Collaborative Territories Toolkit, a metà dell’opera verso #sce2014

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Il nostro viaggio è iniziato meno di un mese fa con il post di presentazione del progetto Sharitories, e ora manca meno di un mese a Smart City Exhibition. Il 23 ottobre sarà il momento di presentare i risultati preliminari delle nostre scoperte sugli “sharitories” / territori collaborativi e la prima versione in assoluto del Toolkit, sulla quale continueremo a lavorare insieme ai partecipanti  in una sessione di co-creazione (per partecipare basta registrarsi qui). In questo post vorremmo condividere le nostre prime riflessioni sugli elementi che abbiamo visto, sentito e discusso fin qui, per aprire la strada verso la creazione del Collaborative Territories Toolkit. 

6 Ottobre 2014

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Stina Heikkilä e Silvia Candida, OuiShare Italia

Il nostro viaggio è iniziato meno di un mese fa con il post di presentazione del progetto Sharitories, e ora manca meno di un mese a Smart City Exhibition. Il 23 ottobre sarà il momento di presentare i risultati preliminari delle nostre scoperte sugli “sharitories” / territori collaborativi e la prima versione in assoluto del Toolkit, sulla quale continueremo a lavorare insieme ai partecipanti  in una sessione di co-creazione (per partecipare basta registrarsi qui). In questo post vorremmo condividere le nostre prime riflessioni sugli elementi che abbiamo visto, sentito e discusso fin qui, per aprire la strada verso la creazione del Collaborative Territories Toolkit. 

Serve più consapevolezza e comprensione
Il fatto che non ci sia ad oggi una definizione condivisa di economia collaborativa non è una novità, e a volte vi è confusione su cosa sia sharing economy, cosa sia economia collaborativa e le altre specie appartenenti ad una “famiglia allargata” di modelli alternativi, quali l’economia funzionale, circolare, dei servizi, peer-to-peer, perfino digitale. Nel corso delle interviste che abbiamo svolto per Sharitories, la mancanza di consapevolezza è stata spesso evidenziata come uno degli ostacoli decisivi all’implementazione di “modi nuovi di fare business” in termini di policy-making e amministrazione locale. Nella percezione di molti, l’economia collaborativa si identifica con esempi come Airbnb e Blablacar, non con la logica complessiva che sta dietro alle nuove imprese o con una trasformazione della società in chiave olistica. È vero che questo può essere un ostacolo, ma esso non deve impedire alle amministrazioni locali di cercare di capire quali vantaggi e opportunità l’economia collaborativa può portare ad un territorio.

Per come la vediamo noi, adottare il Collaborative Territories Toolkit può essere un primo passo per comprendere i contorni dell’economia collaborativa a livello locale, identificare le attività che esistono già e immaginare modi e mezzi per un’ulteriore implementazione. Anne-Sophie Novel, ad esempio, suggerisce di organizzare un grande evento un territorio specifico per sensibilizzare sull’economia collaborativa e permettere così ai cittadini di rendersi conto di quanto questo settore sia vasto e diversificato. Allo stesso modo Marco Torregrossa osserva, nella sua intervista, che una semplice scheda informativa è uno strumento talmente semplice che “qualcuno dovrà pur farlo”. Anche April Rinne (nell’intervista di prossima pubblicazione) sottolinea l’importanza di strumenti di comunicazione semplici, a partire da una chiacchierata sull’economia collaborativa sorseggiando un caffè con un funzionario dell’amministrazione locale.

Se l’economia collaborativa  può essere descritta in 5 macroaree, il modo migliore di strutturare un opuscolo o una scheda informativa probabilmente cambierà a seconda del contesto locale. Ecco perché la co-creazione è un elemento essenziale del Collaborative Territories Toolkit: i potenziali elementi e ambiti di priorità devono rispecchiare la realtà locale esistente. Date un’occhiata, per esempio, a tutte le guide locali all’economia collaborativa da Seul, Amsterdam e Barcellona pubblicate da Collaborative Consumption: in tutte si trovano espressioni simili, eppure leggermente differenti, per descrivere lo specifico locale di ciascuna città o cultura. Nel  Toolokit a cui vogliamo lavorare con tutti voi, puntiamo a raccogliere gli strumenti per progettare soluzioni concrete intorno a tre assi: Comprendere – Progettare – Implementare. Il primo asse, in particolare, è orientato a comprendere, insieme alla comunità, come la realtà locale si rapporti al movimento collaborativo: questo porta tanto gli abitanti del territorio, quanto gli amministratori pubblici ad esserne maggiormente consapevoli.

L’economia collaborativa come "prospettiva di sviluppo"
Un altro spunto di riflessione che è emerso spesso nelle interviste è il fatto che l’economia collaborativa, più che un tipo di economia, è una mentalità e una trasformazione culturale. Questo sentire è stato molto presente nel summit OuiShare che si è tenuto a giugno di quest’anno e durante il quale la mission dell’organizzazione è stata ridefinita dalla promozione di un’economia collaborativa alla promozione di una società collaborativa. In quest’ottica, quello che i territori si troverebbero di fronte è in realtà una logica nuova in grado di sostenere potenzialmente la maggior parte delle attività, piuttosto che soggetti singoli da promuovere.

Ovviamente – come molte interviste sottolineano – non ci aspettiamo che un cambiamento simile accada da un giorno all’altro. Molti ritengono che da qui a dieci anni potremo vedere il movimento collaborativo come un paradigma maturo e un approccio comunemente accettato e praticato allo sviluppo locale. Come si è già detto, il Collaborative Territories Toolkit potrebbe essere un ottimo punto di partenza per un percorso di adattamento a questa trasformazione. Per questo l’idea che abbiamo in mente prevede vari livelli di impegno e include vari tipi di strumenti, da quelli rivolti a chi desidera saperne di più, a quelli per chi voglia fare il passo successivo verso una società collaborativa basata su nuovi modelli organizzativi.

Siamo anche consapevoli del fatto che le autorità locali hanno i loro piani e le loro priorità per quanto riguarda sviluppo sostenibile, pianificazione urbana, innovazione sociale e via dicendo. Per questa ragione, in linea con i consigli dei nostri intervistati, la nostra intenzione è costruire il Collaborative Territories Toolkit come un insieme adattabile di strumenti che possa servire ad obiettivi diversi e trasversali grazie all’agire collaborativo e contribuire, in questo modo, al raggiungimento di obiettivi già stabiliti.  Infine, sappiamo che un ruolo cruciale nello sviluppo locale lo giocano le risorse finanziarie, posto che le autorità locali devono operare con budget limitati. Il Collaborative Territories Toolkit punterà quindi ad adottare un approccio pragmatico, sviluppando strumenti di valutazione che consentano di misurare il ritorno sugli investimenti – in termini sociali, ambientali e finanziari – man mano che i servizi collaborativi vengono introdotti sul territorio. In alcuni casi le autorità locali potrebbero non avere affatto bisogno di investire o di fare da apripista delle iniziative, come suggerisce Tomas Diez parlando dei fablabs e della visione di Barcellona come Fab City. Dovranno piuttosto agire come soggetti abilitanti e da piattaforme, per mezzo delle quali i cittadini avranno la possibilità di sperimentare nuovi processi, strumenti e risultati.

Alcuni strumenti per cominciare
Se si guarda all’economia collaborativa come a una trasformazione culturale, quello che le autorità locali si attenderanno da essa saranno probabilmente “nuovi modi di fare business”, come si evince dalle opinioni di molti degli intervistati. Un modo possibile per fare questo è applicare le tecniche e i principi del design thinking, facendo emergere le idee da un brainstorming co-creativo con i portatori di interesse locali. C’è una quantità di metodologie diverse in giro, di cui abbiamo esaminato solo alcune. Ci rendiamo conto che il design thinking possa essere una novità assoluta per dei funzionari pubblici, ma anche che presto o tardi questi strumenti diventeranno indispensabili per lavorare sullo sviluppo locale, perché aprono la strada a tante idee e opportunità inesplorate. Qui di seguito elenchiamo alcune impressioni che ne abbiamo tratto, e che ci sembrano particolarmente utili da tenere a mente progettando il Collaborative Territories Toolkit:

  • Includere una verifica dello stato dell’arte sul territorio
    L’analisi può avere complessità variabile a seconda del livello di governance che si esamina. Il livello regionale ad esempio, come suggerisce il PSS Toolkit, può richiedere una combinazione tra analisi dall’alto (documenti e piani strategici) e dal basso (consultazione dei residenti e degli stakeholders locali), mentre per un distretto o un quartiere può bastare la seconda.
  • Prevedere una giornata per “formare i formatori”
    Nel Waag Development Toolkit si propone di usare il Toolkit insieme a persone che potrebbero farne uso per il proprio lavoro in diversi contesti o dipartimenti; l’idea è che usarlo concretamente sia il modo migliore per imparare ad applicarlo.
  • Rendere il toolkit adattabile a diversi livelli di impegno
    HDC Toolkit di Ideo propone diversi “scenari d’uso”, mettendo gli utilizzatori nella condizione di sapere fin dall’inizio quali sono le parti più importanti in relazione al momento e all’impegno disponibile.  Uno strumento prezioso per i “pionieri” che adotteranno per primi il Toolkit e che vorranno magari avere un primo assaggio di cosa possa significare una cultura collaborativa per il loro territorio.  
  • Individuare gli obiettivi con il metodo “effetto onda” 
    Nel Frog Collective Action Toolkit, con l’espressione “effetto onda” si intende immaginare l’impatto del risultato atteso di un’iniziativa come “onde” che si espandono intorno ad esso: dall’impatto individuale all’impatto globale. Questo può consentire di individuare i nessi tra le iniziative legate all’economia collaborativa e gli obiettivi di sviluppo già fissati.  
  • Accrescere la partecipazione attiva coinvolgendo le persone
    Lo Hackable Cities Toolkit evidenzia che ci sono vari metodi per permettere a tutti e a ciascuno di dire la propria: dagli incontri individuali al sondaggio, fino al “muro” o alla “casella” su cui postare idee e suggerimenti. L’obiettivo è un processo di co-progettazione in cui tutti i partecipanti siano fortemente motivati. Attraverso workshop e giochi di ruolo, sperimentando la full immersion in un contesto locale o testando le soluzioni, si rafforza il senso di portare avanti un lavoro comune.
  • Mappare promesse e potenzialità
    Questo strumento tratto da Development Impact & You Toolkit permette di definire il valore aggiunto attraverso una mappatura del rapporto tra ciò che facciamo e coloro per i quali lo facciamo. Nel processo di costruzione e di utilizzo del Collaborative Territories Toolkit saremo in grado di determinare quanto un nuovo progetto impatta sulla comunità e in che misura può raggiungerla.

 Prossimi passi
Come dicevamo all’inizio di questo post, il viaggio è tanto eccitante quanto impegnativo, e abbiamo ancora un mucchio di cose da imparare prima di metter mano alla prima versione provvisoria del Collaborative Territories Toolkit. Abbiamo predisposto un breve questionario in cinque  domande, con cui vorremmo esplorare alcune delle questioni chiave individuate fin qui.

Restate sintonizzati per prossimi aggiornamenti!

Vi aspettiamo il 23 ottobre a Bologna – Smart City Exhibition con la prima tappa del Collaborative Territories Toolkit! La partecipazione è gratuita, basta iscriversi qui: "Collaborative Territories Toolkit: progettare lo sviluppo di Economia Collaborativa nei territori"

 

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