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Dove faremo la spesa domani? Il “negozio di prossimità” diventa digitale

Negozi di prossimità: un approccio tradizionale ma innovativo
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Crescono vertiginosamente le vendite di prodotti online: nel 2021 saranno il 17,5% del totale. In questo contesto, che fine fanno i negozi delle nostre città?

26 Giugno 2019

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Daniele Rizzo

Content Manager FPA

Negozi di prossimità: un approccio tradizionale ma innovativo

Prendetevi un attimo per riflettere prima di rispondere. L’ultimo acquisto che avete fatto è stato in un temporary store, in un centro commerciale o nei classici negozi di prossimità? Circa 26 di voi lettori (su 100), risponderanno che non è vera nessuna nelle precedenti tre risposte, dal momento che il loro acquisto più recente è stato fatto online.

Il numero di consumatori online continua infatti ad aumentare, facendo registrare un trend positivo quasi unico nel suo genere. Si pensi che nel 2014 il valore (mondiale) delle vendite online era di poco più di 1 miliardo di dollari, mentre nel 2019 saranno circa 3,5. La stima per il 2021 dice inoltre che la spesa sfiorerà i 5 miliardi di dollari, una cifra che rappresenterà il 17,5% di tutto il valore del mercato della vendita al dettaglio[1].

È questo il panorama con cui i negozi di vicinato (o di prossimità) stanno cercando di fare i conti, nel vero senso della parola: negozi, botteghe, laboratori con cui siamo cresciuti e che invece oggi rischiano di sparire sotto i colpi sferzanti dell’ecommerce. Eppure ci sono realtà che si stanno attrezzando per rispondere in modo resiliente a queste dinamiche, organizzandosi secondo logiche associative e facendo della tecnologia un alleato anziché un nemico.

Di queste esperienze abbiamo parlato negli Studios FPA con Marco Marchesi (Marketing Digital Product e Solutions di Olivetti), durante FORUM PA 2019.

Digitale per creare valore per i negozi

I negozi di vicinato, sopravvissuti in questi anni prima all’avvento della grande distribuzione e poi alla crisi dei mercati, conservano due elementi che il mercato online ha provato a replicare, ma senza lo stesso successo. Il primo elemento è la funzione sociale, di aggregazione e community, che nasce spontaneamente intorno a qualsivoglia negozio di una città: si è provato a costruire una parvenza di community online, con il risultato però che è diventato difficile scindere gli influencer pagati dai veri fruitori di prodotti e servizi. Il secondo elemento, strettamente legato al primo, è la fiducia riposta dal cliente nella competenza del commerciante: anche in questo caso si è cercato di introdurre sistemi di valutazione, recensioni e rating degli store online e, anche in questo caso, con risultati spesso ambigui.

Nei negozi di prossimità sappiamo invece che troveremo prodotti scelti e selezionati con cura dal commerciante, che saprà guidarci verso l’acquisto spiegandoci perché ha scelto di vendere un prodotto anziché un altro. Ciò non significa che questi negozi non debbano aprirsi alla tecnologia, anzi.

“Molto spesso sul territorio incontro esercenti che iniziano a usare la tecnologia per comunicare con i propri clienti o con quelli potenziali” spiega Marchesi, sottolineando però che l’utilizzo della tecnologia non riguarda solamente ciò che afferisce al mondo della comunicazione – quindi social network o multicanalità – ma anche l’incontro tra il mondo storicamente fisico e le sue prospettive digitali. Parliamo per esempio delle vetrine, da sempre destinate all’esposizione dei prodotti ma che oggi, grazie a schermi digitali e un palinsesto video quasi televisivo, possono raccontare “la cura e l’amore” riposte nella creazione dei prodotti in vendita.

Negozi che creano valore per la città

Se il digitale aiuta il negozio, a sua volta il negozio crea valore per la città. Il negoziante che la mattina apre il negozio, spiega Marchesi, solitamente “pulisce il marciapiede, accende le luci quando è sera” e così facendo contribuisce a rendere la città “più pulita, bella, vivibile” e anche sicura. Ecco quindi che si ripresenta quella funzione sociale di cui parlavamo prima, così difficilmente rimpiazzabile dal ecommerce.

In questo contesto il ruolo delle pubbliche amministrazioni è presto detto: “l’amministratore locale”, secondo Marchesi, ha la funzione di “ascolto e proposizione a livello legislativo”, nonché di intervento pratico su aspetti come “viabilità, pulizia, sicurezza” della città o di intervento su norme e questioni fiscali. Oggi ci sono tante incombenze per l’esercente, “incombenze che la PA può pensare di alleggerire”.

I territori più attivi

Sono già tanti i territori che, grazie anche ad associazioni strutturate di esercenti, si sono attivati per mettere in piedi iniziative volte anche alla consulenza e alla formazione degli imprenditori locali. Per esempio a Bologna il progetto Negozio 4.0 prevede l’allestimento di uno spazio commerciale inutilizzato, all’interno del quale si alterneranno aziende diverse che sperimenteranno tecnologie e servizi digitali dedicati al retail.

O ancora a Mestre il progetto “Miglio Digitale”, finalizzato alla realizzazione di interventi di innovazione digitale in più fasi, che vanno dalla promozione del distretto urbano alla realizzazione di un negozio 4.0, e ancora dalla consulenza alle aziende aderenti alla realizzazione di una rete beacon/wifi in grado di analizzare le informazioni su chi frequenta il centro città.

Ascolta il podcast dell’intervista

Resilienza, resilienza, resilienza

A fare da comune denominatore a queste esperienze c’è una sola parola: resilienza. In ognuno dei casi citati – o nei tanti altri che non abbiamo riportato – c’è la comune volontà di resistere e aiutare la città nel processo di creazione di valore. Lo sa bene anche il Comune di Milano, che lo scorso maggio ha presentato la ricerca sui Nuovi negozi di quartiere con cui ha cercato di mappare quei negozi di prossimità attivi sul proprio territorio che hanno messo l’innovazione (digitale o sociale) all’interno dell’esperienza di acquisto del cliente. Una bella iniziativa che sottolinea e premia questa nuova strada intrapresa dei processi di retail, strada da continuare a seguire se si vuole continuare a generare valore economico e culturale con inevitabili ripercussioni positive su tutto il territorio.


[1] Dati Statista 2018

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