L’elevato grado di concentrazione della popolazione, il significativo assorbimento di risorse energetiche e il considerevole peso nella produzione della ricchezza hanno fatto delle aree urbane un importante baricentro delle politiche di sviluppo, sostenibilità e coesione degli ultimi anni.Per questo motivo il ruolo delle città è da tempo entrato a fare parte di un percorso di riflessione e di azione coordinata fra le diverse politiche che impattano sui contesti urbani. Tale percorso mostra le sue principali opportunità non solo nei principi fondamentali alla base dell’Agenda Urbana europea, ma anche in quegli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 che, con la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite (Habitat III) e la dichiarazione di Quito, hanno posto le basi per una nuova Agenda Urbana mondiale.Pertanto, se il 2030 rappresenta un ambizioso traguardo mondiale per le politiche urbane, con una prospettiva universale partecipativa, fondata sulle persone e orientata alla protezione del pianeta nel lungo termine, il Patto di Amsterdam e l’Agenda Urbana europea rappresentano un insieme di sfide finalizzate ad elaborare soluzioni comuni per il miglioramento della qualità della vita nelle aree a maggiore densità abitativa ed intensità economica e di consumo energetico. Tali sfide, direttamente inserite nei 12 partenariati tematici previsti dall’Agenda Urbana europea, prendono corpo già all’interno della politica di coesione comunitaria per il periodo 2014-2020 e pongono una particolare attenzione verso temi e azioni di sostenibilità, innovazione e inclusione sociale.La centralità della dimensione urbana nella politica regionale europea 2014-2020 è piuttosto evidente in alcuni contenuti regolamentari fra cui il vincolo di destinazione di almeno il 5 per cento delle risorse FESR assegnate a ciascuno Stato membro in azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile e la spinta all’elaborazione di Agende Urbane nazionali finalizzate a consentire alle amministrazioni cittadine un diretto coinvolgimento nell’elaborazione delle strategie di sviluppo.Il Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane (PON Metro) raccoglie in modo organico le sfide disegnate in questo scenario. Per questo, a fronte della necessità di far meglio comprendere l’importanza e la peculiarità del PON Metro, fin dalla sua adozione da parte della Commissione europea (14 luglio 2015) si è sempre ribadita l’unicità di tale Programma all’interno del panorama europeo.Di fatto nessuno Stato membro, ad eccezione dell’Italia, si è dotato di uno strumento unitario ed armonico volto a raccogliere la spinta della strategia per la crescita e l’occupazione di Europa 2020 e completamente dedicato allo sviluppo urbano.A ciò si aggiunga che, oltre alla funzione di Autorità di Gestione attribuita all’Agenzia per la Coesione Territoriale, il Programma vede un impegno di primo piano proprio delle amministrazioni territoriali, con l’individuazione di 14 Autorità cittadine con funzioni delegate di organismi intermedi e con un ruolo estremamente proattivo non tanto o non solo nella scelta e attuazione degli interventi, quanto nel disegno delle strategie urbane di quei contesti metropolitani e di quelle aree di cintura che sempre più necessitano di affiancare alle pratiche ordinarie di pianificazione un rafforzamento della propria capacità strategica e di visione intelligente, sostenibile e inclusiva del territorio.La sfida introdotta con il PON Metro, dunque, è sicuramente fra le più complesse messe in campo negli ultimi anni nel contesto della politica regionale europea. Ciò soprattutto alla luce dei risultati non sempre positivi fatti registrare nel periodo di programmazione 2007-2013 da molti “assi urbani” contenuti all’interno dei Programmi Operativi del nostro Paese.A fronte di tale complessità, però, è utile sottolineare che le evidenze di questi primi anni di lavoro sembrano rimarcare una sostanziale accettazione della sfida da parte di tutti gli attori e i territori coinvolti.Al netto, dunque, del barometro che nel corso del tempo consentirà di registrare risultati più o meno positivi sulla realizzazione degli interventi o sull’andamento della quantità e qualità della spesa, è interessante osservare come ad oggi l’azione del PON Metro abbia attivato una serie di enzimi positivi nel sistema di accompagnamento delle città verso uno sviluppo equilibrato e sostenibile, ma anche nella dimensione di crescita e migliore attenzione verso quei temi (ambiente, energia, inclusione sociale, innovazione etc) e quella metodologia di approccio strategico alla base di una vera Agenda Urbana nazionale, oltre che di un reale percorso verso obiettivi di sviluppo sostenibile globali.In questo quadro il ruolo guida assunto dall’Agenzia per la Coesione Territoriale ha reso possibile un rafforzamento e una maggiore complementarietà delle relazioni fra territori fragili e marginali (Aree interne), centri di attrazione e concentrazione delle economie e dei consumi (aree urbane) e driver di sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo.La visione delle nuove polarità urbane quali contesti di rigenerazione e innovazione di area vasta vede nella sperimentazione del PON Città Metropolitane la principale leva per il rafforzamento della competitività programmatica e istituzionale dei territori, oltre che di un loro diretto protagonismo nel disegno delle politiche pubbliche e di valorizzazione del capitale sociale e territoriale.Per questo motivo è assolutamente necessaria una lettura non miope dell’azione del Programma Città Metropolitane 2014-2020 in grado di non ricondurlo ad un insieme necessario di interventi attuativi (più o meno integrati), ma di attribuirgli una funzione di rafforzamento dei territori nella loro dimensione di trasformazione sostenibile. Per tale motivo è verosimile affermare che, soltanto registrando risultati positivi in questa direzione, il PON Metro potrà caratterizzarsi come una reale azione “strutturale e di investimento” della politica di coesione europea.Questo articolo è parte del dossier “Programmazione Europea 2014-2020, a che punto siamo”