Evoluzioni 3D in città: tra “smart paradigm” e “smart building”

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Cosa c’entrano le stampanti 3D con la smart city? Da questa tecnologia, già in uso da anni in alcuni segmenti dell’industria, stanno nascendo possibilità d’utilizzo che fino a qualche tempo fa erano impensabili e che potrebbero aiutare le città ad affrontare molti dei problemi che nascono dai fenomeni di urbanizzazione. Partendo dall’idea di utilizzare la stampa 3D per realizzare singoli componenti utilizzate nel settore edilizio-architettonico, si è passati ad immaginare sistemi per poter stampare in loco direttamente l’intero edificio o gran parte di esso. Fantascienza? Sembra di no, come ci raccontano in questo articolo Mirko Palmieri, sociologo (Smart Strategic Planning) e Paola Bagatella, architetto (Green Urban Planning).

3 Febbraio 2016

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Mirko Palmieri* e Paola Bagatella*

Le città sono sempre più portate ad assorbire i mutamenti e le innovazioni che nascono all’interno della società. Così anche le nuove tecnologie che si sviluppano e vengono adottate inizialmente nel mondo del lavoro o per azioni quotidiane possono offrire lo spunto per una semplificazione dei tempi e dei costi sempre maggiore, permettendo di alzare l’asticella per quanto riguarda i risultati ottenibili con metodi sempre più smart ed efficienti per realizzare opere o concepire e fornire possibilità di cambiamento.

Un esempio molto importante in questo senso è legato all’evoluzione delle stampanti 3D, tecnologia che può essere considerata innovativa non solo per il metodo, in quanto le stampanti 3D sono già in uso da anni in alcuni segmenti dell’industria, specialmente artigianale (orafa ad esempio), ma per le possibilità d’utilizzo della stessa che fino a qualche tempo fa erano impensabili. Le potenzialità di questa innovazione tecnologica rappresentano lo spirito di quel paradigma smart che si rifà al sincretismo fra più dimensioni della vita urbana e sociale, e che ha permesso di vedere da più punti di vista le potenzialità di ciò che, per questo, si può definire nuovo o innovativo ancora oggi.

Creare sincretismo autopoietico fra realtà appartenenti a mondi differenti (dall’arte orafa- smart economy – a quella delle costruzioni – smart building – ad esempio) va infatti ad incontrare le esigenze dell’ecosistema urbano di tutte le città (grandi-medie, piccoli comuni), che si devono ad oggi cimentare con le molteplici forme d’impatto legate all’urbanizzazione che esse hanno nel loro contesto territoriale, per avere una ricaduta globale: passare quindi da un’idea di consumo del suolo ad una di usi del suolo e da soluzioni di impatto legate a materiali e sistemi costruttivi poco sostenibili a soluzioni invece intelligenti per costruire o riutilizzare spazio.

Ecco qualche numero per comprendere come questi temi siano urgenti: già il report delle Nazioni Unite “State of the world’s city 2011” metteva in evidenza come la metà della popolazione mondiale vivesse in agglomerati urbani, sia megalopoli che città di provincia, e, cosa ancor più rilevante, che, pur rappresentando solo il 2% dello spazio fisico del Pianeta, in questi luoghi venissero usate il 75% delle risorse naturali ed il loro utilizzo avesse effetti in tutto il pianeta. Solo in Europa il 70% della popolazione vive in spazi urbani e, secondo le stime delle Nazioni Unite, entro il 2050 quasi tre quarti dell’umanità vivrà in sistemi urbani e la popolazione urbana mondiale è destinata a raddoppiare (come indicato dalla World Health Organization nel 2013), nel 2030 sei persone su dieci vivranno in una città ed entro il 2050 questa cifra passerà a sette su dieci. In termini reali, il numero delle persone residenti nelle aree urbane sta crescendo di quasi 60 milioni ogni anno.

Questo fenomeno, chiamato urbanizzazione, richiede nuovi metodi e strumenti capaci di gestire la maggiore complessità della vita urbana, i problemi di sovraffollamento, l’aumento del consumo energetico, la gestione delle risorse in armonia con l’ambiente, come incentivo per incidere sui cambiamenti climatici in atto, che a loro volta incidono sul benessere delle persone e dell’economia, l’agricoltura, i consumi, ecc. – come dimostrato anche durante la passata conferenza sul clima di Parigi.

Si deve parlare di sincretismo quindi fra le dimensioni che danno forma alle smart cities e le prospettive del come costruire per poter incrementare e dare forma concreta ad una evoluzione culturale che esca dal mondo dei consumi e della moda (si pensi al bio, mercati di zona, processi produttivi sostenibili ecc).

Alcuni dei più recenti esempi nel settore edilizio-architettonico stanno completamente stravolgendo il modo di concepire i processi costruttivi. Partendo dall’idea di utilizzare la stampa 3D per realizzare i singoli componenti necessari si è passati ad immaginare, prima, e sperimentare, dopo, sistemi per poter stampare in loco direttamente l’intero edificio o gran parte di esso.

L’esempio olandese della Canal House di Amsterdam ha visto in azione dal 2014 un’enorme stampante 3D assemblata direttamente nel cantiere. L’idea è di uno studio di architettura olandese, DUS: “la stampa 3D è il futuro, è senza dubbio la rivoluzione sociale più importante che avverrà nei prossimi anni. Presto potremo stamparci oggetti di ogni tipo, a casa, senza fatica e con enorme risparmio energetico ed economico”.

Nel frattempo, negli Stati Uniti, il professor Behrokh Khoshnevis, emigrato dall’Iran nel 1974 e possessore di vari brevetti nei settori dell’ottica e della robotica, ha messo a punto la tecnica del Contour Crafting che, applicata all’omonima stampante 3D, è in grado di realizzare abitazioni in modo automatizzato. Questo lavoro di ricerca, in collaborazione con la University of Southern California, è volto a testare una gigantesca macchina che, come precisa Khoshnevis, “potrà essere utilizzata per realizzare una casa intera in meno di 24 ore, utilizzando un processo di stampa rapida 3D per fabbricare elementi di grandi dimensioni. In questo modo si potranno ridurre drasticamente i consumi energetici, le emissioni” ed essere efficaci in caso di catastrofi naturali nel breve periodo.

Gli utilizzi di questa tecnologia innovativa, oltre che nel settore privato (e a prezzi ormai accessibili), si estenderebbero a tutti quei casi ove fossero necessarie abitazioni d’emergenza in aree colpite da catastrofi naturali; infatti le soluzioni abitative costruite con questa tecnologia sono particolarmente resistenti, addirittura il triplo rispetto a quelle realizzate con i metodi tradizionali.

Oltre ai vantaggi di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni, della rapidità di realizzazione, dei costi contenuti e della facile adattabilità a situazioni differenti, la ricerca si sta muovendo anche nell’elaborazione di nuove soluzioni relative a materiali costruttivi più ecologici e sostenibili, in sostituzione al cemento.

Anche in Italia questa tecnologia è finita di recente più volte sotto i riflettori.

Lo scorso dicembre a Smau Napoli si è fatta notare la stampante 3D per costruire case: mattoni e travi diventano dei giganteschi Lego hi-tech e si preparano a cambiare volto all’edilizia. STRESS – Distretto ad Alta Tecnologia della Regione Campania – e WASP, azienda 100% italiana, hanno presentato una nuova iniziativa, messa in campo in collaborazione con le università di Napoli e Pavia, relativa all’impiego del macchinario Big Delta (dall’altezza di circa quattro metri) per la stampa di travi in calcestruzzo. Queste, combinate con elementi in acciaio, possono dar vita ad elementi di cemento armato da utilizzare poi nella costruzione degli edifici. Uno dei vantaggi legati a questo approccio nell’edificazione di una casa consiste nella riduzione del 50% per le emissioni di CO2 sprigionate dal procedimento produttivo, grazie alla realizzazione di strutture vuote al loro interno, che pur assicurando un’adeguata resistenza alle sollecitazioni consentono un risparmio in termini di peso e di materiale utilizzato.

La ricerca è portata avanti nel centro di servizi CeSMA (Centro Servizi Metodologici Avanzati) dell’università campana e coinvolge il Consorzio Stress (distretto ad alta tecnologia della Regione Campania sulle costruzioni sostenibili), oltre all’Università di Pavia.

“La stampa 3D come soluzione tecnologica – ha sottolineato il designer Marco Ferreri durante la tappa pugliese del Road Show 3DPrint Hub presso i saloni della Fiera del Levante – nell’immediato può essere utilizzata principalmente per costruire parti di edificio, integrando le soluzioni costruttive attuali e dando margini di libertà progettuale altrimenti difficili se non con costose attrezzature”.

Anche il Faberlab di Tradate (VA), che continua a guardare al futuro della manifattura digitale saldando sempre più il legame tra i piccoli imprenditori e le opportunità offerte dalle tecnologie di ultima generazione, recentemente ha ospitato due interessanti workshop sul tema: “Stampa 3D, la migliore soluzione per il mondo dell’architettura” e “Il 3D printing in edilizia. Innovazione tecnologica per costruire su misura”.

Ovviamente l’avanzamento così rapido di sistemi tecnologici in questo settore genera anche un certo scetticismo, soprattutto riguardo alle visioni più “estreme” che prevedono interi edifici realizzati con stampanti di grandi dimensioni e che sembrano così risolvere in una stampa l’estrema complessità degli edifici. Sono già di gran lunga più condivise, invece, le potenzialità per quanto riguarda il miglioramento dei processi produttivi di elementi complessi da mettere in opera, anche se la ricerca e l’evoluzione della tecnologia continuano a dare prospettive e risultati sempre più impensati.

Soprattutto, riflettendo su una realtà italiana che esige sempre più di costruire sul costruito, come strategia inevitabile di densificazione delle città e di miglioramento qualitativo dell’esistente, il tema della fabbricazione digitale è molto interessante proprio perché offre alcuni strumenti con cui implementare il know-how locale ed italiano ed esportarlo nel mondo oltre che supportare il processo di smartizzazione delle Città (valorizzando nei bandi per appalti pubblici le imprese che si avvalgono di tali innovazioni) e dei suoi users (attraverso incentivi di defiscalizzazione per gli interventi di ristrutturazione e/o nuova costruzione con tali metodi). Smart governance, culture e building, di riflesso, vanno così a diminuire i rischi di impresa (smart economy), che, stando alle ultime ricerche “Allianz Global Corporate &Specialty (AGCS)”, vede ai primi tre posti problematiche quali cambiamenti di mercati (volatilità, aumento della competizione, stagnazione del mercato) al 39%, catastrofi naturali al 34%, interruzioni di attività al 32%: questi i rischi più sentiti registrati dall’Allianz Risk Barometer 2016, che si rifa ad un panel di oltre 800.000 risk manager ed esperti nel campo assicurativo di più di 40 Paesi.



*Mirko Palmieri, Sociologo – Smart Strategic Planning

*Paola Bagatella, Architetto – Green Urban Plannig

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