili, perché si collegano alle più o meno profonde disuguaglianze sociali ed economiche, anch’esse distribuite in modo non omogeneo su base territoriale; anche se, purtroppo, la concentrazione di tutti i tipi di diseguaglianze sovente trovi “terreno” più fertile nelle aree economicamente più svantaggiate. In sostanza, le diseguaglianze di salute possono generare conseguenze ben più gravi e destabilizzanti per coloro che non dispongono di adeguati mezzi economici, culturali e relazionali, alimentando ulteriori ingiustizie e diseguaglianze.
La povertà (economica e culturale) alimenta le disuguaglianze
In pratica, coloro che possono contare su una maggiore robustezza “costituzionale” meglio riescono a fronteggiare le difficoltà, con maggiori probabilità di trovare soluzioni e benefici; riusciranno ad accedere a servizi sanitari privati con maggiore velocità, potranno acquisire risorse di assistenza domiciliare qualificate sostenendone i costi non certo trascurabili, potranno pagare cure e interventi speciali talmente onerosi da rappresentare per i più una prospettiva irraggiungibile.
Naturalmente queste condizioni di favore più esclusive ed inique, oltre che socialmente ingiuste e ingiustificabili, contribuiscono non poco ad infondere speranza e ad alleviare, seppure in modo parziale ma comunque significativo, le sofferenze degli assistiti e dei loro “care giver” (generalmente i familiari più stretti).
Come si possono combattere queste diseguaglianze di salute “individuali” ancor più devastanti per i soggetti meno “dotati”?
Come arginare le disuguaglianze “soggettive”?
Attenuando le diseguaglianze di salute esistenti su scala territoriale (una buona politica industriale settoriale finalizzata a contenere le insidiose e intollerabili degenerazioni della “mobilità sanitaria”), riducendo le diseguaglianze economiche e sociali (obiettivo certamente nobile e prioritario delle politiche sociali perequative), compatibilmente con la disponibilità del necessario potere politico di intervento pubblico (mandato elettorale) e di adeguate risorse pubbliche in termini di finanze, competenze e profilo etico degli amministratori.
Ma anche realizzando innovazioni più “democratiche” anche sul versante degli ausili allo sviluppo e alla diffusione della cultura della “active and healthy ageing”, che rendano più moderne, accessibili, economiche e fruibili le soluzioni alle diseguaglianze (sociali) di salute, incentivando il più possibile l’integrazione sostenibile tra sistema sanitario pubblico e investitori e finanziatori privati.
Come si favorisce sul piano metodologico lo sviluppo attivo e creativo di queste innovazioni?
Essenziale a questo scopo, la convergenza sistemica tra competenze e saperi settoriali e cultura d’impresa, che se ben assortita ed attivata può generare preziosi “embrioni” di innovazione da coltivare e far sviluppare, con il coinvolgimento e l’apporto costruttivo della imprescindibile componente aziendale.
Lo SmartUp Lab dell’Università Federico II di Napoli
Nel Dipartimento di Economia, Management, Istituzioni (DEMI) dell’Università Federico II, è stato realizzato, con l’ausilio del partenariato EIT Health, uno speciale laboratorio di innovazione e di creazione d’impresa (lo SmartUp Lab), che si propone di alimentare in modo scientifico la produzione di idee innovative che possano contribuire in modo significativo alla riduzione delle disuguaglianze di salute.
In due soli anni di attività, che hanno visto la partecipazione qualificata e motivata di decine di ricercatori delle più diverse aree disciplinari presenti in Ateneo, il Laboratorio ha contribuito alla nascita di numerose idee innovative, cui potrebbero seguire preziose soluzioni concrete alle problematiche evidenziate.
Si riportano di seguito alcune delle “proposte” applicative ritenute di maggiore interesse per un approfondimento da parte di soggetti sia privati che pubblici, che potrebbero sia destinare risorse allo sviluppo operativo delle stesse sia ispirarsi per individuare nuovi orientamenti strategici e sfide.
Esperienze concrete per arginare le disuguaglianze di salute
Un esempio molto interessante (non sviluppato nello SmartUp Lab) e direi emblematico, si riferisce al campo delle malattie cardiovascolari. E’ fuor di dubbio che tali malattie siano correlate in modo significativo alle debolezze diffuse nella cultura della prevenzione, della nutrizione, dell’esercizio fisico, dell’uso appropriato di farmaci, integratori alimentari e prodotti assimilabili, che generano effetti di rilievo sul piano delle diseguaglianze di salute a livello sia individuale sia territoriale.
I cardiopatici, infatti, vivono sovente stati di ansia e preoccupazione latenti che in soggetti particolari possono degenerare in veri e propri attacchi di panico, attivati dall’ascolto del ritmo del cuore. Queste condizioni di “malessere” possono essere ulteriormente aggravate dalla particolare condizione di vivere in contesti territoriali che non permettono un rapido accesso ad adeguati servizi di pronto soccorso.
In questi casi, la evidente disuguaglianza di salute territoriale viene fronteggiata attivando, ove possibile, rapporti di assistenza medica con professionisti privati che sovente vengono caricati di oneri e responsabilità che travalicano gli obblighi deontologici rendendo la relazione talvolta insostenibile. Sempre che i pazienti abbiano le risorse finanziarie necessarie e ci siano medici disponibili nella zona. Per non parlare dei costi e dei rischi di comportamenti irrazionali o semplicemente inadeguati nella gestione di rimedi farmacologici o chirurgici.
La creatività e le competenze tecniche e scientifiche, integrate da saperi aziendalistici, sapientemente attivati in speciali laboratori d’impresa, hanno permesso di affrontare la complessità di queste tematiche, di mettere meglio a fuoco le specifiche problematiche e le relative esigenze e di elaborare preziosi “embrioni” di soluzioni innovative potenzialmente in grado di fornire ausili concreti e funzionali al trattamento di tali “patologie”, contribuendo in modo significativo alla riduzione delle disuguaglianze di salute sul versante sia territoriale sia più propriamente soggettivo.
D-Heart: l’elettrocardiografo digitale (ECG per smartphone)
L’innovazione di cui stiamo parlando è un elettrocardiografo digitale (ECG per smartphone) utilizzabile facilmente dal paziente senza aiuti particolari, che grazie a questo ausilio può monitorare in autonomia, allorquando lo ritiene necessario, senza difficoltà, il funzionamento del proprio muscolo cardiaco.
Si tratta di un dispositivo perfettamente integrato nelle logiche di connettività della filosofia cosiddetta di “internet delle cose” (internet of things), che riuscirebbe ad elaborare immediatamente le informazioni rilevate (il classico elettrocardiogramma) per trasmetterle in formato digitale tramite smartphone al medico curante, permettendo la consultazione a distanza con evidenti vantaggi in termini di efficienza e di tempestività delle decisioni.
L’utilizzo diffuso di questo dispositivo potrebbe rendere più serena sul piano psicologico la vita dei pazienti affetti da cardiopatie, facilitando il lavoro dei medici, riducendo i costi delle terapie e dei ricoveri impropri a vantaggio delle finanze pubbliche, attenuando in modo concreto le disuguaglianze di salute sia territoriali sia individuali (familiari).
Questo dispositivo, chiamato D-Heart, è stato ideato in un laboratorio d’impresa chiamato “Be-heroes” (è possibile vedere online il video della presentazione), sostenuto da Banca Intesa e da altri finanziatori. Il progetto d’impresa è stato selezionato, valutato e ritenuto “maturo” per essere lanciato verso il mercato in modo da trasformare questa ottima idea in un prodotto disponibile per l’uso pratico, attivando i vantaggi di cui si è parlato.
La cintura per la sindrome metabolica e altre soluzioni innovative
Una biologa Nutrizionista, un ingegnere biomedico, una biotecnologa e un aziendalista, nell’ambito del laboratorio SmartUp Lab, hanno ideato un medical device, una cintura, che permette di controllare i sintomi correlati alla sindrome metabolica.
Sempre nell’ambito del laboratorio SmartUp Lab, un altro team di ricercatori ha progettato un software, una sorta di care giver virtuale guidato da intelligenza artificiale, in grado di fornire ausili pratici nella difficile attività di assistenza ai pazienti affetti dal morbo di Alzheimer.
Interessante anche il kit di monitoraggio per smartphone del neonato, composto da braccialetti elettronici che analizzano il tipo di pianto, monitorando nel contempo anche i parametri vitali del bambino.
Molto promettente la soluzione che si propone di affrontare in modo innovativo il problema delle fratture dello zigomo; tali lesioni vengono trattate generalmente mediante ricovero ospedaliero e riabilitazione, con costi molto elevati per il sistema sanitario pubblico.
L’idea innovativa consiste in un processo di progettazione personalizzabile, adatto anche a pazienti pediatrici, che permette di realizzare protesi ortopediche speciali direttamente in laboratorio, con materiale biocompatibile, riducendo in modo consistente i costi e i tempi di produzione, alleggerendo nel contempo la pressione sui ricoveri ospedalieri.
Conclusioni
In conclusione, anche solo una “semplice” attività di analisi e valorizzazione del “prodotto” di questi speciali laboratori, condotta con adeguata competenza, apertura mentale e continuità, può ispirare con creatività e concretezza le comunità di medici e investitori, privati e pubblici, a credere e a sostenere, con convinzione e determinazione, anche questi percorsi d’innovazione, che possono certamente contribuire in modo attivo e professionale alla riduzione delle disuguaglianze di salute.
NdR: queste considerazioni emergono dalla discussione che si è svolta nell’ambito della tavola rotonda inserita nella cerimonia inaugurale della terza edizione dell’evento “Atelier della salute: esperienze, percorsi, soluzioni per vivere meglio”, che si è tenuto il 18 e il 19 ottobre 2019 presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II
Roma, 29 – 30 Ottobre 2019